PALESTINA
Le tribù semitiche che hanno generato Israele vivevano circondate da potenti società asiatiche cui sono sempre state sottomesse. Da questi ingombranti vicini hanno ripreso il quadro concettuale delle proprie leggende nazionali (non a caso Abramo è Caldeo, Mosè è egiziano, così come i miti della Genesi vengono dalla Mesopotamia, il monoteismo viene dall'Egitto e così via). In una situazione di disperante subordinazione, la cultura ebraica si viene forgiando come una cultura chiusa, in cui giocano un ruolo centrale il riscatto nazionale e l'unità di fronte all'oppressore.
Sebbene la nascita dello Stato porti a una violenta guerra civile, descritta con crudezza nell'Esodo, questo conflitto sociale perde presto il suo significato di fronte alle nuove invasioni della Palestina. Come di fronte alle precedenti invasioni o deportazioni, si sviluppano correnti messianiche che legano la possibilità di riscatto nazionale alla venuta di un salvatore attorno cui tutto il popolo ebraico si sarebbe raccolto in battaglia.
Queste dottrine escatologiche si strutturavano in formazioni combattenti che si scontravano con gli eserciti invasori seguendo le indicazioni di un leader, di solito capo religioso e profeta. Così, già molto prima dell'arrivo dei romani, gli ebrei avevano prodotto sette messianico-guerrigliere. Verso la fine del regno dei Seleucidi (nel II sec. a.C.), di cui Israele era vassallo, si sviluppò una setta messianico-guerrigliera (gli Assidei), il cui testo sacro (il libro del profeta Daniele, scritto attorno al 165 a.C.) profetizzava la venuta del Messia e incitava alla lotta per la liberazione di Israele.
Le condizioni di oppressione e il fatto che questo movimento fosse legato alle fasce più povere del popolo ebraico conferivano un carattere democratico e rivoluzionario alle loro credenze, come si evince dal loro libro sacro. La setta incontrò un successo crescente, finché, guidata da Giuda Maccabeo, fu in grado di affrontare in campo aperto le truppe siriane, sconfiggerle e liberare Gerusalemme e tutta la Giudea. Ma la libertà si dimostrò di breve durata. Ben presto giunse un nemico assai più temibile: Roma.
Le lotte che insanguinavano la Palestina produssero una differenziazione politica nella società ebraica. Giuseppe Flavio ci descrive bene questo processo parlando di tre correnti in cui si divideva all'epoca il popolo ebraico: farisei, sadducei ed esseni, a cui, come vedremo, si aggiunsero poi gli zeloti.
I sadducei rappresentavano la nobiltà terriera e clericale. I farisei rappresentavano il "terzo stato", ovvero il popolo non ancora distinto nella sua struttura sociale e ideologica. In tempi normali, i sadducei dirigevano la società e i farisei costituivano la naturale opposizione popolare al potere. Ma di tempi normali in quei secoli ce ne furono pochi.
Gli esseni nacquero come setta separata attorno al 150 a.C. e proseguirono il loro insegnamento fino alla distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. Dopo, non se ne seppe più nulla, segno che i monaci avevano lasciato il posto ai guerrieri. La comunità essena era un elemento di completa rottura nell'atmosfera di continui e sanguinosi conflitti che agitavano la Palestina dell'epoca. La loro ideologia di rifiuto dell'oppressione, ma anche della battaglia aperta, può considerarsi come un riflesso delle sconfitte subìte dai movimenti anti-romani.
Di fronte all'oppressione dei legionari, gli esseni si ritirarono dalle città e crearono una o più comunità con tratti che ricordano il villaggio rurale tipico del modo di produzione asiatico, basato su una struttura sociale gentilizia. Le testimonianze che abbiamo sulla loro vita sono di un rigoroso comunismo basato sulla proprietà comune dei mezzi di produzione e di consumo.
Filone racconta che non solo il cibo ma anche i vestiti erano in comune e usa un'espressione felicissima: "quello che uno possiede tutti lo considerano loro, quello che tutti possiedono ognuno lo considera proprio". Gli esseni rifiutavano la schiavitù e vivevano della terra e di artigianato. Gli era vietata la produzione di oggetti di lusso e di armi, così come il commercio. Filone ci descrive la loro comunità in questi termini:
"Prima di tutto non v'è alcuna casa che sia di proprietà di una persona: ogni casa è di tutti. Giacché oltre al fatto che abitano insieme in confraternite, la loro casa è aperta a tutti i visitatori, da qualsiasi parte giungano, che condividono le loro convinzioni. In secondo luogo, hanno un'unica cassa per tutti e le spese sono comuni: in comune sono i vestiti, in comune è preso il vitto, avendo essi adottato l'uso dei pasti in comune.
