VENETO mercantile

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sole281
00domenica 17 settembre 2006 16:09



L'alimentazione veneta è dominata da quattro elementi: riso, polenta, fagioli e baccalà, ai quali possiamo aggiungere le patate e gli ortaggi.
Il riso arrivò dal mondo arabo in seguito ai commerci, e dalla prima metà del ‘500 venne coltivato nelle vaste pianure (dove oggi si produce il vialone nano) generando circa quaranta piatti diversi come i "risi e bisi". Con la scoperta dell’America si conobbero la farina di mais e i fagioli. Dai mari del Nord, lungo le rotte del Baltico, giunse invece il baccalà (stoccafisso), forse l’alimento “unificatore" della cucina veneta.
Attorno a questa base troviamo un ricco assortimento di prodotti che l'abilità dell'uomo ha messo a disposizione di massaie e cuochi: salumi, formaggi e prodotti dell'orto, primi fra tutti radicchio e cipolle, tanto è vero che molte preparazioni dove l’ingrediente principale è la cipolla si dicono “alla veneziana”.
Largamente superata dalla onnipresente polenta e dagli gnocchi, la pasta veneta si identifica con i “bigoli”.
Andando a guardare nelle ricette delle sette province, pur legate ciascuna ai prodotti del territorio, si nota la presenza del pepe, della cannella, dei chiodi di garofano e dell'uvetta di Corinto. Qui non solo si commerciarono le spezie ma si sfruttarono anche per creare pietanze eccelse come le sarde in saor. Fu nel Cinquecento, che sulle tavole dei signori di alcune città arrivarono le carni dei grandi volatili, ed oggi sopravvive l'uso della “Oca in onto” (oca sotto grasso), alla quale ricorrevano le famiglie per conservare sufficienti scorte di carne e di grasso per l'inverno. Fra i trattati di cucina che codificano la gastronomia veneta, ricordiamo Anonimo Veneziano nel ‘300, Mastro Martino nel ‘400 con tante ricette di mostarda pestata, e Bartolomeo Scappi (fine ‘500) con salse e mostarde che ricalcano preparazioni orientali ricche di spezie. In questo percorso nella letteratura gastronomica non possiamo dimenticare il famosissimo Francesco Leonardi (seconda metà ‘700), con la "zuppa di riso alla veneziana", alimento d’origine turca, e il “fegato alle cipolle”.
Altre specialità locali rinomate sono il cicchetto di Venezia o il pandoro di Verona le cui radici affondano nell’arte di lavorare lo zucchero della Serenissima.
sole281
00domenica 17 settembre 2006 16:11
CICCHETTO e OMBRA di Venezia
Si tratta di uno stuzzichino rompidigiuno, consumato di mattina quando non c'è tempo da perdere.
A Venezia il cicchetto è associato indissolubilmente ad una "ombra", ossia un bicchiere di vino. Quest’ultima istituzione locale sembra prenda il nome dall'antica abitudine dei mercanti di piazzare i banchi di mescita all'ombra del campanile di San Marco per tenere fresco il vino; ancor oggi nella città lagunare si dice "andar per ombre", quando si vuole indicare il rito dello spuntino di mezza mattina.
Sono molti i bacari (osterie) dove è possibile trovare il cicchetto, la cui composizione varia a seconda del periodo dell'anno. Si tratta di un piccolo assaggio di pesce o di salumi, caldo o freddo, appoggiato su pane.
Sorseggiando la "ombra" è possibile per esempio degustare baccalà mantecato, sarde in saor, vongole, chioccioline di mare, moscardini appena lessati (polipetti di piccole dimensioni) e nervetti (cartilagini di vitello lessate e servite in aceto e olio).
sole281
00domenica 17 settembre 2006 16:11
Dalle FRITOLE alla FUGASSA
l Veneto ha una parte di grande rilievo nell’arte bianca italiana, per diverse sue peculiarità.
Storicamente fondamentale è stato il ruolo interpretato da Venezia, in bilico tra cucina nobile e tradizione contadina, tra sapore d’oltremare e di terraferma. Eloquente la sua biscotteria: baicoli, frìtole, zaleti, bussolai, cui vanno aggiunti i dolci della tradizione ebraica. Questa regione, da molti definita “la dolce”, offre straordinarie realtà come il pandoro, o il tiramisù (dolce moderno per eccellenza veloce e speciale quando fatto in casa), accompagnate dal nadalin o dal gelato.
La variegata ricchezza del territorio, dalle Dolomiti al Delta del Po’, offre ingredienti che spaziano dalle castagne alla farina gialla, dalle mele alle giuggiole, per arrivare fino ai numerosi vini dolci.
In tutta la regione è forte l’attaccamento alla tradizione, al dialetto e alle dolcezze di un tempo, come la pinza o la putana (fatte in casa con farina bianca e gialla, mele e frutta secca), e la fugassa dalla pasta morbida e delicata da inzuppare.
sole281
00domenica 17 settembre 2006 16:39
BAICOLI biscotti di mare
La Venezia del ‘700 e il mare, l’alta pasticceria e le tratte commerciali, la mondanità dei caffé e le cambuse di bordo: tutto questo incarnano i baicoli, punta di diamante della biscotteria veneziana.
A guardarli si comprende come la forma, ricorda vagamente la sagoma di un pesciolino, abbia ispirato il loro nome che nel dialetto lagunare indica i piccoli branzini.
Dolci a lunghissima conservazione, i baicoli si adattavano perfettamente ai viaggi per mare intrapresi dai mercantili della Serenissima, ma allo stesso tempo sapevano figurare con eleganza nelle pasticcerie e nei caffé più alla moda del tempo.
Facilissimi da reperire anche oggi, si gustavano insieme con tè o caffé, anche se c’era chi li preferiva accompagnati al vino moscato dei Dogi o allo zabaione veneziano.

