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In merito alla “rilevanza della prospettata questione di legittimità costituzionale” del citato articolo 41, 1° comma del decreto legislativo 2000, n. 267, essi sostengono che “i provvedimenti impugnati si fondano proprio implicitamente sulla presunzione secondo cui l’art. 41, primo comma, TUEL non impedirebbe al Consiglio Comunale di fare valere la causa di ineleggibilità di cui all’art. 51, secondo comma, TUEL: una presunzione invero inspiegabile ed ingiustificabile, considerato il tenore letterale della prima norma, ma che verrebbe meno proprio qualora la detta norma fosse dichiarata incostituzionale (con conseguente sopravvenienza in capo al Consiglio Comunale del potere – prima insussistente – di censurare la citata causa di ineleggibilità)”.
I ricorrenti concludono chiedendo, in via pregiudiziale, di “dichiarare, ai sensi dell’art. 23 della l. n. 87/1953, la non manifesta infondatezza della questione di legittimità dell’art. 41, primo comma, del d.lgs. n. 267/200, nella parte in cui non consente al Consiglio Comunale di censurare in capo al Sindaco neo-eletto la causa di ineleggibilità di cui all’art. 51, comma 2, del d.lgs. medesimo, in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 48, 51, 97 e 118 della Costituzione, per l’effetto sospendendo il giudizio e rimettendo gli atti alla Corte Costituzionale, con ogni ulteriore conseguenza di legge” ed, in via principale, di “annullare i provvedimenti impugnati”.
In data 2 novembre 2004 si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, la quale, con il relativo atto, ha eccepito “l’infondatezza del ricorso proposto”, “depositando a sostegno di tale richiesta”, i documenti, all’uopo indicati e chiedendo, nelle conclusioni che, “previa declaratoria di manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale ex adverso sollevata”, venga rigettato il ricorso.
Nella camera di consiglio del 3 novembre 2004 la domanda di sospensione degli atti impugnati è stata rigettata da questa Sezione con l’ordinanza n. 1213.
In data 31 dicembre 2004 i ricorrenti hanno presentato una memoria, avente sostanzialmente, lo steso contenuto del ricorso.
Nell’odierna udienza il ricorso è passato in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. I due ricorsi, data la loro evidente connessione soggettiva ed oggettiva, vanno riuniti per essere decisi con un’unica sentenza.
2. Quanto al ricorso n. 1469/2004, con esso Elio Ottino, da un lato, ritiene che il “presupposto diretto dei provvedimenti impugnati” sia l’art. 51, comma 2, del TUEL, “la cui mancata censura da parte del Consiglio Comunale ha ingenerato i citati provvedimenti” e, dall’altro, sostiene che la detta norma è “ingiustamente ed irragionevolmente limitativa del diritto di elettorato passivo (ed attivo), in manifesta violazione degli artt. 1, 2, 3, 48, 51 e 97 della Costituzione”.
3. In merito al detto assunto, secondo il ricorrente, il citato art. 51, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 200, n. 267 – Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali –, il quale prevede che “Chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco e di presidente della provincia … non è, alla scadenza del secondo mandato, immediatamente rieleggibile alle medesime cariche”, è in contrasto con i seguenti articoli della Costituzione: a) 1, in quanto, “costituisce un’illegittima limitazione della sovranità popolare, in violazione dei principi democratici su cui si fonda la Repubblica Italiana”; b) 2, 48 e 51, in quanto, “costituisce un’illegittima limitazione del diritto di elettorato attivo e passivo, riconducibile ai diritti inviolabili dell’uomo, (…), che non trova giustificazione alcuna nell’ambito dell’assetto generale dei principi e degli interessi costituzionali e delle relative disposizioni, (…), implicando, altresì, una lesione del principio costituzionale di favore per la maggiore partecipazione alla competizione elettorale (tanto più rilevante nei piccoli comuni nei quali non sono molte le persone che possiedono la qualificazione necessaria per espletare il delicato mandato di Sindaco)”; c) 3, in quanto, “introduce una evidente disuguaglianza e disparità di trattamento a danno dei soggetti aspiranti alla carica di Sindaco (uscenti per la seconda volta consecutiva), rispetto “ad altri soggetti, all’uopo indicati, “senza che ciò trovi ragionevole giustificazione e contemperamento in ordine ad altri precetti e valori costituzionali”; d) 97, in quanto, “comporta una potenziale lesione dei principi di efficienza, buon andamento ed imparzialità dell’Amministrazione, posto che potrebbe impedire l’amministrazione di un ente locale da parte di un Sindaco distintosi per particolare efficienza e capacità in favore di altro soggetto di minori qualità e capacità gestionali”; e) 118, in quanto, “nel limitare ingiustificatamente le possibilità di elezione di determinati soggetti alla carica di Sindaco, comporta una compromissione dell’autonomia amministrativa ai comuni”.