Una maggiore realizzazione dello stesso tetto, dello stesso genere di vita e della stessa mensa invano la si cercherebbe altrove. Giacché tutto ciò che ricevono come salario giornaliero del lavoro non lo conservano in proprio, ma lo depongono nel fondo comune, affinché sia impiegato a beneficio di tutti quanti desiderano servirsene. Non sono trascurati i malati per il fatto che non possono produrre nulla. Infatti, quanto occorre per curarli è a loro disposizione grazie ai fondi comuni e non temono di fare larghe spese attingendo a ricchezze sicure. I vecchi sono circondati di rispetto e cure come genitori assistiti nella loro vecchiaia da veri figli con larghezza generosa, aiutandoli con innumerevoli mani e circondandoli di premurosa attenzione..."[5].
Questa descrizione può essere paragonata solo ad una società socialista realizzata, e lega idealmente il passato dell'uomo, nel comunismo tribale, al suo futuro, basato sul socialismo scientifico. Ovviamente, mancando il livello di sviluppo economico e sociale sufficiente, il comunismo esseno presentava diversi punti deboli e, in ultima analisi, non superava le comunità rurali di stampo asiatico. Allo stesso modo, faceva parte dell'ideologia essena l'odio per la famiglia patriarcale e per il matrimonio, visti come pratiche corrompitrici dell'ordine gentilizio. Ritroviamo in parte questa avversione anche nei Vangeli, come quando Gesù spiega "chi ama suo padre e sua madre più di me non è degno di me"[6].
Le masse oppresse della Palestina non trovavano risposte ai loro problemi nella passività dei notabili farisei, e il processo di concentrazione fondiaria andava nel senso di aumentare l'inurbazione dei contadini poveri, a cui l'appello esseno di ritirarsi in montagna doveva suonare quanto meno inefficace. Il processo di differenziazione ideologica tra gli ebrei andò avanti soprattutto in Galilea, dove i contadini poveri cominciarono ad appoggiare idee sempre più radicali.
Il centro del conflitto risiedeva nel rifiuto di pagare le tasse e i debiti, strumenti di concentrazione della ricchezza nelle mani dei proprietari terrieri. Molti contadini rovinati dai grandi proprietari, piuttosto che finire schiavi per debiti si davano al banditismo e alla guerriglia. Aiutava anche la vicinanza del deserto, tradizionale luogo di rifugio dei ribelli anche per la presenza di tribù beduine ostili a ogni potere urbano.
Da questo processo turbolento nacque una corrente organizzata, quella degli zeloti, che cominciò un'opera di propaganda e di azioni di guerriglia contro i re vassalli dei Romani. La storia di questo gruppo inizia con un certo Giuda, figlio di Ezechiele, capo guerrigliero fatto uccidere nel 47 a.C. quale bandito. Egli era un intransigente difensore della ortodossia religiosa ebraica, che non tollerava la presenza dei dominatori romani e nemmeno l'atteggiamento di connivenza opportunistica con gli stranieri, mostrato da alcune componenti della società giudaica.
Ovviamente, Giuda si era proclamato re dei giudei e veniva considerato un messia dai suoi seguaci. Sebbene la setta fosse originaria di Gamala nel Golan, i suoi seguaci venivano definiti i "galilei", in quanto il loro teatro di operazioni era appunto la Galilea. Oggi sappiamo che i termini romani galilaei, latrones, sicarii, sono sinonimi dei termini greci zelotes, lestes, e dei termini ebraici qannaim, barjonim, tutti riferiti ai rivoluzionari messianisti. Nei decenni precedenti alla tradizionale data di nascita di Gesù, gli zeloti erano penetrati in città e vi avevano riscosso un certo successo, tanto da tentare una rivolta contro Erode, repressa nel sangue nel 4 a.C.
Alla morte di Erode la rivolta scoppia di nuovo e la repressione è ancora più brutale. Alla fine i romani ritennero che il loro alleato Archelao, figlio di Erode, non fosse più in grado di controllare la situazione e decisero di intervenire direttamente. La brutalità dell'oppressione romana suscitò la reazione del popolo di Gerusalemme.
La nuova insurrezione ebbe una tale forza da tenere in scacco prima e in ostaggio dopo la guarnigione romana. Mentre i legionari vivevano assediati in Gerusalemme, buona parte delle truppe locali erano passate con i rivoltosi. La Galilea era fuori controllo e i ribelli vi stavano formando un esercito. Sebbene le legioni romane ebbero ragione della rivolta con enormi difficoltà, quel che accadde dopo è facilmente prevedibile: migliaia di ebrei crocifissi, saccheggi, devastazioni, interi villaggi venduti come schiavi.
