Intervista al Boss della SIAE

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Sabagod
00mercoledì 14 marzo 2007 21:12
Siae: una tassa anche su Internet?
Ipotesi lanciata dal presidente Assumma

di Bruno Ruffilli

dalla "Stampa"

«Chiamare tassa l'equo compenso è un errore gravissimo». Per Giorgio Assumma, avvocato e presidente della Siae (Società Italiana Autori ed Editori), è prima di tutto una questione terminologica. Dal 2003 è operativa anche in Italia una direttiva europea che prevede l'applicazione di un sovrapprezzo su cd, dvd e cassette vergini per compensare il mancato guadagno di autori ed editori, i cui introiti sono erosi dalla copia privata.

Ma almeno il 60 per cento dei negozianti non sarebbe in regola, tanto che il prezzo al pubblico è spesso inferiore allo stesso equo compenso (29 centesimi di euro per un cd e 58 centesimi per un dvd, più iva). Così, nell'intervista rilasciata la scorsa settimana a Tuttosoldi, il presidente dell'Associazione Italiana Supporti Multimediali Mario Pissetti indicava proprio questa illegalità come uno dei motivi che hanno portato al declino dell'industria dei supporti ottici e magnetici in Italia. Assumma replica: «È un'interpretazione non ritenuta valida in nessuno dei Paesi europei dove l'equo compenso esiste ed è applicato, come Austria, Francia e Spagna».

E i controlli?
«All'interno della Siae opera una task force deputata proprio a effettuare ispezioni e rilevare illeciti, ma fornire dati precisi sull'evasione dell'equo compenso è impossibile. Finora, tuttavia, un migliaio di operazioni hanno portato a 40 azioni legali e oltre 10 mila cancellazioni di aste online. Una cosa è certa: i controlli ci sono anche perché siamo arrivati in ritardo rispetto ad altri Paesi dove l'equo compenso esiste da molti anni, e abbiamo tutto l'interesse a recuperare il tempo e i guadagni perduti.».

A chi va il denaro raccolto?
«Il criterio è chiaro e indicato sul nostro sito web: va agli iscritti della Siae».

Che nel 2005 ha incassato poco meno di 73 milioni di euro dall'equo compenso per la copia privata, quasi come teatro e cinema insieme...
«Quello dei supporti è un mercato di dimensioni notevoli, e il nostro incasso è paragonabile a quello degli organismi analoghi in tutta Europa».

Secondo lei è giusto pagare anche per copiare su cd e dvd foto di famiglia o archivi personali, che non sono tutelati dalla Siae?
«Nessuno è riuscito a proporci un sistema valido per differenziare i vari usi del supporto, così la legge applica un criterio che apparentemente presenta discrasie ingiustificate, ma è inevitabile. Se fosse possibile individuarne un altro, io stesso sarei contento di non pagare l'equo compenso per registrare i miei testi o il mio archivio su cd e dvd. D'altra parte, nella determinazione dell'importo si è già tenuto conto di chi non usa questi supporti per copiare opere altrui, altrimenti l'incidenza sarebbe maggiore».

Come mai l'equo compenso non si applica sulle chiavette Usb e sugli hard disk?
«Al momento la legge non lo prevede, ma è una possibilità che stiamo valutando».

Oggì chi acquista un brano su internet o su disco versa alla Siae un compenso, poi un altro se vuole copiarlo su cassetta o masterizzarlo su cd, in futuro anche se vorrà trasferirlo su una scheda di memoria o su un hard disk esterno. Le pare normale?
«Il diritto d'autore non è uno solo, ma tanti: leggere, riprodurre, circolare, prestare, dare in noleggio e altri. Non si paga più volte, si pagano più autorizzazioni diverse».

Ma chi compra una canzone per uso privato non vuole trasmetterla per radio, gli basta poterla ascoltare su tuttì gii apparecchi che possiede, è il principìo dì interoperabilità...
«Sono usi differenti, e per ognuno si versa un corrispettivo».

Pensa che questa struttura così complessa abbia ancora senso? Non sarebbe meglio pagare una volta per tutte?
«Il legislatore si adegua ad uno stato di fatto. Nell'era di internet esistono mezzi tecnici per impedire il download illegale di materiale protetto da copyright? Allora cerchiamoli e legittimiamoli. Non ci sono? Allora troviamo un metodo che garantisca la riscossione dei diritti. Come Siae non siamo arroccati su posizioni di retroguardia, anzi ci impegniamo a trovare soluzioni nuove, ma le legge ci impone di difendere i diritti d'autore ed è questo che vogliono gli oltre 80 mila iscritti che rappresentiamo. I fortunati che hanno incassi rilevanti sono pochissimi, noi dobbiamo pensare soprattutto gli altri».

Attualmente chi segue la via della legalità trova una serie di paletti tecnologici (cd audio non duplicabili, canzoni acquistate online che si possono ascoltare solo su alcuni lettori), mentre Mp3 illegali e cd pirata sono perfettamente compatibili con tutti gli apparecchi. Bizzarro, non trova?
«Se lei ha un impresa e non paga i contributi avrà i bilanci in attivo, mentre se è in regola, magari fallisce. È questo il punto: si ricorre all'illegalità per sfuggire ai balzelli della legge».

Intanto il download illegale non diminuisce...
«Ci tengo a precisare che è un reato a tutti gli effetti, anche con riferimento alla sentenza dello scorso gennaio sui ragazzi torinesi che avevano un server privato sui computer dell'università. In quel caso è stata applicata la norma vigente all'epoca dei fatti, con le leggi attuali sarebbe andata diversamente».

Passiamo al diritto d'autore. Come mai si estende per 70 anni dopo la morte dell'autore stesso?
«In tutte le normative ispirate a quella francese, il diritto si protrae sempre oltre la morte dell'autore. Un po' perché a volte le opere composte in vita non hanno successo, e quindi si dà loro una seconda possibilità, un po' perché la consapevolezza di poter lasciare un reddito agli eredi spinge gli autori ad un maggiore sforzo creativo».

Cosa pensa della proposta di tassare anche gli abbonamenti a internet, partendo dal presupposto che sul web viaggiano comunque materiali protetti da copyright?
«Ci stiamo studiando, la nostra vocazione è far pagare più soldi possibile, siamo valutando tutti i mezzi per incassare di più, ma dobbiamo anche pensare alla cultura, quindi vogliamo lasciare degli spazi di movimento. D'altronde è proprio del nostro diritto prevedere delle libere utilizzazioni: è possibile ad esempio riprodurre una poesia in un'antologia senza permessi, o utilizzare spezzoni di film, entro certi limiti».

Fa bene a non parlare della musica...
«Certo, lì il discorso è un po' più complesso».



rabbrividisco.
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