Crisi in Medio Oriente: opinioni sulla tragedia di Gaza

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lordtiranus
00martedì 6 gennaio 2009 13:06
Apro questo topic per sfogare un po' della rabbia e della frustrazione che da giorni mi insanguina gli occhi davanti a certe immagini. Come spero sappiate tutti da circa una dozzina di giorni l'esercito regolare israeliano bombarda pesantemenre la striscia di Gaza, in Palestina, e da alcuni giorni agisce anche con mezzi via terra. Il risultato di questi giorni di guerra parlano di un vero e proprio massacro, soprattutto tra l'inerme popolazione civile palestinese, che paga l'unica colpa di vivere (o sopravvivere) in una delle zone più piagate del pianeta. Mentre in tutto il mondo, non solo quello arabo, ci si interroga sull'utilità di una così massiccia operazione militare in italia, a edicole e sarabande tv unificate, si gongola chiamando i morti a grappolo "diritto di israele a difendersi".
Ora io mi chiedo: può uno stato difendersi da cellule terroristiche, uccidendo decine e decine di civili indifesi? Può uno stato invadere, bombardare, utilizzare armi vietate come le bombe a grappolo al fosforo bianco (armi che in base alla Convenzione di Ginevra e ai relativi protocolli internazionali del 1980 non possono essere utilizzate contro la popolazione civile e in aree densamente popolate) senza che né l'Ue nè tanto meno l'ONU dica nulla? Vi lascio queste prime considerazioni
Lollo_amt
00martedì 6 gennaio 2009 13:45
é una vergogna sia la guerra in sè, che l'ONU che non interviene.
[SM=g27996] Ci sono stati già troppi morti in questi giorni, speriamo finisca presto...
xoth
00mercoledì 7 gennaio 2009 23:36
Ci sono state alcune notizie che hanno preceduto l'attacco di Israele, quasi completamente ignorate dai ns media mainstream (di solito per il 3' mondo mi informo su misna.org, che si appoggia sulla rete dei missionari cristiani, per cui ha spesso informazioni di prima mano), che potrebbero essere utili a farsi un'informazione piu' completa sulla questione. Sulla "tregua" tra lanci di razzi da una parte, incursioni con decine di morti e embargo dall'altra, era una tregua solo sulla carta.

Vsito che ho postato gia' le notizie raccolte altrove, faccio un rapido copia e incolla. Partiamo da inizio dicembre e andiamo avanti:

www.haaretz.com/hasen/spages/1040955.html


Top UN official: Israel's policies are like apartheid By Shlomo Shamir
NEW YORK - United Nations General Assembly President Miguel D'Escoto Brockmann yesterday likened Israel's policies toward the Palestinians to South Africa's treatment of blacks under apartheid.

Israel's actions in the West Bank and Gaza Strip were like "the apartheid of an earlier era," said D'Escoto, of Nicaragua, speaking at the annual debate marking the International Day of Solidarity with the Palestinian People.


He added: "We must not be afraid to call something what it is."

Israeli ambassador to the UN Gabriela Shalev in September called D'Escoto an "Israel hater" for having hugged Iranian President Mahmoud Ahmadinejad, a vocal enemy of Israel.

Meanwhile, other diplomatic attacks against Israel were expected today on the second day of the annual debate.



da misna.org


ONU
10/12/2008 12.32

DIRITTI UMANI: CONSIGLIO ONU ACCUSA ISRAELE DI "TORTURE"

Israele deve sospendere “le pratiche di tortura fisica e mentale” imposte ai detenuti palestinesi: è una delle richieste contenute nel rapporto divulgato dal Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu al termine dell’esame sullo stato dei diritti umani ‘Universal Periodic Review’ a cui ogni stato membro della comunità internazionale è tenuto a sottoporsi periodicamente. Il documento, approvato per consenso, chiede inoltre a Israele di porre fine a “tutte le forme di maltrattamento e di punizioni crudeli, inumane e degradanti” e di ratificare il Protocollo addizionale della Convenzione internazionale contro la tortura, “recependone il più presto possibile gli elementi nella propria legislazione”. Israele deve inoltre “applicare le convenzioni sui diritti dei minori anche nei Territori palestinesi” dove spesso, giovani al di sotto dei 18 anni sono definiti combattenti e uccisi negli scontri contro l’esercito senza che nessuna indagine venga aperta sull’accaduto. Nel giorno del sessantesimo anniversario della Dichiarazione dei Diritti umani, l’organismo ha criticato inoltre le restrizioni israeliane imposte ai palestinesi e in particolare il blocco totale sulla striscia di Gaza e invitato a “riconoscere il diritto all’autodeterminazione dei Palestinesi”. Israele, si legge alla fine del rapporto “deve prendere misure urgenti per terminare l’insediamento nei territori palestinesi occupati dopo il 1967”. Ieri il relatore speciale dell’Onu per i diritti umani nei Territori palestinesi, Richard Falk, aveva accusato Israele di crimini contro l’umanità per l’assedio a Gaza. “La Corte penale internazionale (Cpi) dovrebbe indagare Israele e i suoi vertici politici per la crisi umanitaria in corso nella Striscia di Gaza” ha detto Falk puntando il dito contro i governi “complici di supportare economicamente e politicamente l’atteggiamento punitivo di Israele”. Il relatore ha poi accusato Israele di essere responsabile del progressivo deteriorarsi della tregua in atto da mesi con il movimento di Hamas “per non aver migliorato le condizioni di vita degli abitanti della Striscia, come convenuto negli accordi per il cessate-il-fuoco in corso da luglio”.[AdL]



www.osservatorioiraq.it/modules.php?name=News&file=article&...



Tzipi Livni: Via i palestinesi dallo Stato di Israele

di Carlo M. Miele
Osservatorio Iraq, 12 dicembre 2008

Quando sarà creato uno Stato palestinese, gli arabo-israeliani che vivono attualmente nello Stato ebraico dovranno lasciarlo per trasferirsi nella nuova entità. A sostenerlo è l’attuale ministro degli Esteri israeliano e leader del partito Kadima Tzipi Livni.

“La mia soluzione per mantenere uno Stato di Israele ebraico e democratico è avere due stati-nazione con alcune concessioni e una chiara linea rossa – ha affermato ieri la Livni in un liceo - Quando lo Stato palestinese verrà creato, sarò in grado di andare dai cittadini palestinesi, che chiamiamo arabo-israeliani, e dir loro: siete residenti con uguali diritti, ma la vostra soluzione nazionale è in un altro luogo”.

Le dichiarazioni dell’aspirante primo ministro israeliano (le elezioni legislative si terranno il prossimo 10 febbraio) hanno aperto aspre polemiche in Israele e nei Territori palestinesi occupati.

Il deputato arabo israeliano Ahmed Tibi, ha chiesto all’aspirante primo ministro dello Stato ebraico di “dire le cose chiaramente”. “Propone di lasciare qui in Israele un milione di cittadini senza diritti politici e senza identità nazionale - si è chiesto Tibi - oppure ha intenzione di trasferire da Israele un milione di cittadini arabi in un Stato palestinese, una volta creato questo Stato palestinese?”

Dal canto suo il presidente palestinise Abu Mazen (Mahmud Abbas) ha commentato le parole del ministro dicendo che esse costituiscono “un ostacolo al processo di pace e dimostrano che Israele non ha una seria” volontà di risolvere il conflitto.

Un concetto ribadito dal portavoce presidenziale Nabil Abu-Rudaina, che oggi ha invitato la Livni a tenere sempre presente il diritto internazionale e a non strumentalizzare la questione per esigenze elettorali.

La comunità arabo-israeliana, formata dai discendenti dei 160mila palestinesi rimasti sulle loro terre dopo la creazione dello Stato ebraico nel 1948, è costituita da più di 1,4 milioni di persone su una popolazione complessiva di 7 milioni. Sulla carta, la minoranza araba gode degli stessi diritti della maggioranza ebrea, ma le denunce di discriminazioni sono all’ordine del giorno.



da misna.org


ISRAELE
15/12/2008 22.48


DIPLOMATICO ONU ESPULSO PER AVER DENUNCIATO ‘CRIMINI CONTRO L’UMANITÀ’


Israele ha espulso oggi, costringendolo a ripartire immediatamente per l’Europa, Richard Falk, “Special rapporteur” del Consiglio dei diritti umani dell’Onu per i territori palestinesi. Cittadino americano, Falk, docente di diritto internazionale all’Università di Princeton, non potrà rientrare in futuro; secondo l’edizione on-line del quotidiano israeliano “ Ha’aretz”, il diplomatico è stato fermato al suo arrivo all’aeroporto internazionale di Tel Aviv e costretto a re-imbarcarsi sul primo volo disponibile per Zurigo. In un rapporto diffuso la scorsa settimana, il diplomatico - aveva accusato Israele, di “crimini contro l’umanità” ai danni dei civili palestinesi chiedendo alle Nazioni Unite uno “sforzo urgente” per impedire ulteriori violazioni del diritto internazionale contro la popolazione dei Territori palestinesi occupati. Falk avrebbe dovuto raggiungere Ramallah per incontri relativi all’attività che svolge per conto dell’Onu. Jessica Montell, dirigente di “ Btselem”, un gruppo israeliano impegnato nella difesa dei diritti umani dei palestinesi, ha sottolineato che l’espulsione di Falk costituisce “un atto che non si addice alla democrazia”.
[AdL]



Sempre da Misna


STRISCIA DI GAZA
18/12/2008 14.28 L’ASSEDIO CONTINUA, “DRAMMATICA ROUTINE...TRA UN PO’ ANCHE SENZA ALBERI”