4. Prima di esaminare quanto ritenuto e sostenuto dal ricorrente, è necessario soffermarsi sugli atti impugnati con il ricorso in esame, i quali sono: a) la “nota, di estremi ignoti, del Prefetto della provincia di Torino, menzionata nella” “Relazione del Ministero dell’Interno al Sig. Presidente della Repubblica” in data 4 agosto 2004; b) la detta “Relazione”; c) il decreto del Presidente della Repubblica in data 25 agosto 2004, con il quale si è stabilito, all’art. 1, che “Il consiglio comunale di Salerano Canavese (To) è sciolto” ed, all’art. 2, che “Il dottor Claudio Ventrice è nominato commissario straordinario per la provvisoria gestione del comune suddetto fino all’insediamento degli organi ordinari, a norma di legge. Al predetto commissario sono conferiti i poteri spettanti al consiglio comunale, alla giunta ed al sindaco”.
5. Per quanto riguarda l’impugnata “nota” di cui alla lett. a), è appena il caso di osservare che, nella citata “Relazione”, non si fa alcuna menzione della detta “nota”, giacchè nella stessa “Relazione”, come risulta in narrativa, così, tra l’altro, si afferma: “Verificatasi l’ipotesi …, il prefetto di Torino ha proposto lo scioglimento del consiglio comunale sopraccitato”, senza alcun riferimento alla citata “nota”, la quale, pertanto, non può essere compresa tra gli atti impugnati ai fini dell’esame dianzi indicato.
6. Per quanto riguarda l’impugnata “Relazione” di cui alla lett. b), come risulta in narrativa, con essa si è fatto riferimento: a) alla “nota del 23 giugno 2004” (telefax prot. n. 40020/bis – AREA II – del Prefetto di Torino, avente il seguente contenuto: “Si rappresenta che la S.V. si trova nella condizione di ineleggibilità di cui all’art. 51 comma 2 del D.lgs. 267/2000 …”; b) alla “deliberazione n. 5 in data 1 luglio 2004” del Consiglio comunale di Salerano Canavese, nella quale, tra l’altro, così, si afferma: “Accertato che sossitono, tuttavia, nei confornti del Sindaco Elio OTTINO, le condizioni di cui all’art. 51 comma 2 del TUEL per aver ricoperto per due mandati consecutivi la carica di Sindaco, l’ultimo dei quali scaduto in data 13 giugno 2004”; c) alla “nota n. 40000203/bis – AREA II del 14 luglio 2004” del Prefetto di Torino, nella quale, tra l’altro, così, si afferma: “Si fa seguito al telefax in data 23 giugno u.sc., per significare, in merito alla deliberazione n. 5 dell’1.7.2004 avente ad oggetto “Esame …”, che l’avvenuta convalida del Sindaco alla carica elettiva, …, concretizza una palese violazione dell’art. 41 del D. Lgs. n. 267/2000, in relazione alla causa di ineleggibilità introdotta dall’art. 51 del Decreto medesimo …”; d) alla “seduta del 22 luglio 2004” nella quale il Consiglio comunale di Salerano Canavese adottò la deliberazione n. 7, nelle cui premesse, tra l’altro, così si afferma: “Avuta lettura della nota … con la quale il Prefetto di Torino ha invitato il Consiglio Comunale a revocare la delibera n. 5 del 1.7.2004 di convalida del sig. Elio Ottino alla carica di Sindaco per la violazione dell’art. 51 comma 2 Capo I Titolo III TUEL”.
