L'osteria e i piaceri per l'anima

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sole281
00domenica 10 settembre 2006 12:45
Nelle osterie del Rinascimento il pasto aveva una testa ed una coda, cioè oltre alle portate principali anche antipasti e dessert. Fra i grandi personaggi storici, che compresero e sfruttarono le osterie come luogo e mezzo di comunicazione con le classi più umili, c’era anche Lorenzo il Magnifico , il quale, pur essendo padrone assoluto di Firenze le visitava per crearsi una “immagine “ d’uomo semplice e democratico.
Nell’800 le osterie erano ancora ben frequentate, le migliori avevano salette eleganti ed appartate per nobili e borghesi, mentre i caffè fioriti nel secolo precedente, diventarono luogo di incontro per artisti, intellettuali e politici. Illustri viaggiatori del tempo, da Stendhal a Goethe, hanno esaltato e lodato l’osteria, “il luogo ove odori, sapori, suoni e umori si condensano, trasformandosi in piaceri per l’anima.”
sole281
00domenica 10 settembre 2006 12:47
Lorenzo il Magnifico: li cialdoni - storia della gastronomia
Alto e robusto, viso magro e incavato, naso camuso, grandi occhi rotondi, mascella inferiore pronunciata, colorito olivastro, lunghi capelli neri; voce aspra ma gradevole, segni particolari: miope e privo d’olfatto.
Questa descrizione, che sembra calzare a pennello ad un plebeo del tutto mancante di bellezza, corrisponde all’aspetto di uno degli uomini più intelligenti della storia: Lorenzo de’ Medici.
Ricevuta un’educazione eccellente dai migliori maestri, conosceva il greco e il latino, scriveva in italiano volgare e aveva senso poetico. Pur dotato di una personalità fortissima ascoltava i consigli, perché era un modo per arricchire il proprio cervello con quello altrui. Il Magnifico si circondò di una vera e propria corte di letterati, poeti, pittori e artisti che fecero di Firenze uno dei centri più creativi d’Europa.
Padrone assoluto della città, nella vita di tutti i giorni aveva fama d’uomo semplice, amava il canto (era stonato), cedeva il marciapiede alle persone più anziane, e frequentava le osterie per incontrare le classi umili dei suoi fiorentini.
Invece, quando Lorenzo rivestiva i panni del Principe, per ospitare qualche illustre personaggio, organizzava splendide feste dove il cibo la faceva da padrone.
Sulla sua tavola trionfavano carni di vitello, maiale, capretto e selvaggina, cotte arrosto ma anche "allesso", innaffiate con ottimo Chianti e arricchite da verdure e dolci.
Il Magnifico ha immortalato in questi versi una sua filosofia di vita: "Chi vuol esser lieto sia, di doman non v'è certezza...".


Pare che Lorenzo dé Medici fosse anche un buon gastronomo, tanto che nel suo Canto de' Cialdonai insegna a fare i cialdoni.
«Metti nel vaso acqua e farina, quando hai menato, poi vi si getta quel ch'è dolce e bianco zucchero: fatto l'intriso, poi col dito assaggia, se ti par buono ponilo in ferri scaldati e al fuoco ponili … quando senti frigger, tieni i ferri stretti.
Quando ti par sia fatto abbastanza, apri le forme e cavane è cialdoni… e 'n panno bianco li riponi».
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