Le storie che fanno bene agli anziani

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vanni-merlin
00mercoledì 5 dicembre 2007 01:00
Le storie che fanno bene agli anziani



ROSALBA MICELI

Anche la terza età può essere vissuta come una qualsiasi altra età della vita, con i suoi punti di forza e di debolezza. Lilia Binah, direttrice del Day Care Center for the Elderly di Kiryat-Tivon, in Israele, ha sviluppato un trattamento terapeutico per donare serenità, conforto e maggiore consapevolezza di sé all’anziano, alleviando le conseguenze delle più comuni cause di disagio psicologico legate all’invecchiamento cerebrale come vulnerabilità allo stress, ansia, depressione, demenza e malattia di Alzheimer. Il metodo, chiamato “Agnotherapy”, è basato sull’uso dei racconti di Shmuel Yosef Agnon, scrittore di origine ebraica, premio Nobel per la letteratura nel 1966. Lilia Binah ha pubblicato recentemente un resoconto del suo lavoro su “The Journal of Poetry Therapy” insieme con Keren Or-Chen, ricercatrice presso la “School of Social Work” dell’Università di Haifa.

Come le storie e le favole rappresentano il nutrimento per l’immaginario del bambino, le storie che si raccontano ad un anziano favoriscono l’identificazione e riannodano i fili - a volte frammentari e confusi - della propria storia. Ma non si tratta di un ritorno all’infanzia. “La persona anziana non ricade mai nell’infanzia - sostiene Boris Cyrulnik, neuropsichiatra francese responsabile all’ospedale di Toulon delle ricerche in etología clínica sul fenomeno della “resilienza” (come ricostruire la vita quando una parte di noi è stata mutilata, ferita, ignorata) - le persone anziane rispondono meglio alle proprie rappresentazioni che alla realtà che le circonda. Il mondo non è più attorno a loro ma vive dentro di loro, nella loro memoria” (Boris Cyrulnik, Di carne e d’anima, Frassinelli, 2007).

La strategia adottata dalla “Agnotherapy” tende a favorire la “rappresentazione” della realtà. Se nella vita sperimentata dall’anziano le sofferenze sono quasi insopportabili, il distacco dato dalla rappresentazione e la ricerca di un significato da condividere, può renderle più accettabili. Leggere in gruppo ed analizzare un racconto, smontandolo in più parti, può servire a comprendere alcuni processi mentali, ad esempio, che cosa fa sì che due persone poste nella medesima situazione reagiscano con modalità differenti, chi in modo positivo e propositivo (resiliente), chi in modo negativo, inefficace, sopraffatto dal senso di impotenza. I racconti di S. Y. Agnon vengono scelti appositamente per mettere in luce personaggi che riescono a trasformare la propria sofferenza in una esperienza costruttiva, seguendo la strada della “resilienza”.

Il racconto “Tehilla”, si presta efficacemente ad affrontare il tema della vecchiaia: “C’era una volta a Gerusalemme una donna anziana. Una meravigliosa donna anziana, come non si era mai vista. Ella era onesta e assennata, gentile e modesta. I suoi occhi irradiavano una luce di benevolenza e compassione, e le espressioni del suo viso erano piene di grazia e dolcezza…”. Eppure non tutto è andato per il verso giusto nella vita di quella donna (Tehilla), attraversata da lutti e disgrazie che avrebbero potuto indurirla e mortificare la sua gioia di vivere.

L’attività condotta al Day Care Center for the Elderly in Israele ha dato incoraggianti risultati. Le storie brevi si prestano meglio all’uso terapeutico perché la finestra temporale di concentrazione degli anziani è breve. “Attraverso i racconti molti anziani diventano capaci di esprimere le proprie emozioni, anche quelle più negative ed angosciose, o di uscire dall’isolamento provocato dalle malattie - commenta Lilia Binah - qualche volta la discussione sulle storie coinvolge i partecipanti in un modo inaspettato, ad esempio, un anziano che aveva avuto un ictus, ed era semi-paralizzato con difficoltà di parola, un giorno mi chiese di ripetere un vocabolo che avevo usato in precedenza per descrivere un racconto incompleto. Il termine era “torso”, ed evocava un corpo senza testa o appendici. E’ esattamente come mi sento, riuscì a dire l’uomo”.

Qualsiasi sia la nostra età biologica, mantenere il contatto con le storie che ci raccontiamo sulla nostra vita passata, presente o futura non servirà a fermare il tempo che scorre, ma ad accompagnarlo come una musica.




+ Institute for Aging Research in Israel



da: www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/scienza/grubrica.asp?ID_blog=48&ID_articolo=95&ID_sezione=71&sezione=Galas...

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