ongii...

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ittidu
00martedì 7 dicembre 2004 17:24
così non vale...ti approfitti del fatto che dovessi stare a scuola 7 ore di fila per superarmi in quanto a messaggi...tu mi colpisci alle spalle...[SM=g27815]

vabbeh,un po'di post inutili e superflui(esattamente come questo[SM=g27827] )e riporto la situazione in parità[SM=g27822]
ongii
00martedì 7 dicembre 2004 17:45
Re:

Scritto da: ittidu 07/12/2004 17.24
così non vale...ti approfitti del fatto che dovessi stare a scuola 7 ore di fila per superarmi in quanto a messaggi...tu mi colpisci alle spalle...[SM=g27815]

vabbeh,un po'di post inutili e superflui(esattamente come questo[SM=g27827] )e riporto la situazione in parità[SM=g27822]



lo sai che non me ne ero accorto. guarda, siccome è aumentato il numero di post inutili anche per me, o cmq di post di "chiacchiera", mi prendo la briga di stare un pò fermo, che mi fa bene.
intanto vai tu davanti, vai in avanscoperta, ho voglia di stare nelle retrovie.
astrodanzante
00martedì 7 dicembre 2004 19:41
se continuo con questo ritmo...

27 messaggi in 5 mesi...

250 in 2 settimane....

:)))

vi riprendo a tutti :)

speriamo che mi passa :))))
dianne
00martedì 7 dicembre 2004 20:50
yeah![SM=g27815] [SM=g27814] [SM=g27815] [SM=g27814]


(tanto per...)

sbagliato topo? quello visionario è di là...[SM=g27830]
batto
00martedì 7 dicembre 2004 21:22
Ne deve fare di strada il giovane puledro...
ittidu
00martedì 7 dicembre 2004 22:57

Scritto da: ongii 07/12/2004 17.45


lo sai che non me ne ero accorto. guarda, siccome è aumentato il numero di post inutili anche per me, o cmq di post di "chiacchiera", mi prendo la briga di stare un pò fermo, che mi fa bene.
intanto vai tu davanti, vai in avanscoperta, ho voglia di stare nelle retrovie.


non farlo!ormai tu e astro siete l'anima del forum,se se ne va uno dei due anche per un giorno solo posso già diagnosticare la morte cerebrale del forum![SM=g27828]
ittidu
00lunedì 19 dicembre 2005 15:22
si uppa con 4 giorni di ritardo per festeggiare la mesterizzazione di diego

però"membro master"mi pare'na cosa da gioco di rùolo
[SM=g27824]
[ero indeciso se uppare qùesto o qùello dei 1000(triplicato,ovvìo),la scelta è ricaduta su qùesto per motivi telefonici]
astrodanzante
00lunedì 19 dicembre 2005 17:46
La storia di una rincorsa...

Mi hai quasi ripreso die', con questo sto a 3035... It di te mi risulta impossibile tenere il conto, a quanto stai?
ittidu
00lunedì 19 dicembre 2005 18:45
(marco immagino che tu ti sia guardato il numero di posts in tutto effeffezzeta e non solo nel forum...se è così diego è a 3100 e passa,dunque t'ha già superato...questo è il topic adatto per ammetterlo [SM=g27828] )

per quanto riguarda me...dipende...ci sono i posts andrani,quelli di diegodanzante,quelli foruncolosi...e forse anche due o tre itfibopolissanti...il mio frado dipende da quali di questi si contano!
indicativamente se ne aggiungono un migliaio a quelli di ittidu...dunque sarò a 2700(2670...boh,un m'ho riordo a quanto sto qui [SM=g27827]: )

aggià,poi ci sono anche quelli bannianti
ittidu
00lunedì 16 gennaio 2006 14:06
e stellina gialla2 per diego!
Ianna
00martedì 17 gennaio 2006 09:30
ongii
Senza equivoco:ongii se te ne stai muto qui il forum perde minimo il 50%.Almeno per me.Ciao.Ianna
Giusitta
00martedì 17 gennaio 2006 09:42
[SM=g27831]
[SM=g27820]:

batto
00martedì 17 gennaio 2006 09:51
Re: ongii

Scritto da: Ianna 17/01/2006 9.30
Senza equivoco:ongii se te ne stai muto qui il forum perde minimo il 50%.Almeno per me.Ciao.Ianna



non se ne può più di Ongii.
senza lui il forum perde il 50% di cazzate.
lemiemanisudite2.
00giovedì 14 febbraio 2008 11:35


Lo posto qui perchè è lunghissimo e perchè so che a Ongii piace leggere. Diego, non sono faziosa, mi piacciono le prospettive complesse e mi piace discutere. Anche cambiare idea, quando sbaglio prospettiva.