7. Per quanto riguarda l’impugnato decreto del Presidente della Repubblica in data 25 agosto 2004, nel preambolo, così, tra l’altro, si afferma: “Visto che il predetto amministratore (il ricorrente Elio Ottino) versa nella condizione di ineleggibilità disciplinata dall’art. 51, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267”.
8. Ciò posto, alla stregua della impugnata “Relazione” del Ministro dell'Interno e dell’impugnato decreto del Presidente della Repubblica, va condiviso quanto ritenuto dal ricorrente, nel senso che, effettivamente, il “presupposto diretto dei provvedimenti impugnati” – la “Relazione” del Ministro dell’Interno ed il decreto del Presidente della Repubblica – è l’art. 51, comma 2, del decreto legislativo 2000, n. 267.
9. Ne consegue che va condiviso, anche, l’assunto del ricorrente, in base al quale, per quanto riguarda la rilevanza della questione di legittimità costituzionale del citato art. 51, comma 2, del decreto legislativo 2000, n. 267, “dalla caducazione di quest’ultimo deriverebbe necessariamente l’illegittimità degli impugnati provvedimenti (“Relazione” del Ministro dell’Interno e decreto del Presidente della Repubblica), venendo a mancare la presunta violazione della legge (contestata al Consiglio Comunale) fondante i provvedimenti medesimi”.
10. Per quanto riguarda, invece, l’assunto del ricorrente in base al quale la citata norma è “ingiustamente ed irragionevolmente limitativa del diritto di elettorato passivo (ed attivo), in manifesta violazione degli” articoli della Costituzione, dianzi indicati, si osserva quanto segue:
11. In merito all’art. 1 Cost., il quale, al 2° comma, prevede che “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”, tale norma non ha nulla a che vedere con quanto statuito dall’art. 51, comma 2, del decreto legislativo n. 267, il quale, pertanto, non “costituisce un’illegittima limitazione della” detta “sovranità”; in merito agli artt. 2, 48 e 51 Cost., in base ai quali, rispettivamente, “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, …”, “Il diritto di voto non può essere limitato se non …” (art. 48, ult. comma) e “Tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive …” (art. 51, 1° comma), nessuna delle dette norme fa riferimento all’asserito “diritto di elettorato attivo e passivo”, per cui, anche ad ammettere che con l’art. 51, comma 2, del decreto legislativo 2000, n. 267, si abbia una “limitazione” del citato diritto di elettorato passivo, tale limitazione non è “illegittima”, così come nessuna “lesione” del “principio costituzionale”, all’uopo indicato, si può ritenere derivante dalla norma in questione; in merito all’art. 3 Cost., in base al quale “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, …” (1° comma), dal riferimento ai soggetti, indicati dal ricorrente, non deriva l’asserita “disuguaglianza e disparità di trattamento a danno” di “Chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco”, giacché rientrava nella discrezionalità del legislatore prevedere, con la norma in questione, che il detto “sindaco”, “non è, allo scadere del secondo mandato, immediatamente rieleggibile” alla medesima carica, a nulla rilevando quanto previsto per i soggetti, indicati dal ricorrente; in merito all’art. 97 Cost., in base al quale “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano osservati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione” (1° comma), è evidente che tale norma non ha nulla a che vedere con l’art. 51, comma 2, del decreto legislativo 2000, n. 267, per cui da essa non “deriva alcuna potenziale lesione dei principi di efficienza, buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione”, in relazione all’impedimento, al quale si fa riferimento; in merito all’art. 118 Cost., come risulta sostituito dall’art. 4 della L. cost. 18 ottobre 2001, n. 3, in base al quale, “Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, …” (1° comma). “I Comuni, …, sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze” (2° comma), è altrettanto evidente che l’art. 51, comma 2, del decreto legislativo 2000 n. 267, non ha nulla a che vedere con le dette norme, per cui il citato art. 51, comma 2, del decreto legislativo 2000, n. 267 non comporta la non meglio precisata “compromissione dell’autonomia amministrativa garantita ai comuni”.
