Il caso della Innse presse a Milano
E' in cronaca di questi giorni la triste vicenda di questa azienda i cui operai, per opporsi allo smantellamento dei macchinari e tentare di salvare il posto di lavoro e, al tempo stesso, un'impresa che sembrava offrire ancora remuneratività, ma non quanta ne avrebbe assicurato la cessione dei macchinari e delle aree, stanno presidiando per protesta un carroponte dello stabilimento.
Mi è venuto in mente qualcosa di analogo accaduto anche da noi a Genova con Fiumara e Campi, aree dove si costruivano turbine e macchine elettriche, occupando migliaia di persone, riconvertite non tanto ad imprese new-tech, quanto, con qualche eccezione, a centri commerciali, ludici, residenziali.
E questa, per me, è la vera speculazione che bisogna combattere, non tanto quella del Lido, dove bagni c'erano e bagni ci saranno, si spera pure meglio inseriti nell'ambiente:
distruggere, invece che far evolvere ed ammodernare, se non più adeguate al territorio, imprese, occupazione e produzione di valore.
O vogliamo che questa città diventi sempre più a misura di pensionato, con voi ragazzi che dovrete andarvi a cercare lavoro fuori?
Vi incollo un commento da Repubblica web, attendendo i vostri, se vi va.
Il tramonto dei padroni
Gli imprenditori milanesi non vogliono mettersi più in gioco e alla produzione preferiscono la rendita immobiliare
di Giorgio Lonardi
Gli operai davanti ai cancelliA volte hai la sensazione che questa città voglia rimuovere il suo passato. E che le fabbriche siano considerate qualcosa di indecoroso, di «sporco», da rimpiazzare al più presto con schiere di vezzose palazzine o un centro commerciale. Eppure sono le mani degli operai e il cervello fino dei «padroni veri», ad aver fatto ricca Milano. Fabbriche come la l’Innse Presse, nata nel 1973 da una costola del gruppo creato dal genio di Ferdinando Innocenti, quello della Mini e della Lambretta.
Acqua passata? Mica tanto. Anche perché se questa città e se questa regione si illudono di uscire dalla crisi solo grazie ai servizi e al mattone fanno un errore grossolano. Che ne dice sindaco Moratti? Che ne direbbe suo suocero Angelo di questa Milano che assiste impotente alla chiusura delle sue fabbriche senza muovere un dito?
La Lombardia e il Nord potranno tirarsi su solo se sapranno rilanciare i loro stabilimenti. E se saranno in grado di esprimere una classe dirigente fatta da padroni veri e non da managerini buoni solo a perdere i soldi al Monopoli della finanza. E qui sta il punto: che padrone è un signore che acquista uno stabilimento per 700 mila euro e poi rivende una parte dei macchinari per 2,5 milioni?
Sicuramente Silvano Genta è un «padrone astuto», uno che sa fare i suoi interessi con abilità e determinazione. Ma ci vorrebbe una bella dose di fantasia per definirlo un «padrone vero» capace di rischiare, di mettersi in gioco, di cercare nuovi mercati e nuove occasioni per i suoi prodotti e per la gente che lavora per lui. Certo, c’è il diritto di proprietà. E Genta è il proprietario della fabbrica.
Così come l’Aedes è la società proprietaria dell’area di Lambrate che, si sa, è vasta e appetibile. La tentazione di stendere l’e nnesima coperta di cemento su un pezzo di periferia che è già un’a rea semicentrale appare irresistibile. Eppure anche il diritto di proprietà, quando c’è in gioco il bene comune, l’interesse della collettività, dovrebbe subire delle restrizioni. Bene ha fatto la Regione ad impegnarsi per trovare una soluzione alternativa per una fabbrica che aveva 6 mesi di commesse su cui lavorare, ottime maestranze e un bel nome da difendere.
Comunque non basta: presidente Formigoni si faccia sentire, cerchi in giro un «padrone vero», come quelli di una volta. Qui non si tratta solo del destino di 49 famiglie ma di affermare il principio del bene comune di fronte ad una gestione quantomeno miope ed egoistica da parte del privato. Gli spazi di mediazione (anche con l’Aedes) potrebbero essere ritagliati. Oppure vogliamo rassegnarci alla chiusura dello stabilimento, alla speculazione sui macchinari, alla cancellazione delle ultime fabbriche dal panorama urbano e alla rottamazione con loro degli operai rimasti in questa città? (05 agosto 2009)