Attacchi con aerei, elicotteri e mezzi blindati nella Striscia di Gaza; incursioni terrestri e 15 arresti in Cisgiordania nei pressi di Nablous. Quando mancano poche ore alla scadenza del cessate-il-fuoco concordato tra Hamas - che controlla Gaza dopo aver vinto le ultime elezioni - e Israele, l’esercito e l’aviazione di Tel Aviv hanno attaccato la Striscia causando un morto e due feriti, ufficialmente per rispondere al lancio di razzi contro il territorio israeliano; a loro volta i palestinesi avevano lanciato i razzi in rappresaglia all’uccisione di un esponente della Jihad islamica in Cisgiordania da parte di un commando israeliano. “Qui a Gaza tutto questo è drammatica routine, circolo letale senza fine - dice alla MISNA Tamir al-Bahari, operatore dell’organizzazione non governativa ‘Educaid’ - ma speriamo tutti che il cessate-il-fuoco venga prolungato e speriamo anche che siano riaperti i confini bloccati dagli israeliani”. A Gaza manca tutto, aggiunge la fonte della MISNA che parla di una situazione arrivata da tempo al limite in cui si riesce a respirare solo grazie agli aiuti dell’Onu e delle associazioni umanitarie. “Ciò che riesce a entrare attraverso i tunnel che ci separano dall’Egitto - aggiunge al-Bahari - non basta a soddisfare le esigenze minime soprattutto dei bambini; mancano carne, latte, mancano i prodotti per i neonati, le medicine, la notte accendiamo le candele, non abbiamo più di 8/10 ore di corrente elettrica al giorno”. A Gaza comincia a mancare anche il gas e quando si trova i prezzi sono sempre più proibitivi: “Adesso – prosegue al-Bahari – nelle famiglie si usa con maggior frequenza che in passato il carbone ricavato dagli alberi; se continua così, nel giro di tre settimane in tutta la Striscia non resterà nemmeno un albero da abbattere”. Intanto, mentre l’organismo dell’Onu per l’assistenza ai rifugiati palestinesi (Unrwa) ha fatto sapere oggi di essere impossibilitato a portare aiuti alla popolazione palestinese di Gaza per le ulteriori restrizioni imposte da Tel Aviv, si attendono sviluppi politici in merito al rinnovo del cessate-il-fuoco tra Hamas e Israele. Su questo punto era intervenuto ieri il portavoce delle brigate Ezzedine al-Qassam (braccio armato del movimento) dicendo che la decisione sarà presa nei prossimi giorni e ritenendo irrealistiche le minacce di un intervento armato israeliano. Ismail Haniyeh, capo del governo di Gaza, ha precisato che sulla tregua ci sono discussioni aperte anche all’Egitto e ad altri gruppi palestinesi. Sulla necessità di ravvivare e portare a conclusione il processo di pace tra palestinesi e israeliani è tornato il capo dello stato italiano Giorgio Napolitano che ha invitato la comunità internazionale “a non risparmiare i suoi sforzi a sostegno della pace” in un momento in cui “i negoziati stanno attraversando una fase estremamente delicata”.

[GB]

da: www.repubblica.it/2008/11/sezioni/esteri/medio-oriente-43/fine-tregua/fine-tre...


L'organizzazione palestinese sancisce la fine dell'accordo voluto dall'Egitto
"Il nemico non ha rispettato i suoi obblighi, risponderemo alle aggressioni"

Gaza, l'annuncio di Hamas
"Domani stop a tregua con Israele"

Il ministro israeliano della Difesa resta ottimista: "C'è ancora spazio per un'intesa"


GAZA - "La tregua finisce domani": lo ha detto all'agenzia Ansa Fawzi Barhum, un portavoce di Hamas a Gaza. "La nostra posizione è contraria alla sua estensione, sarà nostro diritto - ha aggiunto - rispondere ad ogni aggressione israeliana contro il nostro popolo". "L'occupazione (ossia Israele, ndr)
sarà pienamente responsabile delle conseguenze. Le nostre azioni - ha detto ancora il portavoce di Hamas - dipenderanno dalla situazione sul terreno".

Barhum ha anche precisato che c'è un clima di mobilitazione fra le varie milizie palestinesi di Gaza "che sono pronte ad assumersi le proprie responsabilità per proteggere il popolo palestinese e misurarsi con ogni aggressione israeliana". Barhum ha detto anche che allo stato attuale non ci sono contatti diplomatici fra Hamas e i dirigenti egiziani per un prolungamento della tregua.

Un altro dirigente del partito islamico, Ayman Taha, ha chiarito che "la tregua di sei mesi, sponsorizzata dall'Egitto, è finita perché il nemico non ha rispettato i suoi obblighi". Già la scorsa domenica il leader di Hamas in esilio, Khaled Meshaal, aveva annunciato che il gruppo non avrebbe concesso alcuna proroga, e da ieri sono ripresi i lanci di razzi Qassam dalla Striscia di Gaza verso le cittadine israeliane al confine.

Ieri ne sono stati lanciati almeno 25 mentre oggi i gruppi armati palestinesi hanno sparato undici razzi e cinque colpi di mortaio. Non si registrano vittime o feriti. Le forze di difesa israeliane nel primo pomeriggio hanno risposto con un raid aereo in cui sono state distrutti due lanciarazzi. Stamattina l'esercito israeliano ha annunciato invece di aver distrutto un arsenale contenente razzi nel campo profughi di Jabalya, nel nord della Striscia di Gaza. Fonti palestinesi hanno riferito che in un raid aereo compiuto ieri sera è rimasto ucciso un palestinese di 47 anni. L'esercito israeliano ha confermato il raid ma non la morte del palestinese.


Malgrado le bellicose dichiarazioni dei dirigenti di Hamas, la leadership israeliana sembra ottimista. Il ministro della Difesa, il leader laburista Ehud Barack, in un'intervista che sarà pubblicata venerdì nel magazine del quotidiano israeliano Haaretz, ha spiegato dicontare ancora sulla possibilità di rinnovare l'accordo. "Ovviamente la 'tahadiyeh' (la tregua) non è stata un errore". "Continuo la politica di Ben Gourion - ha aggiunto - secondo cui Israele non ha interesse nelle guerre. Se la calma continua, sarà calma. Se la tregua si interrompe, agiremo".
(18 dicembre 2008)





xoth
00mercoledì 7 gennaio 2009 23:36
Ed eccoci arrivati alla fine della "tregua". Proseguiamo quindi con le notizie dei giorni successivi precedenti all'attacco:

da misna.org


TERRITORI PALESTINESI
22/12/2008 12.36 STUDIO ISRAELE SU COLONIE ILLEGALI, SU GAZA MINACCE E PROPAGANDA

Sottolineando che in base al diritto internazionale non è legale nessuna delle oltre 130 colonie né delle decine di avamposti ‘non autorizzati’ israeliani in Cisgiordania, l’organizzazione non governativa israeliana (ong) B’Tselem ha pubblicato oggi un rapporto secondo cui la colonia di Ofra contrasta anche i criteri generalmente usati dal governo di Tel Aviv per giustificare la presenza di mezzo milione di suoi cittadini nei Territori palestinesi; in base allo studio della ong, Ofra, creata nel 1975 e oggi abitata da 3000 coloni israeliani, occupa per il 58% della sua estensione terre di proprietà privata palestinese. La creazione di Ofra - scrive B’Tselem - ha portato a un’estensiva violazione dei diritti umani dei palestinesi che vivono nell’area, innanzitutto perché ha causato la sottrazione indebita di terre ai legittimi proprietari e poi perché ha violato il diritto di proprietà degli abitanti del villaggio palestinese di ‘Ein Yabrud, il cui accesso alle loro terre negli anni è stato gradualmente ristretto. Il rapporto è stato pubblicato a pochi giorni dalla fine della tregua concordata sei mesi fa tra Hamas - il movimento che dopo aver vinto le elezioni governa da un anno e mezzo la Striscia - e il governo israeliano che secondo alcuni osservatori sta portando avanti una doppia politica: difesa ed espansione delle sue colonie in Cisgiordania con regolari incursioni terrestri, assedio della Striscia di Gaza con incursioni aeree ufficialmente in rappresaglia contro lanci di razzi. Una situazione che nelle ultime ore si sta ‘colorando’ anche di dichiarazioni varie, ora attribuite a portavoce di Hamas ora a politici di Tel Aviv, che devono anche essere lette alla luce delle prossime elezioni legislative israeliane. Quel che è certo, come ha detto in un’intervista rilasciata al settimanale italiano ‘Famiglia Cristiana’ il patriarca latino di Gerusalemme monsignor Fouad Twal, “non solo il mio popolo, ma tutti, ebrei e musulmani compresi, chiedono una sola cosa: la pace”.[GB]




MEDIO ORIENTE
23/12/2008 13.45
VALICHI CHIUSI, PER ONU RIPRESA OSTILITÀ SAREBBE “RICETTA PER IL DISASTRO A GAZA”
Una ripresa delle ostilità tra Israele e Hamas spingerebbe numerose famiglie al di sotto della soglia di povertà e costituirebbe “la ricetta finale per il disastro nella Striscia di Gaza”: lo ha detto l’ufficio delle Nazioni Unite per il soccorso dei profughi palestinesi (Unrwa) precisando che sul terreno la situazione non sembra migliorare e anche durante tutta la giornata di ieri i valichi di frontiera sono rimasti sbarrati, impedendo il passaggio di aiuti e medicinali alla popolazione. Fonti locali riferiscono inoltre che a causa della mancanza di farina oltre la metà dei 47 panifici della Striscia sono stati chiusi. Intanto, ampio risalto è stato dato dalla stampa palestinese e israeliana all’intervista rilasciata da Mahmoud al Zahar, esponente di spicco del movimento Hamas, al quotidiano egiziano ‘Al Ahram’, in cui si definiscono i dettagli per un prolungamento della sospensione delle ostilità. “Il prezzo per il rinnovo della tregua sono le vite dei palestinesi” ha detto al Zahar che, a pochi giorni dalla fine dell’accordo decretato nel giugno scorso, e prolungato ieri per ulteriori 24 ore, ha chiesto “il ripristino della consegna regolare di cibo ed energia per la popolazione della Striscia e la fine delle azioni militari nei Territori palestinesi”. Il dirigente ha chiesto “che Israele rispetti le condizioni della tregua e tenga fede ai suoi impegni, in particolare la cessazione di tutte le forme di aggressione e l’apertura di punti di passaggio” precisando tuttavia di non aver avuto, per il momento, alcun contatto “ufficiale” in vista di un rinnovo del cessate il fuoco.[AdL]



Sempre da misna (entrambi)