Per quanto sopra, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 51, comma 2, del decreto legislativo 2000, n. 267, in relazione ai citati articoli della Costituzione, è manifestamente infondata.
12. Il ricorrente, poi, sostiene, che gli atti impugnati “si appalesano del tutto illegittimi e devono essere annullati per violazione degli artt. 1, 2, 3, 48, 51, 97 e 118 della Costituzione, degli artt. 41, 70 e 141 d. lgs. n. 267/2000 e sono affetti altresì da eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti, assenza del presupposto, vizio di istruttoria, illogicità, irragionevolezza, vessatorietà, contraddittorietà, carente, assente e/o erronea motivazione, ingiustizia manifesta, sviamento”.
13. Il detto assunto è inammissibile per la genericità della sua formulazione, in quanto con esso non viene addotto alcun argomento a sostegno sia della denunciata violazione, da parte del Ministro dell’Interno e del Presidente della Repubblica, dei citati articoli della Costituzione e del decreto legislativo, in sede di adozione, rispettivamente, della impugnata “Relazione” e dell’impugnato decreto presidenziale, sia del dedotto vizio di eccesso di potere, sotto i profili, all’uopo indicati, da cui sarebbero affetti i detti impugnati atti.
Per le suesposte considerazioni, il ricorso n. 1469/2004 è in parte infondato ed in parte inammissibile.
14. Quanto al ricorso 1470/2004, con esso Andrea Merlo, Tersilla Enrico, Domenico Mancuso, Laura Zanello e Antonella Zimone sostengono, innanzitutto, che “la parte motiva dei provvedimenti impugnati non rende giustizia al reale svolgimento dei fatti” in quanto, nella “Relazione del Ministro dell’Interno al Sig. Presidente della Repubblica in data 4 agosto 2004”, così, tra l’altro, si afferma: “l’inosservanza (da parte del Consiglio comunale di Salerano Canavese) dell’obbligo di legge, perdurante anche dopo la diffida, ha manifestato inequivocabilmente la volontà (dello stesso Consiglio) di disattendere una prescrizione normativa di valore cogente posta a garanzia delle regole fondamentali che presiedono al corretto svolgimento del procedimento di nomina degli organi di governo dell’ente locale e della sussistenza dei requisiti soggettivi previsti per la elezione”; e ciò perché, nelle premesse sia della deliberazione del C.C. n. 5 in data 1 luglio 2004 che della deliberazione del C.C. n. 7 in data 22 luglio 2004, così, rispettivamente, tra l’altro, si afferma: “Ritenuto che secondo l’inequivocabile tenore letterale della norma di cui all’art. 41 del TUEL, …, il Consiglio Comunale non può censurare tale particolare causa (art. 51, comma 2, Capo I Titolo III del T.U.E.L.), in quanto questa non rientra tra quelle previste dal Capo II Titolo III del TUEL” e “Ritenuto nuovamente come la norma di cui all’art. 41 TUEL impedisca al Consiglio Comunale di censurare la detta causa di ineleggibilità, poiché essa non rientra tra quelle previste dal Capo II Titolo III del T.U.E.L.”, per cui, alla stregua delle dette affermazioni e, delle altre, contenute nelle premesse delle due citate deliberazioni, “non può ritenersi che il Consiglio Comunale sia incorso nelle gravi e reiterate violazioni della legge di cui all’art. 141 TUEL”, con l’ulteriore conseguenza che gli atti impugnati “si appalesano del tutto illegittimi e devono essere annullati per violazione degli artt. 1, 2, 3, 48, 51, 97 e 118 della Costituzione, degli artt. 41, 51, 70 e 141 d. lgs. n. 267/2000, dell’art. 3 della legge 241/1990 e sono affetti altresì da eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti, assenza del presupposto, vizio di istruttoria, illogicità, irragionevolezza, vessatorietà, contraddittorietà, carente, assente e/o erronea motivazione, ingiustizia manifesta, sviamento”.