Tutto questo successe attorno all'anno 0 dell'era cristiana. Da allora, con alti e bassi la rivolta non cessò mai fino alla presa di Gerusalemme nel 70 d.C. Sempre appartenente a questa setta era Eleazar ben Jair (il "Lazzaro" dei Vangeli), capo della fortezza di Masada, che resistette tre anni all'assedio dei romani prima di decidere per il suicidio di massa, preferito alla resa, nel 73 d.C. L'ultimo atto della setta si ebbe fra il 132 e il 135 d.C., quando i suoi ultimi militanti, sotto la guida di Simon bar Kokba, utilizzarono il sito di Qumran come base da cui compiere azioni di guerriglia, prima di essere definitivamente sconfitti dalle legioni.
La differenziazione ideologica della società ebraica si era prodotta anche per la classica strategia romana di integrazione delle élite locali all'interno della struttura dominante, sicché il Sinedrio e i capi sia sadducei che farisei erano ormai ostili a ogni forma di rivolta contro l'oppressore, e non vi partecipavano, lasciando agli elementi più poveri e radicali la conduzione della lotta antiromana.
La nascita della o delle sette messianiche da cui si originò il cristianesimo è frutto di questo ambiente. In base alle fonti storiche è difficile sapere con certezza come andarono le cose. Può darsi che una parte della setta essena decise di iniziare a radicarsi nelle città, come potrebbe far pensare la predicazione di Giovanni Battista, proveniente chiaramente da un ambiente esseno.
Alcuni indizi portano a ritenere che la comune militanza antiromana fece nascere la necessità di un movimento che combinasse la combattività degli zeloti e la dottrina rigorosa degli esseni. Infatti, i tratti ideologici fondamentali delle comunità messianiche tra cui quella apostolica sono di provenienza essena, come i riti di purificazione e la rigorosa assenza di benestanti.
D'altra parte, chiunque entrasse nella setta metteva in comune tutti i suoi beni e questo dissuadeva i ricchi dal mischiarsi a questa gente[7]. Allo stesso tempo, troviamo indizi di "comportamenti zeloti" tra gli apostoli. Ad esempio, il responsabile dell'organizzazione apostolica, Simone, soprannominato significativamente "Cefa" (ovvero "roccia", "pietra" da cui il nome tradizionale "Pietro"), ha delle usanze chiaramente guerriere, come vediamo quando i romani vengono ad arrestarli nel Getsemani e lui reagisce con la spada. Altri apostoli hanno nomi legati al movimento zelota (nel Vangelo di Luca, l'altro Simone è definito lo zelota).
Allo stesso tempo, dall'ideologia nazionalista zelota, questa setta riprendeva l'idea che il futuro messia sarebbe anche stato il capo del futuro Stato libero d'Israele, appunto il "re dei giudei", come nella tradizione i romani avrebbero scritto sulla croce di Gesù per prendersi gioco dell'ennesimo ribelle agonizzante. Nonostante la manipolazione, i Vangeli descrivono ogni tanto la preparazione di azioni militari. Non solo Simon Pietro gira armato ma lo stesso Gesù, poco prima di essere arrestato, invita i suoi seguaci ad armarsi:
"Quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia né sandali, vi è forse mancato qualcosa? Risposero: - Nulla - Ed egli soggiunse: - Ma ora chi ha una borsa la prenda, e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della scrittura. E fu annoverato fra i malfattori: Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine - Ed essi dissero: - Signore ecco qui due spade"[8]
Non solo questa setta era pronta a prendere le armi contro Roma, ma faceva rispettare la disciplina tra i suoi seguaci in maniera spietata. Negli Atti degli apostoli Pietro in persona effettua l'esecuzione sommaria di due seguaci che hanno trasgredito le rigide regole della setta messianica circa la proprietà collettiva:
"Un uomo di nome Ananìa con la moglie Saffìra vendette un suo podere e, tenuta per sé una parte dell'importo d'accordo con la moglie, consegnò l'altra parte deponendola ai piedi degli apostoli. Ma Pietro gli disse: "Ananìa, perché mai Satana si è così impossessato del tuo cuore che tu hai mentito allo Spirito Santo e ti sei trattenuto parte del prezzo del terreno? Prima di venderlo, non era forse tua proprietà e, anche venduto, il ricavato non era sempre a tua disposizione? Perché hai pensato in cuor tuo a quest'azione? Tu non hai mentito agli uomini, ma a Dio". All'udire queste parole, Ananìa cadde a terra e spirò.
