Notti bianche a Tel Aviv

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
nitroverde88
00sabato 27 settembre 2008 19:54
Sulle rive del Mediterraneo, un luogo dove passato e futuro, Europa e Medioriente s'incontrano.
Sulle rive del Mediterraneo, un luogo dove passato e futuro, Europa e Medioriente s'incontrano. E dove i giovani abitanti per non pensare al conflitto, vivono un eterno presente. Il venerdì grattacieli high tech e le case basse dei pescatori. L'architettura bianca e lineare degli edifici Bauhaus e la sinuosità araba della cittadella di Giaffa. Le spiagge dedicate agli ortodossi, dove uomini e donne fanno il bagno in costumi che sembrano vestiti, e quelle gay all'insegna dei colori e dell'eccesso. La luminosità accecante del sole e le luci stroboscopiche dei locali notturni. Il jazz e i ritmi da rave party. Il falafel e il sushi. Benvenuti a Tel Aviv, la città più profana di Terra Santa, distretto dove più di un milione di abitanti giunti da tutto il mondo si è spalmato lungo quattordici chilometri di lungomare. Le guide l'accostano a Barcellona per l'intensità della sua movida notturna, a San Francisco in virtù della nutrita comunità gay e per l'estrosità dei suoi abitanti, a Tokyo per l'estensione della sua connessione wi-fi, simbolo di una comunità tecnologica.

Ma la seconda città d'Israele è piuttosto una Babele di lingue, luogo di contaminazioni culturali d'ogni tipo, sede del prestigioso Jazz Fest e del DocAviv, il festival del documentario. Per accorgersene basta passeggiare fra le gallerie e i caffè di Nova Tzedek, il quartiere degli artisti, dove vive Dganit Blechner, pittrice quotata anche a Parigi e New York. Oppure fare un salto al Levontin 7, tempio della musica live alternativa nel cuore di Gan Hashamel, altra zona trendy. È qui che si esibiscono le nuove band che caratterizzano izzano il panorama musicale israeliano con le loro combinazioni di rap, hip hop e sonorità klezmer. Il livello dei ristoranti è altissimo e, a qualsiasi orario, si possono gustare sapori di ogni tipo: speziati spuntini mediorientali, austeri dolci nordeuropei, raffinati pani francesi o la combinazione di tutto questo.



Non mancano i locali italiani: portabandiera è Pronto, in Nachmani Street, che per la sua cucina si è meritato, nel 1998, l'ambito riconoscimento di «vero ristorante italiano» nel mondo. A Tel
Aviv si reinterpretano perfino gli stilemi della moda: nelle boutique di Sheinken Street si trovano abiti disegnati da giovani designer locali che combinano il gusto fiorito e comodo tutto israeliano, ispirato agli anni 70 con le tendenze contemporanee.

Risultato? Vestiti dalle geometrie asimmetriche. No, decisamente non è un Paese per vecchi. Il 65 per cento degli abitanti ha meno di 40 anni, e ha scelto di trasferirsi nella «città bianca» in virtù del suo leggendario dinamismo, della sua vitalità, e del suo spirito per niente bacchettone. A dividerla da Gerusalemme, la città santa, solo 80 chilometri di autostrada, ma è come se fosse una distanza siderale, un viaggio a ritroso nel tempo che pochi hanno voglia d'intraprendere.

Per capire che a Tel Aviv l'atmosfera è decisamente diversa dalla città del Muro del Pianto, basta canticchiare il motivo di una canzone popolare ani do'eg, akh Tel Aviv tamid chogeget, «io mi preoccupo e Tel Aviv fa festa», o pensare al vecchio detto: «Gerusalemme piange, Tel Aviv gioca». Tel Aviv è l'altra faccia di Israele, aperta alle novità, tonica, palestrata e, soprattutto, laica. Luogo, secondo alcuni, della rimozione: dove la gente non vuol pensare al conflitto, ma guardare avanti o semplicesemplicemente altrove.

Una città che abbina bina il clima liberale e tollerante a uno sviluppo edilizio ragionevole, anche se al primo sguardo non accattivante: informale, proprio come i suoi abitanti che indossano jeans e maglietta anche nei locali più esclusivi. Attraversata in un'assolata mattina di Shabbat, la festa del sabato, Tel Aviv può sembrare infatti desolata, i grattacieli grigi, i bei palazzi scrostati dall'umidità del mare.

Ma è solo un'impressione. Il sabato mattina gli abitanti, più che osservare il riposo prescritto dai libri sacri, dormono per riprendersi dai sollazzi del venerdì notte. E se la città sembra avvolta in un silenzio incantato, basta andare in spiaggia per scoprire dov'è finita la gente. Al mare si va da aprile a ottobre e le spiagge più frequentate, oltre a quelle iper attrezzate dei grandi alberghi, sono certo Ge'la Beach, al centro, e Aviv Beach, amata dai surfisti. La distesa di sabbia è costellata da ombrelloni che si affittano per pochi spiccioli, all'ombra dei quali sorseggiare caffè shakerato o pasteggiare a humus e falafel.

Percorrere il lungomare, che dalla zona del Porto vecchio, oggi trasformata in un susseguirsi di locali, arriva all'antica cittadella araba di Giaffa (qui per un breve tratto lo struscio confonde i due popoli) è forse il modo più rapido per conoscere fattezze e contraddizioni di questa città che, sorta su terreni tirati a sorte nel 1909, l'anno prossimo compirà cent'anni. Una città cresciuta a dismisura negli anni Trenta, con l'arrivo dei primi profughi europei che fuggivano il nazismo: compresi i numerosi allievi del Bauhaus, la scuola d'architettura tedesca, che a Tel Aviv misero in pratica le teorie moderniste realizzando più di tremila edifici. Concentrato unico al mondo, che le è valso il nome di Ir levana, città bianca, e l'ambito riconoscimento di patrimonio dell'Umanità da parte dell'Unesco. Peccato che solo 360 di questi edifici siano stati ristrutturati, a spese dei proprietari: la città che cresce a ritmo vertiginoso, dove persino Donald Trump intende investire, è ancora in bilico fra passato e futuro. ma intanto si diverte.
neve67
00domenica 26 ottobre 2008 23:24
è comunque una zona ancora troppo pericolosa per gli europei
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 09:29.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com