STRISCIA DI GAZA
24/12/2008 8.47 MENTRE SI LAVORA PER TREGUA, CINQUE MILIZIANI UCCISI IN SCONTRI CON ISRAELIANI

Mentre sul fronte politico e diplomatico si attende di vedere se la tregua dichiarata a Gaza negli ultimi sei mesi, grazie alla mediazione dell’Egitto, verrà rinnovata o meno, nelle ultime ore cinque miliziani palestinesi sono stati uccisi in scontri con l’esercito israeliano. A riferirlo è l’agenzia di stampa palestinese Maan, citando una nota delle Brigate al Qassam le quali hanno precisato che i cinque sono morti mentre erano in “missione” nella zona nord e in quella sud della Striscia di Gaza. Per il momento l’esercito israeliano ha confermato solo l’uccisione di tre miliziani ieri al confine nord tra la Striscia e Israele, in uno scontro a fuoco vicino alla frontiera. Gli altri due miliziani, secondo la nota del gruppo armato vicino al partito Hamas, sono morti a est di al-Qarara, nel sud della Striscia. Gruppi armati vicini a Hamas e Fatah hanno rivendicato, poi, il lancio di alcuni razzi artigianali (dal potenziale limitato) Qassam in territorio israeliano. Secondo fonti israeliane solo in mattinata almeno 15 razzi sono caduti nella zona occidentale del Negev. Anche in considerazione di questo, le autorità israeliane hanno fatto sapere che oggi non riapriranno i valichi, come avevano annunciato ieri, per consentire l’ingresso di aiuti umanitari alla popolazione di Gaza. [MZ]




TERRITORI PALESTINESI
24/12/2008 17.01 A GAZA NIENTE MESSA DI MEZZANOTTE MA "SI PREGA PIU' FORTE" PER LA PACE
Non sarà celebrata la tradizionale messa di mezzanotte della Vigilia di Natale a Gaza: lo ha annunciato padre Manuel Musallam, parroco della Santa Famiglia, nella Striscia di Gaza, in un comunicato diffuso ai giornalisti affermando che la scelta è stata fatta per protestare contro il blocco della Striscia imposto da Israele. Contattato dalla MISNA, padre Manuel spiega: “Come possiamo festeggiare la nascita di Gesù, mentre tutto attorno a noi è oscuro e in rovina? Non c’è pane, non c’è acqua da bere, i genitori non hanno niente da poter donare ai figli”. Senza nascondere nel tono della voce la tristezza per l’assedio israeliano e la fine della tregua tra Hamas e Israele, padre Manuel ha aggiunto: “Gaza si trova di fronte al mare, ma noi siamo sommersi dalla marea di lacrime versate da un intero popolo che soffre per la volontà iniqua di questo assedio, che altro non è se non un crimine contro l’umanità”. A Gaza vivono quasi 4000 cristiani, circa 300 dei quali sono cattolici mentre la maggior parte della comunità cristiana è greco-ortodossa. Secondo Musallam, 800 persone hanno chiesto il permesso di recarsi a Betlemme, in Cisgiordania, per partecipare alla preghiera di mezzanotte, ma Israele avrebbe autorizzato solo pochissimi viaggi. “Anche oggi – ha proseguito il religioso – l’esercito israeliano ha ucciso cinque persone qui a Gaza: con quale sicurezza potremmo recarci nelle strade stanotte per celebrare insieme nella casa di Dio?”. Il parroco ha invitato tutti gli abitanti di Gaza, cristiani e musulmani, a riunirsi nella chiesa della Santa Famiglia, per partecipare a una funzione serale alle sei di questa sera: “È difficile, ma un pastore deve sempre infondere la speranza e suscitare la fiducia; pregheremo ancora più forte e chiederemo a Dio di portare la pace in questa terra”. [MV]
[CO]

euge1893
00giovedì 8 gennaio 2009 08:54
Io credo che fino a quando sarà una organizzazione terroristica come Hamas a governare Gaza sarà purtroppo impossibile ogni accordo di pace.
Il Celle
00giovedì 8 gennaio 2009 09:50
Diversità di vedute:
io credo che finché il mondo occidentale sarà così ipocrita da continuare ancora a difendere il "democratico" (ma vanne a parlare con i palestinesi della democrazia di Israele) Israele che da tempo occupa militarmene un territorio che in base ad accordi internazionali non è legittimato a farlo e che non tiene conto della convenzione di Ginevra e lancia bombe al fosforo tra i civili non ci potrà essere la pace in Palestina.
Che tutte le vittime di quest'ennesima assurdità possano riposare in pace e possano vedere la luce del proprio Dio.
Münchner.Fax
00giovedì 8 gennaio 2009 10:20
A dire la verità Israele si è ufficialmente ritirato da Gaza il 12 settembre 2005, da quella data il territorio è sotto il controllo totale delle forze palestinesi. Sempre Israele ha proceduto al rimpatrio coatto dei coloni israeliani stanziati a Gaza che non lo hanno fatto entro le scadenze.
Quella delle bombe al fosforo sui civili è una notizia fasulla smentita anche da osservatori indipendenti (Human Rights Watch).
euge1893
00giovedì 8 gennaio 2009 10:25
Andiamo bene Celle: stai dicendo le stesse cose che dicono i terroristi [SM=g27993] .

Israele è l'unico paese democratico in Medio Oriente e ha tutto il diritto di esistere e di vivere in pace senza essere continuamente attaccato, a maggior ragione quando gli attacchi sono condotti da organizzazioni terroristiche quale è indiscutibilmente Hamas.

Le azioni alle quali stiamo assitendo sono azioni volte a distruggere Hamas. Personalmente, ho molti dubbi che questo sia il modo più efficace per far fuori questi vigliacchi che si mischiano alla popolazione inerme e sono inorridito dalle tante perdite subite dai civili.

Ma questo è il modo - a mio avviso non condivisibile - di una reazione agli attacchi di Hamas che invece comprendo.

Tutto il resto è pura strumentalizzazione dei soliti razzisti anti israeliani.
Münchner.Fax
00giovedì 8 gennaio 2009 11:57
Purtroppo le cose sono un po' più complicate di così. I leader israeliani si sono imbarcati deliberatamente in un'impresa con scarse possibilità di successo e soprattutto disapprovata dalla comunità internazionale quasi al completo. Le ragioni di questo attacco sono abbastanza intuibili: attaccare la debole Gaza per dare un segnale ad avversari ben più agguerriti; ammonire la popolazione palestinese a ridare credito ad Abu Mazen che è l'unico interlocutore valido della scena (ma è abbastanza ovvio che è una tattica controproducente). La ragione prima tuttavia è di realpolitik. In Israele tra poco si vota, e il partito della Livni attuale presidente non intende perdere voti a favore del falco Netanyahu. [SM=g27992]
titoit
00giovedì 8 gennaio 2009 12:08
E’ difficile esprimere un’opinione su questa tragedia. Io sono da sempre “amico di Israele”, mi sento molto vicino alla cultura e alla società ebraica e rifiuto categoricamente i soliti cliché dell’occidente per cui Israele= razzisti oppressori e Palestinesi=vittime oppresse.
Intanto, perché i palestinesi ormai sono nettamente divisi tra la deriva sciita estremista di Hamas di stanza a Gaza e i moderati di Fatah in Cisgiordania. Tra i due non corre certo buon sangue, anzi la spartizione ha evitato una vera e propria guerra civile. Hamas è la “testa di ponte” dell’Iran sciita e come tale è ODIATO da tutto il mondo arabo sunnita.
Detto questo per completezza di informazione, veniamo al giorno d’oggi.
Israele subisce da anni prima attentati suicidi e poi lanci di razzi praticamente tutti i giorni. Quindi l’aggressione continua e costante è di Hamas sul territorio israeliano. Prima di oggi non c’era guerra e in più Israele 2 anni fa si è ritirato da Gaza, per cui per quale motivo Hamas continua a lanciare razzi (razzi non caramelle) su Sderot e Ashkelon?
Tuttavia ritengo la guerra sbagliata; Israele ha molti altri modi per difendersi contro una banda di terroristi sanguinari rispetto alle bombe e alle offensive militari così massicce. Invece usa l’assenza di potere in USA per scatenare l’offensiva, facendosi oltretutto manipolare dagli altri Stati arabi sunniti che vorrebbero trasformare Gaza in una tomba per gli amici degli iraniani sciiti.
Senza considerare che la popolazione di Gaza è vittima di Hamas che agisce come una sorta di Stato-mafia; bambini, donne e innocenti non possono essere vittima di bombardamenti!!!
ralco
00giovedì 8 gennaio 2009 12:31
Re:
euge1893, 08/01/2009 10.25:

Tutto il resto è pura strumentalizzazione dei soliti razzisti anti israeliani.



Mi sono astenuto, sinora, dall'entrare in questa discussione, perchè era evidente che avrebbe portato a forti contrapposizioni di pensiero.

Però su questo punto, Eugenio, vorrei spendere due parole.

Io ho care amicizie tra gli ebrei di Genova, che reputo ottime persone. Tuttavia rivendico, per me e per chi la pensa come me, il pieno diritto di criticare, anche aspramente, quando mi sembri il caso, i governi dello stato di Israele, per i loro comportamenti attuali, senza sentirmi dare del razzista.

Credo sia tempo, quando si giudica l'Israele di oggi, di toglierci di dosso il complesso di colpa per la tragedia occorsa a quel popolo e di fronte alla quale tutti inorridiamo, e valutare le cose per come oggi sono.

Il Celle
00giovedì 8 gennaio 2009 13:55
Sono stato apposta un po' provocatorio e ho esagerato il mio reale pensiero: non giustifico in alcun modo Hamas ma tantomeno posso giustificare Israele. Non mi interessa nulla di realpolitik, elezioni e palle varie: nella mia visione del mondo nessuno di questi è un valido motivo per fare guerra a qualcuno! Ribadisco che Israele sta occupando una parte dei territori amministrati dall'autorità palestinese e la riprova è la costruzione del muro che dovrebbe dividere i due popoli: esso passa spesso addentro al territorio palestinese impedendo lo sfruttamento da parte dei palestinesi stessi a favore dei coloni israeliani. Poi, caro Euge, possiamo discutere quanto vogliamo sulla "democrazia" di Israele (che assomiglia tanto a quella esportabile di Bush e non è un valore che mi appartiene) o sui metodi di guerra o sul fatto che Hamas sia o meno organizzazione terroristica ma sui dati di fatto non c'è proprio da discutere. E uno di questi è la formazione dello stesso stato di Israele...
euge1893
00giovedì 8 gennaio 2009 14:35
Sono d'accordo con il pensiero di titoit. Io ho scritto subito che i metodi della reazione di Israele sono sbagliati, ma poi ciascuno legge quello che gli fa comodo e tralascia il resto.