LA RESISTENZA MAI RACCONTATA di Gabriella GRIBAUDI (UNA CITTÀ, n. 121, maggio-giugno 2004)

Un’occupazione, quella tedesca nel meridione, costellata di stragi, rappresaglie, vessazioni sistematiche. L’uccisione dei maiali e il razzismo che le umiliazioni gratuite tradivano. Una resistenza popolare, che conobbe la rivolta in armi dei napoletani, ma anche la non collaborazione, l’ospitalità ai fuggiaschi, agli ebrei, la fedeltà a canoni tradizionali. Un unico modello celebrato di resistenza.

Gabriella Gribaudi insegna Storia contemporanea presso la facoltà di Sociologia dell’università Federico II di Napoli. Ha pubblicato Mediatori, Rosenberg & Sellier, Torino 1980; A Eboli, Marsilio, Venezia 1990; Donne, uomini, famiglie, Napoli, L’ancora del Mediterraneo, Napoli 1999; Terra bruciata. Le stragi naziste sul fronte meridionale, L’ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; fa parte della direzione di Quaderni storici.

Durante la seconda guerra mondiale quali caratteristiche ha avuto la presenza dei tedeschi nella zona del fronte meridionale, cioè nel territorio compreso tra il luogo dello sbarco alleato del 9 settembre del 1943, il golfo di Salerno, e la linea di fortificazione Gustav, da Minturno a Cassino?

