De re coquinaria - Apicio

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sole281
00venerdì 29 settembre 2006 07:00
“Che ne è stato della nostra Roma, ove si impone ai filosofi di lasciare la città perché sospettati di corrompere i giovani, proprio mentre questo Apicio ha trasformato in professione la scienza culinaria ed ha corrotto con la sua dottrina un’intera epoca?” Così il filosofo Seneca apostrofa Marco Gavio Apicio. Ricco patrizio, gaudente, raffinato gastronomo e maestro di arti culinarie, visse nel I° sec.d.C.(?) nella Roma dell’Età imperiale. Divenne ben presto modello di stravaganze e lussi per i ceti sociali elevati dell’antica Roma e bersaglio ideale per gli intellettuali. I giovani romani, anziché frequentare le lezioni di filosofi e rétori, facevano a gara per essere ammessi alle scuole di cucina.
“Essi stavano a guardare con occhi infuocati e bocca spalancata, lanciando violente grida di gioia in mezzo al borbottio ed al ribollire delle salse che gorgogliavano sul fuoco” (Clemente Alessandrino).
Eccovi due lapidarie testimonianze su Apicio.
Plinio - “il suo metodo di ingrassare i maiali con i fichi secchi e di far loro bere piccole quantità di mosto dolce prima di macellarli, avendo il fine di ricavarne un fegato particolarmente saporito, lo fa ritenere.. il più grande scialacquatore di tutti i tempi…”
Seneca - “merita di essere citata la sua fine. Dopo aver speso per la cucina cento milioni di sesterzi, dopo aver dilapidato in gozzoviglie tanti regali dell’imperatore Tiberio, arrivò un momento in cui fu costretto a fare il bilancio dei suoi averi. Dai conteggi risultò che non gli erano rimasti che dieci milioni di sesterzi. E così, come se con il suo patrimonio residuo, si vedesse costretto a vivere nelle fame più nera, decise di porre fine alla propria vita con il veleno!”
Se della vita di Apicio si hanno poche e maldicenti notizie, qualcuno pensa che con il termine "Apicio" non si identifichi una sola persona ma tre vissute in epoche diverse, sicuramente questo nome è stato reso immortale dall’opera a lui dedicata, un classico della letteratura gastronomica: “de re coquinaria”. Composto da dieci volumi, con circa 500 ricette originali, è stato sottoposto a continui rifacimenti, passando attraverso le ripetute trascrizioni eseguite dai monaci di numerosi conventi Europei.


sole281
00venerdì 29 settembre 2006 07:01
Aliter ficatum di Apicio - Archeologia gastronomica
l “de re coquinaria” di Apicio è una raccolta di preparazioni gastronomiche, che avendo perso mano a mano il gusto dell’eccesso della Roma imperiale, si possono apprezzare ancora oggi. Vogliamo perciò consigliarvi fra le tante prelibatezza, il fegato cotto alla brace, perché Apicio, ingrassando i maiali o altri animali con i fichi, influenzò così tanto i costumi della sua epoca che il termine usato per chiamare il fegato “iecur” si trasformo in “ficatum”.
Ingredienti
Fegato di maiale – aceto – pepe – sedano – bacche di alloro – sale – pepe –budelli di maiale (o rete)
Preparazione
Tagliare a pezzetti del fegato e metterlo in una marinata composta di aceto, pepe macinato, sedano tritato e bacche di alloro.
Passato del tempo, ritirare i pezzi di fegato dalla marinata, salarli, peparli, e riempirci dei piccoli budelli, avendo cura di legarli bene.
Preparare una griglia unta e rovente ed arrostirci l’aliter ficatum.
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