Quando parlo dei razzisti non mi riferisco ovviamente a Celle, ma a chi da sempre scende in piazza bestemmiando il nome della pace, perché lo fa non per auspicare di avere un giorno due stati democratici che vivono in pace, ma per negare il diritto di Israele ad esistere. Essi bruciano la bandiera di Israele e vomitano tutto il loro odio di terzomondisti da salotto per negare agli abitanti di questo piccolo stato il loro diritto a vivere in pace liberi dalle sistematiche aggressioni di vigliacchi terrorsti.

Spero che i palestinesi possano presto dotarsi di leader più presentabili degli assassini che a quanto pare si sono scelti con elezioni sufficientemente libere. Credo che per raggiungere una pace equa ci sia bisogno di uomini giusti, che purtroppo non vedo neppure dalla parte israeliana in questo momento.
titoit
00giovedì 8 gennaio 2009 15:44
Celle, hai delle belle pretese.
Vuoi esprimere giudizi su Israele (cattivi) e sulla Palestina (buoni) senza voler tentare di capire che la realtà è ben più complicata e che la realpolitik esiste eccome soprattutto sullo scacchiere mediorientale.
Allora se tutti facciamo così, restano solo faziosità e partigianeria.
Il Celle
00giovedì 8 gennaio 2009 16:16
Non mettiamo in bocca parole non dette: non ho espresso giudizi buoni per nessuno schieramento! So benissimo che la realtà è complicata ma non tollero il sacrificio umano per questioni di elezioni nè in medioriente, nè nel Caucaso, nè in nessun'altro luogo del pianeta.
Io (che non brucio bandiere di Israele in piazza ma neanche giro con la kefia, se così si scrive, al collo) auspico, come Euge, una classe politica capace e dotata di buonsenso, una classe politica che viva come la gente comune in modo da capirne le necessità e che non sia accecata da un odio che non porta a nulla di positivo.
xoth
00giovedì 8 gennaio 2009 17:56
interessante analisi di Ezio Bonsignore da Pagine di Difesa:

www.paginedidifesa.it/2009/bonsignore_090108.html


Gaza, perchè?
Ezio Bonsignore, 8 gennaio 2009
I commenti della maggior parte dei mass media italiani, commenti che peraltro ritengo riflettano abbastanza fedelmente l’atteggiamento dell’ opinione pubblica, a proposito di quella che viene eufemisticamente descritta come la “crisi di Gaza” sembrano essere focalizzati sopratutto sul tentativo di distinguere tra “buoni” e “cattivi”, e decidere chi abbia “ragione” e chi “torto”, chi abbia o non abbia il diritto di fare cosa.

Si tratta di un approccio istintivo e umanamente comprensibile, ma abbastanza puerile data la terribile complessità della situazione in Medio Oriente – e che è poi reso ulteriormente privo di senso dallaq sin troppo evidente assunzione di un modo di ragionare per schieramenti politici opposti e per idee preconcette, per cui le “destre” sono tendenzialmente filo-israeliane e le “sinistre” invece filo-palestinesi. Non varrebbe quindi nemmeno la pena di discuterne, se non fosse per sottolineare un dettaglio non privo di una sua importanza: e cioè la straordinaria efficacia della campagna propagandistica messa in atto dalle autorità israeliane, e dalle molteplici organizzazioni in tutto il mondo che a vario titolo sostengono le posizioni di Israele, per convincere l’opinione pubblica globale delle ragioni dello stato ebraico, le colpe di Hamas, e l’ineluttabilità e anzi necessità delle attuali operazioni militari.

Le autorità israeliane, come già quelle americane a proposito del Vietnam, sono infatti giunte alla conclusione che le cause delle mezza sconfitta rimediata in Libano vadano sopratutto ricercate nel mancato appoggio da parte dei media, e quindi dell’opinione pubblica che i media sono in grado di influenzare. L’ operazione “Cast Lead” è quindi stata preceduta e viene accompagnata da un’attenta campagna propagandistica – e i risultati si vedono. Mentre al tempo dell’invasione del Libano l’opinione publica italiana e mondiale era quanto meno perplessa circa i motivi e le modalità delll’azione israeliana, oggi le uniche critiche veramente dure provengono dagli ambienti dell’estrema sinistra o dai neo-nazisti. Si sono addirittura rispolverate le storielle del “povero piccolo popolo democratico minacciato da centinaia di milioni di Arabi fanatici”, e si sono accettate senza fiatare le affermazioni israeliane secondo cui le operazioni militari sono indirizzate esclusivamente contro i “terroristi” di Hamas e i civili ci vanno di mezzo solo perchè Hamas li usa come “scudi umani”. Si ripete all’infinito il mantra di “Hamas che ha rotto la tregua”, evitando accuratamente di interrogarsi sui perchè di questa azione, e su cosa sia esattamente successo durante la tregua. E gli stessi che solo pochi mesi fa accusavano la Russia di una risposta “sproporzionata” in Ossetia, hanno all’improvviso riscoperto i principi base dell’arte della guerra, e osservano che per vincere presto e bene, bisogna appunto mettere in atto una schiacciante superiorità sul nemico.

Ma vediamo invece di tentare una specie di analisi strategica e geopolitica seria, e cioè articolata sul cercare di capire quali siano gli obiettivi di Israele.

E cominciamo con lo sgombrare il campo dai razzetti o razzoni di Hamas. E’ ovvio che Israele, come qualsiasi altro stato sulla faccia della Terra, non può alle lunghe permettere che qualcuno, per motivi suoi si piazzi subito al di là di un confine e cominci a bombardicchiare – anche se i risultati di questa azione sono fortunatamente molto limitati. Ma per lanciare davvero “Cast Lead” solo per eliminare la minaccia dei Kassam in quanto tali, gli Israeliani dovrebbero essere ancora più stupidi di George W. Bush con la sua “guerra globale al terrorismo” – cosa che non sono affatto. Eliminare semplicemente la capacità di Hamas di costruire e lanciare razzi, senza affrontare i veri termini del problema, non servirebbe a nulla. Hamas passerebbe semplicemente a usare altre forme di attacchi terroristici – e allora?

La direttive strategiche e politiche dell’azione complessiva di Israele nei confronti del problema palestinese sono, a quanto è dato di capire, ancora quelle tracciate dallo straordinario gambitto di Sharon. L’allora Primo Ministro decise di abbandonare il processo di pace, perchè era ormai sin troppo evidente che una pace negoziata sarebbe stata possibile, solo a patto di accettare dei pesanti compromessi sulle questioni chiave – Gerusalemme, il controllo delle fonti idriche, i confini del futuro stato palestinese, il ritorno dei profughi – su cui invece Israele non era e non é disposto a cedere di un millimetro. Inoltre, era importante impedire che il piano di pace saudita prendesse forza. Sharon decise quindi di creare unilateralmente lo “stato palestinese”, così come Israele era disposto ad accettarlo, e di offrirlo ai Palestinesi – prendere o lasciare. Da qui il ritiro dalla Striscia di Gaza, che ad Israele non interessa più che tanto e che sarebbe in ogni caso non assimilabile, mentre invece è continuata e continua la creazione di nuovi insediamenti in Cisgordania (Giudea e Samaria).

Il fatto che lo “stato palestinese” visto da Sharon fosse un realtà solo una specie di Bantustan dove rinchiudere persone di razza e/o religione indesiderabile, o per dirla in modo un po’ antipatico una riedizione del Ghetto di Varsavia (che difatti aveva la sua brava amministrazione autonoma), non toglie nulla alla logicità dell’idea, e al suo valore come disperato tentativo di tagliare il nodo gordiano di una situazione altrimenti irrisolubile.

E’ possibile, forse anche probabile che se Sharon fosse rimasto al suo posto, la manovra sarebbe riuscita. Ma, per parafrasare Pascal a proposito di Cronwell, un microscopico grumo di sangue nel suo cervello ha cambiato il corso della storia.

La pre-condizione essenziale perchè il gambitto di Sharon potesse riuscire era l’evoluzione dell’Autorità Nazionale Palestinese in un governo legittimo e riconosciuto come tale a livello internazionale, e che fosse disposto ad accettare formalmente il suo “stato” dichiarando chiusa la questione. Questo avrebbe non solo risolto il problema per Israele (anche se solo temporaneamente, vista l’altissima fertilità degli Arabi Israeliani e l’impossibilità di espellerli), ma anche e sopratutto avrebbe liberato tutti gli stati Arabi dalla sempre più pesante e male accetta necessità di sostenere la causa palestinese, permettendo loro di impostare le proprie relazioni con Israele e sopratutto gli Stati Uniti su basi completamente nuove.

Ma la creazione di un governo legittimo e internazionalmente riconosciuto passa necessariamente per delle libere elezioni. E qui, venne commesso l’errore capitale di permettere ad Hamas di parteciparvi. Se si sia trattato del risultato di un “diktat” da parte americana, come sostengono oggi gli Israeliani, oppure di un fenomenale errore di valutazione, fatto sta che venne commesso – e tra l’altro, sarei veramente curioso di sapere come tutti quelli che oggi ripetono come tanti bravi pappagalli, “Hamas è un’organizzazione terroristica e coi terroristi non si tratta”, vogliano spiegare l’atteggiamento di Israele all’epoca.

Hamas non solo partecipò alle elezioni, ma le vinse alla grande. Questa situazione rischiava di rovinare tutto il piano – non perchè Hamas sia un’organizzazione terroristica e voglia la distruzione di Israele, ma perchè non avrebbe mai accettato come “stato” il Bantustan che Israele era disposto a cedere. Da qui, l’organizzazione del colpo di stato di Abu Mazen, che però è riuscito solo a metà – e ancora una volta, è straordinario vedere come una raffinata campagna propagandistica sia invece riuscita a convincere tantissima, troppa gente che il governo palestinese legittimo sia quello di Abu Mazen, e che il golpe lo abbia fatto Hamas.

Pur se la divisione dei Palestinesi in due campi ferocemente opposti è di per sè un importante vantaggio strategico per Israele, la presenza di Hamas a Gaza rende impossibile procedere con la creazione di uno “stato” palestinese. Hamas si è guardato e si guarderà bene dal dichiarare la propria esistenza in quanto governo di uno stato indipendente, proprio perchè non riconosce in alcun modo la legalità dei confini del ghetto, in cui è attualmente rinchiuso.