15. La parte del detto assunto, in base alla quale “la parte motiva dei provvedimenti impugnati non rende giustizia al reale svolgimento dei fatti”, tenuto conto dell’affermazione, alla quale si fa riferimento, contenuta nella “Relazione del Ministro dell’Interno al Sig. Presidente della Repubblica in data 4 agosto 2004”, nonché delle altre affermazioni, alle quali si fa riferimento, contenute nelle premesse delle due deliberazioni del Consiglio comunale di Salerano Canavese n. 5 in data 1 luglio 2004 e n. 7 in data 22 luglio 2004, va condivisa.
16. Ed, invero, poiché, come si è visto, il Consiglio comunale di Salerano Canavese, in sede di adozione delle citate due deliberazioni, aveva ritenuto, da un lato, che, in base all’art. 41 – Adempimenti della prima seduta – del decreto legislativo 2000, n. 267, il quale prevede che “1. Nella prima seduta il consiglio comunale ..., prima di deliberare su qualsiasi altro oggetto, ancorché non sia stato prodotto alcun reclamo, deve esaminare la condizione degli eletti a norma del capo II titolo III e dichiarare la ineleggibilità di essi quando sussista alcuna delle cause ivi previste, provvedendo secondo la procedura indicata dall’articolo 69”, tra le “norme del capo II titolo III” “non rientra” l’art. 51, comma 2, del decreto legislativo 2000, n. 267 e, pertanto, esso Consiglio “non può censurare tale particolare causa (art. 51 comma 2 Capo I Titolo III del T.U.E.L.” e, dall’altro, che il citato art. 41 “impedisce” ad esso Consiglio “di censurare la detta causa di ineleggibilità”, è indubbio che il Ministro dell’Interno, prima di affermare, con la sua “Relazione”, quanto in precedenza indicato, avrebbe dovuto tenere presenti le affermazioni, dianzi citate, contenute nelle premesse delle due deliberazioni consiliari n. 5 in data 1 luglio 2004 e n. 7 in data 22 luglio 2004, al fine di fare constare “l’inosservanza dell’obbligo di legge” da parte del Consiglio comunale di Salerano Canavese.
17. In altri termini, poiché l’affermazione, relativa alla detta “inosservanza”, si basa, come risulta in narrativa, sulle seguenti affermazioni, contenute nella “Relazione” in questione: a) “Il consiglio comunale di Salerano Canavese (Torino), ..., ha posto in essere atti che integrano le gravi e persistenti violazioni di legge previste dalla legge come causa di scioglimento dell’organo elettivo”; b) “con deliberazione n. 5 in data 1 luglio 2004, quel civico consesso ha convalidato l’elezione del sindaco e dei consiglieri comunali eletti nelle consultazioni amministrative di cui sopra”; c) “L’avvenuta convalida, malgrado il richiamo all’uopo rivolto dal prefetto, concretizza la violazione degli artt. 41 e 51 del decreto legislativo sopracitato”; d) “Il consiglio comunale di Salerano Canavese, nella seduta del 22 luglio 2004, ha confermato la convalida dell’elezione alla carica di sindaco del signor Elio Ottino persistendo, in tal modo, nella grave violazione di legge” e, poiché, in base alle dette affermazioni, il Ministro dell’Interno non fa alcun riferimento a quelle, in precedenza indicate, contenute nelle premesse delle due deliberazioni consiliari n. 5 in data 1 luglio 2004 e n. 7 in data 22 luglio 2004, l’affermazione concernente “l’inosservanza (da parte del Consiglio Comunale di Salerano Canavese con le citate deliberazioni) dell’obbligo di legge” non “rende giustizia al reale svolgimento dei fatti”, nel senso che non mette in evidenza che il detto Consiglio comunale ha adottato le due deliberazioni n. 5 in data 1 luglio 2004 e n. 7 in data 22 luglio 2004 sulla base delle affermazioni, più volte indicate e, pertanto, la detta “Relazione” risulta affetta dal detto vizio di eccesso di potere sotto i profili del travisamento dei fatti e della carente motivazione.