sole281
00domenica 17 settembre 2006 16:40
Baicoli veneziani
Su una spianatoia versate della farina, fate un buco nel mezzo e incorporatevi del lievito di birra sciolto con poco latte tiepido, zucchero e un pizzico di sale.
Impastate e formate un panetto sodo che inciderete a croce sulla superficie, e che metterete a lievitare coperto con un tovagliolo di stoffa per circa mezz’ora in luogo tiepido.
Quando il panetto avrà raddoppiato il suo volume, incorporatevi: burro, spremuta d’arancia e farina. Lavorate il composto a formare rotoli del diametro di tre dita che poserete su una piastra, e lascerete lievitare in luogo tiepido per circa due ore.
Passate i rotoli in forno tiepido per i primi dieci minuti e poi in forno caldissimo fino a cottura completata.
Sfornate e dopo che i rotoli si saranno raffreddati completamente, tagliateli a fettine sottili e rimetteteli in forno a biscottare a forno bassissimo.
Quando i baicoli saranno pronti, lasciarli raffreddare e conservarli in un recipiente ben chiuso.
sole281
00domenica 17 settembre 2006 16:41
NADALIN per i Della Scala
È il dolce tipico di Verona, dalla cui ricetta sul finire dell’800 sembra sia nato il pandoro. L’origine di questa preparazione, tanto radicata nella tradizione da essere la preferita “di ceppo”, risale al 1260, quando i Della Scala signori di Verona, nel primo Natale seguente al loro insediamento diedero l’incarico a un pasticcere locale di “inventare” un dolce simbolo della grandezza della città.
Tale fu il successo che subito il nadalin divenne il dolce cittadino per antonomasia ed in particolare del Natale.
Il suo aspetto di stella soffice e compatta lo collega a numerose leggende, che accostano la sua fama sia alla cometa dei Magi che al sole a raggi simbolo di luminosità ed energia nei riti pagani.
sole281
00domenica 17 settembre 2006 16:42
Nadalin veronese


Versare su una spianatoia della farina a fontana e mettervi al centro: burro, zucchero, uova, lievito di birra, succo di limone, sale, vanillina e vino passito. Lavorare accuratamente l’impasto fino a che risulterà liscio ed omogeneo.
Coprire il composto con un panno e lasciarlo lievitare per almeno tre ore in ambiente tiepido.
Adagiare l’impasto in uno stampo profondo a forma di stella e cospargerne la superficie con mandorle tritate o pinoli.
Passare in forno ben caldo per almeno cinquanta minuti.
Una volta sformato, ricoprire il nadalin di zucchero a velo e lasciar raffreddare prima di servire.
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