L’obiettivo politico di Israele consiste quindi nel togliere di mezzo Hamas, non tanto come “lanciatore di razzi” e neppure come organizzazione terroristica, ma proprio come forza politica. L’idea è che con la Striscia riportata sotto l’autorità di Abu Mazen, l’Autorità Nazionale Palestinese potrebbe invece accettare la Striscia, più qualche brandello di Cisgiordania, come il territorio del proprio “stato”.

Il problema è che Hamas ha vinto delle elezioni regolari e legittime, e quindi non si può sperare di eliminarlo come forza politica soltanto mediante una lunga serie di assassini “mirati”. Bisogna invece che sia la popolazione palestinese stessa a ritirare il proprio appoggio per Hamas, e a darsi ( o comunque accettare) una nuova leadership politica più “flessibile”. E’ questo lo scopo ultimo di “Cast Lead”, e il motivi per i tanti – troppi – casi di “incidenti” e “danni collaterali” a danno di civili.

Funzionerà? Non saprei. In Libano, esattamente lo stesso approccio _ „punire“ la popolazione libanese per il suo appoggio a Hezbollah, in modo da creare una specie di crisi di rigetto _ non solo non ha funzionato, ma ha regalato a Hezbollah un potere politico, che prima dl conflitto era impensabile. Però in Libano gli Israeliani hanno dovuto cedere alle pressioni dell’opinione pubblica internazionale ( o almeno, così vogliono vederla) e interrompere la loro azione prima del previsto. Stavolta, almeno per quanto riguarda l’atteggiamento delll’opinione pubblica l’operazione gode di basi molto più solide.

xoth
00giovedì 8 gennaio 2009 18:19
Come dicevo in un altro forum, la situazione palestinese è complessa, dove nessuno puo' piu' dire di avere 100% ragione o 100% torto, e dove gli anni passati hanno omrai fatto dimenticare ai piu' anche le cause iniziali. I media italiani poi, solitamente schierati in modo strafiloisraeliano (tranne quando Israele critica il Vaticano), dando una visione deformata della realta' non aiutano a farsi un'idea chiara della situazione.

Poi c'e' molta disinformazione, per es molti pensano che la questione sia nata dopo la 2' guerra mondiale, con la costituzione di Israele per volere degli angloamericani, mentre invece risale al periodo a cavallo tra il XIX e XX secolo e la Gran Bretagna (che in quel periodo con il suo triplo gioco è stata tra i principali responsabili della nascita del problema) addirittura si astenne nelle votazioni per la risoluzione 181, non ritenendo possibile la creazione di due stati diversi (loro ci aveva provato 10 anni prima per ben tre volte, ma senza successo, arrivando, nel 1939, alla conclusione che era meglio uno stato unico a etnia mista).

Si veda a proposito:

it.wikipedia.org/wiki/Palestina#Storia

it.wikipedia.org/wiki/Piano_di_partizione_della_Palestina

IMO L'unica soluzione accettabile (ragionando col senno di poi) probabilmente sarebbe stata quella proposta dagli inglesi nel 1939, dopo i 3 tentativi falliti di spartizione, ovvero quella di creare uno stato unico da rendere indipendente dal controllo mandatario 10 anni dopo, nel 1949. Poi c''e stata la seconda guerra mondiale, l'Olocausto e tutto il resto, e l'ONU, alle soglie di questa data, ha preferito tornare indietro alle ipotesi di due stati separati (infatti la GB, come dicevo prima, si astenne non essendo d'accordo con la decisione, anche se, al di l'a della linea ufficiale tenuta all'ONU, parte del suo governo appoggiava l'idea della spartizione).

Probabilmente avrebbe causato grossi attriti con i movimenti sionisti e altri anni di attentati da parte dei gruppo ebraici (tanto poi per come sono andate le cose, gli attentati ci sono stati lo stesso da parte dei gruppi palestinesi), ma avrebbe garantito l'accesso alle risorse e al territorio per tutta la popolazione e una maggiore possibilita' di usufruire dei luoghi sacri di Gerusalemme (entrambi indipendentemente dall'etnia o dalla religione). Probabilmente avrebbe anche garantito una collaborazione con gli stati confinanti, cosa che avrebbe portato benessere in tutto il medio oriente.

Il problema del piano del 1939 e' che la decisione era accompagniata anche dalle limitazioni all'immigrazione ebraica (decisione che in realta', per i problemi di disoccupazione nella popolazione palestinese causati dalle politiche con cui l'agenzia ebraica assegniava le terre, era stata gia' suggerita dalle varie commissioni reali britanniche che indagavano sui disordini degli anni '20, ma mai messa in atto fino a quel momento), per cui anche i gruppi ebraici moderati la rifiutarono, andandosi ad unire a quelli che puntavano solo alla grande Israele (che non c'e' neppure adesso, visto che comprenderebbe anche il Libano del sud e parte della Giordania). Dopo qualche anno sarebbero pero' stati "controllabili" (tipo IRA) o sarebbero stati costretti a sciogliersi.

Da un punto vi vista arabo AFAIK, oltre a ritenere le limitazioni dell'immigrazione troppo deboli (chiedevano il blocco totale) c'era, tra i moderati, anche il timore che l'eventuale popolazione ebraica, essendo minoranza, ma comunque in % ormai significativa, potesse tramite l'ostruzionismo bloccare qualsiasi tentativo di far funzionare delle amministrazioni pubbliche comuni, finendo per paralizzare il paese o rendere comunque necessaria la presenza di una potenza straniera per supervisionare il governo. Poi ovviamente anche qui tra i gruppi piu' integralisti c'era anche chi non solo voleva il blocco delle immigrazioni, ma anceh al cacciata dei coloni arrivati negli ultimi 30/40 anni e che quindi rifiutava comunque in toto il piano.

Certo, anche si fosse seguita questa via, probabilmente l'arrivo di decine di migliaia di immigrati ebrei dall'europa negli anni seguenti avrebbe rischiato comunque di far scoppiare una nuova guerra civile come quella del 1936-39, ma se non ci fosse stato uno "stato ebraico" non e' neppure detto che l'immigrazione avrebbe avuto le stesse cifre, anzi, probabilmente sarebbe mancata quasi del tutto quella di chi scappava dalle persecuzioni negli stati arabi post guerra del 1948, che non sarebbero avvenute (in molti di quegli stati le comunita' ebraiche vivevano tranquille da secoli).

Per il resto bisogna ricordare che il territorio che la risolzuione 181 assegnava allo stato arabo-palestinese (il 45% del territorio) non era autosufficente (ne' lo era quello, piu' vasto, dei tentativi di spartizione degli anni '30) a causa della mancanza d'acqua, dei pochi sbocchi al mare e della maggiore poverta'. Tant'e' che nelle sue relazioni relative al piano di spartizione l'ONU ipotizzava la massiccia costruzione di infrestrutture tra i due stati per rilanciare l'economia, finanziate internazionalmente, un'economia comune (stessa moneta, dogane "leggere", ecc...) e probabili aiuti allo stato arabo da parte di quello israeliano, ritenendo che, con un'economia fortemente legata tra i due stati, non sarebbe stato nell'interesse degli israeliani far rimanere la parte araba piu' povera. Poi le cose sono andate diversamente, da una parte c'e' stato il Plan D e i la sua pulizia etnica con lo scopo di far fuggire piu' arabi possibile dalla parte israeliana (un po' come Tito aveva fatto con gli italiani in Jugoslavia), dall'altra l'invasione da parte degli stati arabi confinanti dopo un anno di scaramucce al confine. A maggior ragione non sarebbe autosufficente neppure uno stato Palestinese odierno fatto sui confini del 67, con ancora meno territorio e una povertà ancora piu' diffusa.
Trammax
00giovedì 8 gennaio 2009 19:49
Insolito ed illuminante l'articolo di Bonsignore (che sicuramente non è un no global bruciabandiere)e molto equilibrato ed opportuno (viste le asprezze dei post precedenti) l'intervento di xoth. [SM=g28002]

Aggiungo che i media, oltre ad essere fortemente "embedded" sulle posizioni israeliane, si sono visti precludere, non si sa bene se per sicurezza o paraculaggine, l'accesso a gran parte della striscia.
Resto dell'idea del fatto che le responsabilità non siano al 100% dell'una o dell'altra parte, ma condivido, come ha affermato Ralco, l'esigenza (e il sacrosanto diritto)di poter esprimere serenamente un giudizio, anche duro, senza vedersi riversare addosso i fantasmi dell'olocausto, fin troppo disinvoltamente strumentalizzati, o peggio ancora l'accusa di fiancheggiamento del terrorismo. [SM=g27988]
3215
00venerdì 9 gennaio 2009 09:20
oncordo in toto con Ralco. E aggiungo che al di là delle belle parole (si legge: banalità scontate e di facciata) che vengono dette da parte dei governi "democratici", la questione, pur di di difficile rislouzione, non la si vuole risolvere + di tanto, in quanto un focolaio di guerra sempre più o meno vivo fa comodo per tante cose, dai rapporti economici mondiali a quelli tra mondo occidentale e arabo (e non ultimo, ovviamente, al mercato delle armi).

peraltro, una cosa è Hamas, ben altra è l'ANP, non si può confondere il poopolo palestinese e il suo "governo" con una minoranza terroristica!
Il Celle
00venerdì 9 gennaio 2009 09:39
quoto l'ultima frase di 3215!! [SM=x1567329]
xoth
00venerdì 9 gennaio 2009 19:34
Il governo del popolo palestinese, deciso con le prime elezioni democratiche, e' Hamas, sarebbe bene ilc aso di ricordarlo. L'ANP lo e' "di fatto" per il semplcie fatto che Israele, e a seguito USA e UE, si sono rifiutati di riconoscere il risultato delle elezioni...
xoth
00mercoledì 14 gennaio 2009 03:18
aggiornamento, sempre da misna.org



STRISCIA DI GAZA
13/1/2009 13.52
DELEGAZIONE PARLAMENTO EUROPEO, CIVILI “COSTRETTI AD ATTENDERE LA MORTE”