E un timore grande prese tutti quelli che ascoltavano. Si alzarono allora i più giovani e, avvoltolo in un lenzuolo, lo portarono fuori e lo seppellirono. Avvenne poi che, circa tre ore più tardi, entrò anche sua moglie, ignara dell'accaduto. Pietro le chiese: "Dimmi: avete venduto il campo a tal prezzo?". Ed essa: "Sì, a tanto". Allora Pietro le disse: "Perché vi siete accordati per tentare lo Spirito del Signore? Ecco qui alla porta i passi di coloro che hanno seppellito tuo marito e porteranno via anche te". D'improvviso cadde ai piedi di Pietro e spirò. Quando i giovani entrarono, la trovarono morta e, portatala fuori, la seppellirono accanto a suo marito"[9].
Questo movimento insurrezionale, chiaramente urbano, raccoglieva le parti più povere della popolazione, e guardava ai ricchi come alleati dei romani. Tuttavia, l'oppressione nazionale e la crisi della società ebraica condussero il messaggio della setta ad estendersi oltre e molti farisei dovevano guardare alla loro attività con attenzione, come si evince dall'interesse, seppure ostile, che nei Vangeli essi dimostrano sempre per l'insegnamento di Gesù. Mentre i sadducei erano irrimediabilmente filo-romani, il rapporto tra farisei e cristiani delle origini è più complesso, e si può paragonare a quello tra girondini e giacobini durante la rivoluzione francese. Ogni movimento rivoluzionario attira a sé elementi del vecchio regime. Così, negli Atti degli apostoli troviamo testimonianza di un sinedrita che si schiera a difesa di Pietro e di altri apostoli che erano stati arrestati:
"Si alzò allora nel sinedrio un fariseo, di nome Gamaliele, dottore della legge, stimato presso tutto il popolo. Dato ordine di far uscire per un momento gli accusati, disse: Uomini di Israele, badate bene a ciò che state per fare contro questi uomini. . . ecco ciò che vi dico: non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questa teoria o questa attività è di origine umana, verrà distrutta; ma se essa viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerli; non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio"[10].
Come del resto aveva fatto l'altro sinedrita, Giuseppe di Arimatea, con Gesù. Tuttavia, il Sinedrio come istituzione fece causa comune con i romani contro l'insurrezione.
Nel complesso è dunque probabile che i Vangeli originariamente raccontassero la storia di questa alleanza tra la setta guerriera zelota e quella filosofica essena e del loro tentativo di sollevare il popolo ebreo contro il dominio romano. D'altronde, la storia di quel periodo è piena di sollevazioni antiromane - basate su un'ideologia di nazionalismo religioso - che finivano invariabilmente in una disfatta.
La più grave di queste sconfitte avvenne nel periodo 66-73 d.C., quando i romani condussero una guerra di sterminio contro gli ebrei, che finì nella presa di Gerusalemme con l'uccisione o la riduzione in schiavitù dei suoi abitanti, la presa della fortezza di Masada e la diaspora degli ebrei, che vennero dispersi nei territori imperiali. I superstiti di quel movimento misero per iscritto la loro storia e le loro credenze, ma di queste opere conserviamo scarsissime tracce. Il cristianesimo giunto a noi non è infatti quello dell'insurrezione, ma quello dell'epoca successiva, di reazione politica ed ideologica.
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[5] Filone Alessandrino, Quod omnis probus sit liber. In modo del tutto analogo viveva la setta "cristiana" originale secondo gli stessi Atti degli apostoli (ad. es. IV, 32-35) in cui leggiamo della proprietà comune e della distribuzione dei beni secondo il bisogno del singolo, in base a un principio che ricorda il noto detto socialista citato più volte da Marx: "da ciascuno secondo le sue capacità a ciascuno secondo i suoi bisogni". (torna su)
[6] Matteo, X, 37. (torna su)
[7] Riflessi di questo atteggiamento lo vediamo nel famoso discorso della montagna in cui Gesù dice chiaramente che i ricchi soffriranno nella nuova vita in quanto ricchi, non per le loro azioni nella vita precedente. In sintesi il movimento messianico non rimproverava ai ricchi i loro peccati ma semplicemente la loro ricchezza. (torna su)
[8] Luca, XXII, 35-38. (torna su)
[9] Atti degli apostoli, V, 1-10. (torna su)
[10] Atti degli apostoli, V, 34-39. (torna su)