18. Ne consegue che anche l’impugnato decreto del Presidente della Repubblica in data 25 agosto 2004, nel cui preambolo, tra l’altro, così, si afferma: “Considerato che il consiglio, pur diffidato ad ottemperare al dovere di revoca, ha confermato la convalida dell’elezione del sindaco, determinando in tal modo la persistenza di una grave violazione di legge”, risulta affetto dallo stesso vizio di legittimità.
19. Per quanto sopra: a) la parte dell’assunto, in base alla quale gli atti impugnati “si appalesano del tutto illegittimi e devono essere annullati per violazione degli artt. 1, 2, 3, 48, 51, 97 e 118 della Costituzione, degli artt. 41, 51, 70 e 141 del d.lgs. n. 267/2000, dell’art. 3 della legge 241/1990”, è infondata giacché la parte dell’assunto, in precedenza esaminata, non è idonea a fare constare la denunciata violazione, da parte del Ministro dell’Interno e del Presidente della Repubblica, dei citati articoli della Costituzione, del decreto legislativo e della legge 1990, n. 241, in sede di adozione dell’impugnata “Relazione” e dell’impugnato decreto presidenziale; b) la parte dell’assunto, in base alla quale i detti atti “si appalesano” “affetti altresì da eccesso di potere per ..., travisamento dei fatti, ..., carente motivazione, ...”, è fondata.
20. I ricorrenti assumono, poi, che gli atti impugnati “risultano palesemente viziati per difetto e/o erronea motivazione, oltre che per travisamento dei fatti”, in quanto con essi non si sarebbe dato “minimamente atto delle deduzioni giuridiche del Consiglio e senza spiegare perché, a parere del Ministero e/o del Presidente della Repubblica, la causa di ineleggibilità ivi prevista fosse comunque censurabile dal Consiglio Comunale, stante invece l’espressa preclusione di cui all’art. 41, prima comma, T.U.E.L.”, tanto più che “il provvedimento di scioglimento del Consiglio Comunale di cui all’art. 141 T.U.E.L., proprio perché i presupposti per l’esercizio di tale potere sono assolutamente tassativi, deve essere adeguatamente motivato”, motivazione che “risulta assolutamente carente ed insufficiente in ordine ai lamentati profili di legittimità costituzionale dell’art. 41, primo comma, T.U.E.L., nonché in relazione ai ripetuti appelli del Consiglio comunale all’esercizio del potere prefettizio di cui all’art. 70 T.U.E.L.”.
21. Anche il detto assunto va condiviso in quanto, effettivamente, né nella “Relazione” del Ministro dell’Interno in data 4 agosto 2004 né nel decreto del Presidente della Repubblica, si fa riferimento alle affermazioni, contenute nelle premesse delle due deliberazioni consiliari n. 5 in data 1 luglio 2004 e n. 7 in data 22 luglio 2004, relative alle menzionate “deduzioni giuridiche”, in narrativa indicate.