“Per la prima volta un popolo assediato e sottoposto a continui bombardamenti dell’aviazione è impossibilitato a fuggire per trarsi in salvo. A Gaza la legalità internazionale viene violata sotto gli occhi del mondo intero”: è la denuncia contenuta nella parole di Luisa Morgantini, vice-presidente del Parlamento europeo, appena rientrata da una missione di emergenza nella Striscia di Gaza. “Gli abitanti della Striscia non hanno alternativa se non quella di aspettare la morte”ha detto la rappresentante europea in una conferenza stampa oggi al Senato alla quale ha partecipato anche Alberto Maritati, senatore della Repubblica. Morgantini ha ricordato inoltre che “mentre proseguono gli attacchi su Gaza, Israele continua a estendere gli insediamenti illegali in Cisgiordania e a costruire il muro di separazione che divide i palestinesi tra di loro e i contadini dalle loro terre” sottolineando che “questa situazione di impunità deve finire e il diritto internazionale deve essere rispettato da tutti”. Interrogata da un giornalista che chiedeva se la delegazione si fosse recata anche nel Negev e nei territori israeliani presi di mira dai razzi dei miliziani palestinesi la vicepresidente dell’europarlamento, recatasi più volte in passato ad Ashkelon e Sderot, ha detto che la missione “ha scelto di raggiungere luoghi in cui operatori umanitari e giornalisti non hanno accesso”; sottolineando che i rapporti di forze tra Israele e Hamas sono asimmetrici e che comunque “chi paga il prezzo di questa assurda aggressione sono i civili palestinesi, un milione e mezzo di donne bambini, vecchi che non hanno un posto dove rifugiarsi”, la Morgantini ha evidenziato come tra le popolazioni civili delle due zone esista una differenza fondamentale: “nel sud di Israele la gente ha la possibilità di fuggire e di proteggersi dai missili, a Gaza no”. Dal canto suo, Maritati ha contestato il veto israeliano ai giornalisti che vogliono entrare nella Striscia per raccontare il conflitto in corso: “Laddove si inibisce l’accesso alla stampa la democrazia è in pericolo” ha detto il senatore, commentando che “il divieto israeliano non ha appiglio giuridico che tenga”. [AdL]





STRISCIA DI GAZA
13/1/2009 17.27
COMMISSARIO UNIONE EUROPEA: ISRAELE VIOLA DIRITTO UMANITARIO INTERNAZIONALE


Israele viola le leggi internazionali, la sua offensiva nella Striscia di Gaza “è assolutamente sproporzionata” e costituisce “una palese violazione del diritto umanitario internazionale”: lo ha detto Louis Michel, Commissario dell'Unione Europea allo Sviluppo e agli Aiuti umanitari, in un’intervista pubblicata oggi sul quotidiano ‘La Libre Belgique’. Il Commissario afferma: "Gli esperti più prestigiosi in materia confermano e denunciano che Israele non rispetta il diritto umanitario internazionale che impone a una potenza occupante di tutelare la vita della popolazione civile, di proteggerla, di nutrirla e di curarla. Questo, è palese, non accade. Dal mio punto di vista ciò è drammatico e non lo posso accettare”. Michel sottolinea che “il diritto umanitario è fatto per il tempo di guerra, ed è in guerra che bisogna pretendere che venga rispettato”, anche se sottolinea che anche prima della crisi l’80% della popolazione della Striscia sopravviveva solo grazie alla distribuzione di aiuti alimentari e che “ rispetto a 550-600 camion necessari al giorno, solo 56 ne sono stati fatti passare in tutta la scorsa settimana”. Nelle sue parole Michel sottolinea “qualcosa di imbarazzante; due anni fa la comunità internazionale ha detto ai palestinesi: dovete organizzare le elezioni. Hamas le ha vinte in maniera leale. Poi, dall’oggi al domani, siamo stati costretti, poiché Hamas aveva vinto, a dire: 'non parliamo con voi e tagliamo gli aiuti diretti alle istituzioni palestinesi'. E per fortuna che c’era l’Unione Europea che è riuscita a mettere in piedi un sistema, per così dire, equivalente di aiuti”. Secondo Michel “bisogna parlare con tutti quelli che rappresentano lo stato palestinese” poiché “non sono state percorse tutte le vie diplomatiche che esistono e quando si deve risolvere un problema non lo si può fare con mezzi militari”. All’intervistatore che chiede quali siano le prime misure da prendere per risolvere il conflitto a Gaza, Michel risponde che “è necessario un cessate-il-fuoco e l’apertura di corridoi umanitari. Purtroppo l’Unione Europea non ha la forza di imporre tutto questo […] e quando il presidente americano George Bush in un certo senso giustifica pubblicamente la reazione di Israele rende più difficile il compito di fare pressione o semplicemente consigliare Israele”.[AdL]





STRISCIA DI GAZA
13/1/2009 19.14
ARMI NON CONVENZIONALI (2): IL PARERE DEGLI ESPERTI DEL ‘NEW WEAPONS COMMITTEE’


“Siamo in contatto con medici che operano anche nella Striscia di Gaza, abbiamo visto immagini, già fatto studi approfonditi sulle armi utilizzate dagli israeliani in Libano nel 2006 e siamo arrivati alla conclusione che le ferite che vediamo oggi a Gaza sono identiche a quelle in Libano; e allora vennero utilizzate ‘Dime’ e fosforo bianco”: lo ha detto alla MISNA Paola Manduca, docente universitaria di genetica e rappresentante del ‘New weapons committee’ di Genova, un gruppo di accademici, ricercatori e studiosi di tutto il mondo che studia gli effetti degli ultimi ritrovati dell’industria bellica sugli individui e sulle popolazioni. “I Dime – dice la Manduca – sono un prodotto dell’industria americana di cui si conosce l’esistenza dal 2004 ma che teoricamente non dovrebbero essere in commercio se ci si attiene alle dichiarazioni ufficiali; in realtà il loro impiego nel 2006 da parte degli israeliani in Libano è stato accertato”. La rappresentante del ‘New weapons committee’ spiega che i ‘Dime’ sono ordigni studiati per la guerra urbana e considerati dai loro ideatori ‘strumenti adeguati’ per ridurre i danni collaterali perché hanno una potenza controllabile e una forza distruttiva che in genere varia tra i cinque e i 10 metri. “I ‘Dime’ – continua la Manduca – contengono nanoparticelle di materiale pesante che a seconda della foggia del contenitore vengono diffuse in maniera omogenea o secondo alcune particolari forme; i tanti casi di amputazione sono probabilmente dovuti a ‘Dime’ che rilasciano le particelle plasmandole come una lama che trancia di netto qualunque cosa trovi all’interno del suo raggio di azione; ecco perché tante persone, bambini e donne, vengono ritrovati con braccia e gambe amputate, ma senza nessun frammento nel resto del corpo; anche l’innesco può essere modificato in base alle necessità. Volendo paragonare i ‘Dime’ a qualcosa che ci è più familiare, provate a immaginare delle accette giganti lanciatevi contro a folle velocità”. Sembra fantascienza, continua la docente genovese, ma sono armi reali che uccidono o lasciano con gravi disabilità chi viene colpito. Alcune immagini visionate dai ricercatori del ‘New weapons committee’ confermerebbero anche l’uso da parte di Israele di ordigni contenenti fosforo bianco: “Su questo non abbiamo ancora sufficienti testimonianze - aggiunge la Manduca - ma alcune immagini televisive ne dimostrerebbero l’impiego; contrariamente ai ‘Dime’, armi sperimentali per le quali non c’è ancora una posizione ufficiale della comunità internazionale anche se se ne auspica l’intervento quanto prima, l’uso del fosforo bianco in aree civili come Gaza è esplicitamente vietato da una convenzione di Ginevra perché causa la morte bruciando qualunque cosa contenga ossigeno come un corpo umano”. Per la Manduca, infine, i gas asfissianti che fonti giornalistiche riferiscono essere stati usati in alcune zone della Striscia sono probabilmente ‘gas Cs’, sorta di lacrimogeni più intensi che rendono l’aria completamente irrespirabile.[GB]


xoth
00domenica 18 gennaio 2009 16:30
sempre per la serie "notizie che non vanno in TV", da misna.org


STRISCIA DI GAZA
17/1/2009 11.30
ASSEMBLEA GENERALE SPECIALE: "TRADITA" LA CARTA DELL'ONU


“Ci incontriamo oggi nella più urgente, davvero la più disperata, delle circostanze…Noi qui nella sede delle Nazioni Unite siamo rimasti troppo passivi per troppo tempo, mentre la carneficina continua”: il presidente dell’Assemblea generale dell’Onu, Miguel D’Escoto Brockmann, ha aperto il suo intervento alla “X Sessione speciale d’emergenza sulle azioni illegali israeliane nella Gerusalemme Est occupata e nel resto dei Territori palestinesi occupati” convocata a New York su richiesta dei 118 stati membri del Movimento dei paesi non allineati. “Ogni giorno, si ricevono i messaggi provenienti da Gaza e da tutto il mondo che chiedono, anzi implorano, l’Onu di fermare la violenza, proteggere i civili e rispondere alle esigenze umanitarie… Se questo attacco a Gaza è una guerra, è una guerra contro una popolazione inerme, indifesa, imprigionata” ha detto D’Escoto; “La popolazione di Gaza è imprigionata – ha insistito - non possono partire, non possono correre, non hanno nessun posto dove nascondersi dagli attacchi aerei, dall’artiglieria o dagli attacchi navali”. In quanto potenza occupante, “Israele ha obblighi specifici ai sensi delle Convenzioni di Ginevra di proteggere la popolazione occupata. Invece di fornire protezione, come richiesto dal diritto internazionale, la potenza occupante nega a questa popolazione – che per l’80% sono già rifugiati e più della metà sono bambini - la possibilità di cercare e di trovare rifugio al riparo dalla guerra” ha continuato il presidente dell’Assemblea. “Gli attacchi con i razzi dei palestinesi contro le città israeliane sono illegali. Nessuno, non a Sderot o Ashkelon, non a Rafah e Beit Hanoun, dovrebbe vivere in una simile paura. E’ una terribile ironia – ha detto ancora D’Escoto – che questo attacco a Gaza, che Israele chiama la sua ‘guerra al terrore’, abbia portato finora alla morte di 13 israeliani, 10 di loro soldati, almeno quattro per cosiddetto ‘fuoco amico’. Una terribile ironia perché durante i cinque mesi del cessate-il-fuoco lo scorso anno, non un singolo israeliano è stato ucciso”. Ricordando le denunce di diverse organizzazioni israeliane contro le azioni del loro stesso governo contro la popolazione civile di Gaza, definite “un crimine contro l’umanità”, D’Escoto ha ricordato che “le violazioni del diritto internazionale inerente all’assalto a Gaza sono state ben documentate: punizione collettiva. Forza militare sproporzionata. Attacchi a obiettivi civili, tra cui case, moschee, università, scuole”. Riferendosi all’attacco aereo della scorsa settimana contro una scuola dell’Onu, con almeno 43 morti tra cui molti bambini, il presidente ha esottolineato anche “il fallimento dell’Onu” nel garantire la loro sicurezza. “Ma c'è ancora un'altra violazione, una in cui noi, come Nazioni Unite, siamo direttamente complici. Il blocco di Gaza, che ora è in corso da 19 mesi, è stato direttamente responsabile della diffusa crisi umanitaria a Gaza, anche prima che l'assalto israeliano in corso iniziasse. Questo blocco, imposto dalla potenza occupante, è in violazione dell'articolo 33 della Convenzione di Ginevra che vieta la punizione collettiva in qualsiasi circostanza. Ma è stato approvato, almeno tacitamente, da potenti parti raggruppate nel Quartetto, mettendo questa Organizzazione in un dubbio ruolo e in violazione dei nostri obblighi in base alla Carta (dell’Onu) e al diritto internazionale”. D’Escoto ha sottolineato ancora il ruolo particolare dell’Onu in seno al Quartetto e la necessità di “prendere nella dovuta considerazione il parere dei nostri stessi organi giudiziari” in merito alle violazioni del diritto internazionale da parte di Israele, citando ampi stralci di un rapporto del 2007 del Relatore Speciale per i diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati John Dugard. Ha quindi analizzato la risoluzione 1860 del Consiglio di sicurezza dell’8 gennaio concludendo che “non è riuscita né a portare a un cessate-il-fuoco né al libero accesso umanitario. Naturalmente – ha detto D’Escoto – non si è mai voluto davvero raggiungere questi obiettivi. Chiaramente non è colpa della maggioranza dei membri del Consiglio, è dovuto al fatto che ci sono stati alcuni in seno al Consiglio (e al di fuori di esso) decisi a tradire il loro dovere verso la nostra Carta. Invece di sostenere una forte, chiara, inequivocabile richiesta per un immediato cessate il fuoco, queste forze sono riuscite a bloccare una simile richiesta consentendo invece all'azione militare di continuare, quello che sembra essere stato piuttosto il loro obiettivo”. Il 4 gennaio, ha detto ancora il presidente del’Assemblea, “il ministro degli Esteri di Israele ha affermato chiaramente che «l'intensa attività diplomatica di questi ultimi giorni ha lo scopo di alleviare la pressione per un cessate il fuoco, e dare il tempo per continuare l'operazione militare». Vi esorto a esaminare attentamente le sue parole: era impegnata in attività diplomatiche non per giungere ad una rapida fine delle uccisioni, ma al contrario, «per alleviare la pressione» per raggiungere un cessate il fuoco. Questo può essere obiettivo del governo israeliano, ma di certo non è il mio. Né può essere l'obiettivo dell’Onu, non del Consiglio di sicurezza e dell'Assemblea Generale. Il nostro obiettivo non può che essere un cessate-il-fuoco immediato. Dobbiamo aumentare, non alleviare la pressione per ottenere il cessate-il-fuoco”. Finora, ha proseguito D’Escoto, la risoluzione è stata respinta sia da Israele che da Hamas; se il rifiuto di quest’ultimo “sembra essere principalmente basato sul fatto che la risoluzione non ha chiesto il sollevamento del blocco…anche se non dovrebbe essere una base per il rifiuto”, per Israele “il primo ministro ha respinto esplicitamente e in modo inequivocabile qualsiasi legittimità o l'autorità del Consiglio di Sicurezza, affermando che «lo Stato di Israele non ha mai accettato che qualsiasi organismo esterno a determinare il suo diritto a difendere la sicurezza dei suoi cittadini». Israele è uno stato membro delle Nazioni Unite; in quanto tale, non è obbligato ad accettare e attuare le decisioni del Consiglio di sicurezza?”. Avviandosi alla conclusione, il presidente dell’Assemblea ha ancora evidenziato che “tutti i seri sforzi per ottenere un immediato cessate il fuoco sono urgentemente necessari, e li sostengo tutti. Numerose agenzie delle Nazioni Unite, i nostri principali alleati tra le agenzie umanitarie internazionali, importanti difensori dei diritti umani in tutto il mondo, tutti chiedono un immediato cessate-il-fuoco incondizionato. Gruppi regionali e gli stati membri si stanno unendo alla richiesta di un immediato cessate-il-fuoco. Persone in tutto il mondo - in decine e centinaia di migliaia - continuano a occupare le strade, anche qui nel paese di accoglienza delle Nazioni Unite, come pure all'interno di Israele, a chiedere un immediato cessate-il-fuoco. Noi alle Nazioni Unite non possiamo fare di meno”. In quanto rappresentanza “di tutte le nazioni e i popoli del mondo” l’Assemblea generale “ha ancora un suo corrispondente obbligo individuale e collettivo…Non abbiamo tempo per lunghe, complicate risoluzioni, ricordando ogni precedente posizione e riesaminando ogni mandato disatteso. Questo – ha terminato - è il momento per una risposta d’emergenza”.
[CO]




STRISCIA DI GAZA
17/1/2009 10.30
L’INFORMAZIONE: SCHIACCIATA DALLA PROPAGANDA?

(15 Gennaio) “La stampa israeliana, con le dovute differenze, tende a dare risalto alle notizie dei razzi sparati sul Negev e alle sofferenze della popolazione nel sud del paese e a ridurre quelle provenienti dai territori palestinesi”: lo ha detto alla MISNA Yizhar Be’er, direttore esecutivo dell’organizzazione non governativa (ong) ‘Keshev’, che si occupa di monitorare la copertura della stampa israeliana sul conflitto in Medioriente. “Fin dal primo giorno dell’offensiva ‘piombo fuso’, i mezzi d'informazione israeliani hanno consolidato una tendenza già molto presente nell’opinione pubblica locale che è quella di ‘stringersi intorno alla bandiera’ – ha aggiunto l’ex giornalista – e perfino quotidiani generalmente critici nei confronti del governo hanno optato per cavalcare quest’ondata di patriottismo diffusa a discapito di una corretta ed equilibrata informazione. Non è un caso che mentre in tutto il mondo si parla di ‘guerra a Gaza’ in Israele molti telegiornali aprono con la notizia ‘guerra nel sud”’. A contribuire a questo stato di cose, secondo l’esperto intervengono diversi fattori, “primo fra tutti il fatto che ai giornalisti è stato vietato l’ingresso a Gaza, con la diretta conseguenza che la fonte principale sul conflitto, almeno per i media israeliani, è il portavoce dell’esercito”. In numerosi servizi trasmessi dalla tv di stato “episodi come quello del bombardamento della scuola dell’Unrwa a Gaza City sono stati riferiti dal portavoce militare senza fornire una versione alternativa, che presentasse le critiche mosse da attivisti internazionali e testimoni oculari” spiega Be’er. E aggiunge: “Anche gli israeliani sono vittime di questa guerra che sta mettendo a dura prova il nostro sistema democratico”. Inoltre, minimizzando le voci dei dissenzienti, che pure ci sono ma vengono spesso ignorati, la stampa cerca di avallare “la sensazione che Israele sia una vittima, circondata da nemici”. Per Yizhar Be’er “se nella guerra in Libano furono proprio i quotidiani a svelare le gravi colpe e gli errori dell’amministrazione Olmert, questa volta tutti i politici sembrano trarre vantaggio dal conflitto in corso; abbiamo perso tutti, la democrazia, i politici, l’informazione”. (Intervista a cura di AdL)




STRISCIA DI GAZA
18/1/2009 13.30
(Notizie del giorno) CON LA TREGUA AUMENTA IL NUMERO DELLE VITTIME

Sembra destinato ad aumentare notevolmente e rapidamente il numero di morti provocati da tre settimane di offensiva israeliana sulla Striscia di Gaza. La tregua, dichiarata nella notte e già violata da una serie di episodi, ha comunque garantito una calma relativa (soprattutto se paragonata all’inferno dei giorni scorsi) che ha permesso a soccorritori e famiglie di tornare in zone della città abbandonate, portando così alla scoperta di numerosi cadaveri. Secondo un primo bilancio parziale, nelle prime ore della giornata di oggi almeno 95 cadaveri sono stati estratti dalle macerie degli edifici colpiti, portando a circa 1300 il numero dei morti di tre settimane di operazioni militari israeliane. L’agenzia palestinese ‘Maan’, citando il servizio ambulanze di Gaza, precisa che tra le vittime ‘scoperte’ ci sono molte donne e bambini che si trovavano in casa durante i combattimenti e che molti cadaveri si presentano in avanzato stato di decomposizione. Sul fronte militare vanno registrate le azioni compiute dall’esercito israeliano - tanto in alcune zone di Gaza città, quanto nel nord e nel sud della Striscia e che hanno provocato la morte di almeno un palestinese (un contadino) e il ferimento di un numero ancora imprecisato – che, secondo media internazionali, ha compiuto almeno un’incursione aerea e il lancio di razzi da parte di gruppi armati palestinesi verso il territorio israeliano. Lanci che non hanno avuto alcuna conseguenza di rilievo. Tuttavia, anche fonti palestinesi confermano che durante la notte sono cessate le operazioni militari maggiori condotte nei giorni scorsi e che in alcune zone i militari israeliani si sono ritirati dai centri abitati. L’agenzia palestinese Maan sottolinea comunque come truppe israeliane siano ancora presenti tutt’intorno a Gaza città e in altre zone chiave della Striscia, mantenendo quella divisione territoriale in tre aree diverse attuata dopo l’invasione di terra. Hamas ha già annunciato che la resistenza continuerà finchè i soldati israeliani non si saranno ritirati da Gaza, ma, secondo fonti giornalistiche occidentali, avrebbe comunque acconsentito a una tregua di una settimana per dare tempo agli israeliani di ritirarsi. Ieri, anche il segretario generale delle Nazioni Unite aveva chiesto che alla tregua seguisse il ritiro delle forze israeliane. [MZ]