22. Ne consegue che vale per il detto assunto quanto si è rilevato in merito a quello, in precedenza esaminato.
23. I ricorrenti sostengono, ancora, che “la norma di cui all’art. 41, prima comma, del d.lgs. n. 267/2000 è manifestamente incostituzionale ed erronea” “nella parte in cui non stabilisce in capo al Consiglio Comunale il potere di esaminare la condizione degli eletti non solo a norma del capo II titolo III del TUEL ma anche dell’art. 51, secondo comma, TUEL medesimo, e quindi conseguentemente il potere di dichiarare la ineleggibilità di essi quando sussista una delle cause ivi previste, provvedendo secondo la procedura indicata dall’art. 69” in quanto “prevedere una causa di ineleggibilità alla carica di Sindaco che non può essere censurata dal Consiglio Comunale può ingenerare situazioni di obiettiva inosservanza della legge, quantomeno nelle more di definizione della procedura di cui all’art. 70 TUEL”, per cui il citato art. 41, 1° comma, del decreto legislativo 2000, n. 267, sarebbe in contrasto con gli articoli della Costituzione 1, 2, 3, 48, 51, 97 e 118.
24. In merito alla “rilevanza della prospettata questione di legittimità costituzionale” del citato art. 41, 1° comma, del decreto legislativo 2000, n. 267, i ricorrenti sostengono che “I provvedimenti impugnati si fondano proprio implicitamente sulla presunzione secondo cui l’art. 41, primo comma, TUEL non impedirebbe al Consiglio Comunale di far valere la causa di ineleggibilità di cui all’art. 51, secondo comma, TUEL: una presunzione invero inspiegabile ed ingiustificabile, considerato il tenore letterale della prima norma, ma che verrebbe meno proprio qualora la detta norma fosse dichiarata incostituzionale (con conseguente sopravvenienza in capo al Consiglio Comunale del potere – prima insussistente – di censurare la citata causa di ineleggibilità”.
25. In merito alla detta questione di legittimità costituzionale dell’art. 41, 1° comma, del decreto legislativo 2000, n. 267, si osserva che essa è in contrasto con l’assunto, in precedenza esaminato, in base al quale gli atti impugnati “risultano palesemente viziati per difetto e/o erronea motivazione, oltre che per travisamento dei fatti”, in quanto con essi non si sarebbe dato “minimamente atto delle deduzioni giuridiche del Consiglio e senza spiegare perché, a parere del Ministero e/o del Presidente della Repubblica, la causa di ineleggibilità ivi prevista fosse comunque censurabile dal Consiglio Comunale, stante invece l’espressa preclusione di cui all’art. 41, primo comma, T.U.E.L.”.
26. Ed, infatti, poiché, in base al detto assunto, condiviso dal Collegio, il Ministro dell’Interno ed il Presidente della Repubblica avrebbero dovuto dare “atto” delle “deduzioni giuridiche”, in narrativa indicate, in relazione all’asserita “espressa preclusione di cui all’art. 41, primo comma, TUEL”, spiegando quanto, all’uopo rilevato, non si può poi sostenere che il citato art. 41, 1° comma, del decreto legislativo è costituzionalmente illegittimo: la mancanza nella “Relazione” e nel decreto del Presidente della Repubblica di quanto rilevato dai ricorrenti impedisce ad essi di sollevare la questione di legittimità costituzionale del citato art. 41, 1° comma, del decreto legislativo 2000, n. 267, la quale, pertanto, è inammissibile:
Per le suesposte considerazioni, il ricorso n. 1470/2004 è in parte fondato ed in parte inammissibile e, pertanto, gli impugnati “Relazione” del Ministro dell’Interno e decreto del Presidente della Repubblica vanno annullati.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P . Q . M .
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte - 2^ Sezione -, riuniti i due ricorsi, in epigrafe indicati: a) in parte rigetta ed in parte dichiara inammissibile il ricorso n. 1469/2004; b) in parte accoglie ed in parte dichiara inammissibile il ricorso n. 1470/2004 e, per effetto, annulla l’impugnata “Relazione del Ministro dell’Interno al Sig. Presidente della Repubblica” in data 4 agosto 2004 e l’impugnato decreto del Presidente della Repubblica in data 25 agosto 2004.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Torino, nella camera di consiglio del 13 gennaio 2005