xoth
00martedì 20 gennaio 2009 23:48
Aggiornamento, da misna.org



STRISCIA DI GAZA
20/1/2009 19.22
PRIMI BILANCI DI UN “TERREMOTO“... IN ATTESA DELLA GIUSTIZIA

“Sembra che la Striscia di Gaza sia stata colpita da un gigantesco terremoto. Interi quartieri sono ormai irriconoscibili. Alcune case sono state completamente abbattute, altre stanno ancora su ma sono così gravemente danneggiate dai bombardamenti che risultano inagibili. Le strade sono state completamente distrutte, rendendo di fatto impossibile la circolazione dei veicoli. Amici e vicini che non si vedevano da settimane gioiscono nel ritrovarsi ancora vivi. Mentre altri cercano fra l’immondizia o le macerie degli edifici utensili e beni di prima necessità ancora utilizzabili”: è il quadro fornito dal Comitato Internazionale della Croce Rossa (Icrc/Cric) dopo 72 ore di operazioni in varie zone della Striscia di Gaza per identificare i bisogni principali della popolazione al termine di tre settimane di violenti bombardamenti dal cielo, dal mare e da terra che hanno provocato oltre 1300 morti e più di 5500 feriti, tra cui moltissimi mutilati. “Abbiamo visto i corpi di due vecchie donne estratti dalle macerie e portate via su un carretto trainato da un asino dai familiari” dice Iyad Nasr, portavoce locale dell’Icrc, spiegando che le cifre sul numero di vittime a Gaza sono più che altro stime dal momento che, dalla fine dell’offensiva, in molti hanno dato sepoltura ai corpi dei propri cari (ritrovati sotto le macerie) il prima possibile come stabilito dai precetti religiosi, ma escludendoli da qualsiasi conteggio. Il quadro del Cicr trova conferma negli scenari che, col passare delle ore, anche le altre organizzazioni umanitarie attive a Gaza stanno dipingendo. Uno scenario di morte e distruzione totale. Anche l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati palestinesi, ha usato oggi la metafora del terremoto per descrivere la condizione in cui versa Gaza, prima di lanciare un appello d’emergenza in cui si chiedono 330 milioni di dollari. Una somma, spiegano i funzionari dell’ufficio Onu, che servirà ‘solo’ a ripristinare le strutture dell’agenzia, dal momento che per ricostruire Gaza ne serviranno molti, molti di più. Diplomatici occidentali citati dalla stampa internazionale hanno parlato per ora di almeno un miliardo e 600 milioni di dollari necessari per ricostruire le infrastrutture di base (strade, ponti e sistema idrico) e alcuni dei 22.000 edifici che, secondo un bilancio palestinese, sono stati danneggiati dall’offensiva israeliana. (continua)[MZ]

Secondo l’Icrc sono almeno 60.000 i palestinesi rimasti (letteralmente) senza nulla, dopo che i bombardamenti israeliani hanno distrutto le loro abitazioni e tutto quello che contenevano. “Un uomo anziano si è avvicinato a me, mentre stavo valutando i danni nel suo quartiere, e mi ha detto che tutto quello per cui aveva lavorato una vita intera, tutto quello che aveva ottenuto, il suo orto di olivi, limoni e alberi di palma, era andato distrutto. Tutto. Poi è scoppiato a piangere. È rimasto, solo, di fronte a me a piangere a lungo” racconta il funzionario della Croce Rossa Iyad Nasr, di ritorno da uno dei tanti sopralluoghi di questi giorni. Le agenzie umanitarie hanno chiesto l’invio immediato di materassi, lenzuola, oggetti per la cucina e teli di plastica per aiutare nell’immediato le migliaia di persone che hanno perso tutto. E mentre gli esperti spiegano che il quadro di distruzione attuale è “temporaneo” e che ci vorrà ancora una settimana per avere un quadro più completo dei danni, il Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, oggi in visita a Gaza, ha ribadito le responsabilità legali dell’esercito israeliano. Secondo le dichiarazioni riportate dalle agenzie di stampa internazionali, Ban ha sottolineato che le persone responsabili dei bombardamenti israeliani che hanno colpito le strutture dell’Onu a Gaza “dovranno rendere conto davanti alla giustizia” delle loro azioni. “Ci dovrà essere un’inchiesta approfondita, una spiegazione completa per assicurarsi che quanto accaduto non si ripeta mai più” ha aggiunto Ban, nei pressi delle macerie (“ancora fumanti” scrive l’agenzia francese ‘Afp’ in una sua testimonianza) di un deposito dell’Onu, prima di definire “attacchi scandalosi e totalmente inaccettabili” quelli dell’esercito israeliano, accusato di aver usato una “forza eccessiva”. Ban, che si era anche recato a Sderot, una delle località del sud di Israele maggiormente colpita dal lancio di razzi artigianali da parte dei movimenti di resistenza palestinese, ha definito “totalmente inaccettabili” i razzi sparati contro obiettivi civili israeliani. Anche otto organizzazioni israeliane per la difesa dei diritti umani hanno condannato i lanci di razzi contro Israele, definendoli “una grave violazione del diritti internazionale”, ma hanno poi aggiunto che “questo non autorizza Israele a fare la stessa cosa”. In una nota diffusa oggi, le organizzazioni (tra cui spiccano B’tselem, medici per i diritti umani, Yesh Din e il Comitato pubblico contro la tortura) hanno presentato una richiesta formale alla Procura generale perché apra un’inchiesta sulla condotta dell’esercito israeliano a Gaza. Nella nota le ong citano il numero “terrificante” di morti civili, un numero che alimenta il dubbio “che l’esercito israeliano abbia ignorato le regole di guerra”; per questo, chiedono l’apertura di un’immediata “inchiesta indipendente”.[MZ]


titoit
00venerdì 30 novembre 2012 19:24
Riprendo questo topic perché mentre noi italiani siamo sempre più impegnati con le nostre beghe di palazzo e i discorsi su spread, spending review, ecc. in Medio Oriente si registrano ripetutamente avvenimenti storici.
C'è stata la fulminea operazione Pilastro di difesa di Israele contro i razzi sparati da Gaza che pur nella sua brevità ha confermato la tragedia di questa terra.
Ma soprattutto ieri la Palestina è stata ufficialmente riconosciuta come Stato osservatore all'ONU.
Al di là dei toni trionfalistici e della necessità di considerare Abu Mazen come interlocutore per la pace, tuttavia non è certo così semplice la via verso la pace.
E non certo, a mio parere, solo per colpa di Israele.
Come la mettiamo con Gaza? Ci saranno due Stati palestinesi? Hamas accetterà di farsi da parte, forte degli alleati egiziani e turchi? E all'interno di Gaza come andrà la guerra sotterranea tra sciiti filoiraniani e sunniti?
Poi Israele. La questione della centralità della sicurezza di Israele la vogliamo considerare?
xoth
00venerdì 30 novembre 2012 21:07
Il "problema" (se la democrazia puo' essere considerata tale) e' che, come mostrato nelle ultime elezioni palestinesi (considerate valide da tutti gli osservatori itnernazionali), il braccio politico di Hamas tra i plaestinesi ha probabilmente piu' vantaggio di quello del gruppo di Abu Mazen. Del resto e' il motivo per cui Abu Mazen sta unilateralmente prolungato la sua carica di presidente (che sarebbe scaduta nel 2009).

I motivi sono molti, dalle accuse di corruzione per i membri di Al-fatah (o come si scrive), ai finanziamenti che riceve Hamas da stati "amici" e che gli permettono di gestire ospedali e scuole che altrimenti non esisterebbero (i quali hanno ovviamente un forte effetto propagandistico sulla popolazione), all'impossibilità da parte di Al-fatah di bloccare la continua espansione di insediamenti israeliani in Cisgiordania (vista anche la totale mancanza di appoggio diplomatico in tal senso da parte dei paesi occidentali che ufficialmente sarebbero schierati pro Al-fatah e contro Hammas) che gli fa perdere credibilità agli occhi della popolazione, ecc...

Vedremo comunque ora la reazione di USA e Israele.
ralco
00venerdì 30 novembre 2012 21:39
Re:
titoit, 30/11/2012 19:24:

Poi Israele. La questione della centralità della sicurezza di Israele la vogliamo considerare?


Certo, consideriamola, ma quella dei Palestinesi, oggetto di un progetto di progressiva e violenza costrizione in subalternità, per non dire di peggio, indegno di un popolo che in passato ha subito qualcosa di tragicamente analogo, questa sicurezza non la vogliamo considerare?
Io son molto contento di questo pur picclissimo passo simbolico, e sono molto contento che Israeliani e loro sponsors , USA in testa, siano stati sconfitti in questo piccolo passo.
Trammax
00sabato 1 dicembre 2012 13:15
La reazione di Israele non si è fatta attendere: è stata annunciata la costruzione di tremila nuovi alloggi in Cisgiordania. [SM=g27996]

Poi questi stronzi (spalleggiati incondizionatamente per troppi anni) fanno le vittime tirando fuori le prevedibili accuse di antisemitismo....
titoit
00sabato 1 dicembre 2012 17:23
Ingiustificato e molto propagandistico é questo nuovo programma di insediamenti.
Peró invece di star sempre a guardare Israele che mi dite delle due entitá palestinesi?
Pensate che Hamas accetterá di sottomettersi al nuovo Stato osservatore?

@Max l'antisemitismo in Europa c'é eccome e unisce destra e sinistra estrema.
Infatti qualke g fa ci son state scritte ígnobili al Tempio di via Assarotti e pochi ne han parlato
(ispettore)
00sabato 1 dicembre 2012 22:53
Opinioni
Non sono un sociologo, anzi, non ho mai brillato nelle materie umanistiche, però credo di poter dire che la preoccupazione israeliana verte sul fatto che il futuro Stato palestinese indipendente possa diventare una base avanzata di nemici militarmente potenti che avrebbero, a questo punto, una posizione molto solida per confrontarsi militarmente con l'IDF. Una situazione simile si è già verificata nel 1967 quando il fronte arrivò pericolosamente vicino alla rottura contro nemici numerosi e dotati di armi, per l'epoca, moderne.
Se è vero come sembra che Hamas sia divisa in un'ala sempre vicina ai Fratelli Musulmani ed un'altra sponsorizzata dall'Iran, è possibile che si arrivi ad una rottura, e che si combattano fra loro. E'anche possibile che Israele favorisca una tale evoluzione con l'impiego di armi a guida precisa contro i leader carismatici di Hamas che potrebbero tenere unito il movimento
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