Gli alleati sbarcarono il giorno successivo alla firma dell’armistizio, per cui i tedeschi si trovarono a combattere contro di loro e nello stesso tempo a occupare il territorio, coincidenza che sicuramente aumentò il livello della violenza. Tutta questa zona della Campania e del basso Lazio era stata definita dai tedeschi “zona di occupazione”, come pure Trieste. Essendo una zona di fronte il governo civile italiano venne esautorato; diverso il caso dell’Italia del nord dove c’era la Repubblica Sociale che, con tutti i limiti di un governo violento e alleato coi tedeschi, conservò però una parvenza di giurisdizione civile. Nelle zone di operazione venivano invece applicate le leggi di guerra tedesche, che poi sono quelle di un esercito di occupazione, perciò qualsiasi atto di disobbedienza della popolazione civile diventava passibile di fucilazione con estrema facilità. In alcune zone di fronte, per esempio, se si prevedeva che ci fosse una battaglia o si dovevano fare delle fortificazioni o c’erano delle particolari posizioni tedesche da difendere, si faceva evacuare la popolazione con un decreto, così, dall’oggi al domani. Sulla fascia costiera di Napoli la gente fu costretta ad evacuare nel giro di poche ore per un raggio che inizialmente era di tre chilometri. I racconti parlano di persone cacciate dalle case, di camion che le raccoglievano per portarle via, di gente che piangeva, che scappava portandosi sulla testa quello che riusciva a salvare, di donne che non trovavano i bambini. Chi non ubbidiva all’ordine di evacuazione e tornava nei luoghi di combattimento dell’esercito tedesco poteva essere considerato una spia e quindi ucciso seduta stante. Sul fronte meridionale questa è stata una delle maggiori cause di morti civili: anche le donne sorprese in zona di evacuazione potevano venire uccise. Il maggior numero di morti è stato comunque fra i contadini; in genere, se costretti ad andare via, non potevano portarsi le bestie, sempre che i tedeschi non gliele avessero già requisite o uccise. Così i contadini si nascondevano per poi tornare per dar da mangiare agli animali o per portarli via nottetempo. In questo modo ne sono morti tantissimi. Nella zona di Mondragone gli uomini fucilati per motivi del genere sono stati una cinquantina. Klinkhammer, un famoso studioso dell’occupazione tedesca in Italia, sostiene che in questa zona l’occupazione è stata particolarmente dura perché si sono sovrapposti diversi livelli di violenza. Innanzitutto, dopo l’8 settembre, i possibili mediatori erano scappati tutti. La gente lo ricorda: “Eravamo in balia delle onde, nessuno ci difendeva”; molti furono costretti a rifugiarsi nelle chiese, spesso l’unica possibilità di riparo. Infatti molti parroci e vescovi erano rimaste le uniche figure di riferimento del territorio e molti cercarono di assumere ruoli di mediazione coi tedeschi. Vicino a Napoli, a Mugnano, che si venne a trovare su una linea di fortificazione, due seminaristi, un diacono e un sacerdote, andarono insieme da alcuni gerarchi locali per mediare col comandante tedesco che il primo di ottobre aveva dato l’ordine di evacuazione; la gente era andata a cercare i “preti” nelle loro case per spingerli ad accompagnare i notabili fascisti di cui non si fidavano appieno. La mediazione fu negativa, il comandante quasi non li lasciò parlare e intimò loro di allontanarsi e di non fare ritorno al paese. I quattro religiosi si diressero verso il centro vicino, ma poi deviarono per un sentiero tornando alle loro case; scoperti, il comandante ne ordinò la fucilazione immediata e li fece schierare contro il muro di una masseria, i due collocati agli estremi riuscirono però a fuggire scampando all’eccidio. Bisogna poi ricordare che alla legislazione di guerra si sovrapponeva la necessità tattica di fare terra bruciata agli alleati che stavano arrivando; un comportamento non nuovo per un esercito in ritirata, ma che qui assunse caratteri di particolare efferatezza, perché si era subito dopo l’8 settembre, quindi agiva la volontà di vendicarsi contro gli italiani che avevano tradito l’alleanza con Hitler. La distruzione del territorio, già disastrato dai bombardamenti alleati, fu così perpetrata con grande violenza: a Napoli misero mine dappertutto, distrussero le fabbriche, gli alberghi principali, ma anche nei paesi, prima di andare via, minarono i municipi, i palazzi dei nobili locali, le ville. Infine c’è una vicenda che la memoria nazionale ha completamente rimosso e sono le enormi razzie di uomini; dimenticate proprio perché, a differenza di quelle avvenute nel nord, riguardarono i civili. Noi abbiamo trovato sia gli ordini che gli elenchi di deportati. Un ordine del 20 settembre per esempio imponeva di razziare tutti gli uomini per portarli in Germania per il lavoro coatto; fu allestito un campo di raccolta a Sparanise, che sta vicino alla ferrovia, e lì raccolsero gli uomini da deportare. Le razzie avvennero fulmineamente in tutta la Campania e il basso Lazio nello stesso giorno, il 23 settembre, circondando i paesi e prendendo tutti gli uomini; tra questi e quelli presi a Napoli il 26 e 27 settembre siamo sui 18.000 -il numero è stato raccolto da Klinkhammer ed è verosimile. Per dare l’idea di quello che fu l’occupazione tedesca nel Meridione, voglio menzionare anche l’ordine che imponeva di non consumare nessuna derrata o bene dell’esercito tedesco, ovvero di usare esclusivamente le risorse degli italiani. Questo si tradusse nella requisizione di tutti gli animali e spesso, quando non potevano essere consumati subito o portati via, nella loro eliminazione. In ogni paese esaminato, tutti insistono sul fatto che i tedeschi portarono via tutto. Rispetto, poi, alle uccisioni sistematiche degli animali che non potevano portare con loro, i testimoni dicono che lo facevano per spregio: glieli uccidevano davanti agli occhi e non glieli facevano prendere. Abbiamo raccolto tantissime testimonianze su questo aspetto, molte sono sul maiale e hanno un aspetto antropologico interessante, la gente infatti si immaginava questi tedeschi particolarmente amanti del maiale: “ai tedesche ce piaceva assai o maiale”. Il maiale, tra l’altro, va ucciso seguendo una determinata procedura e poi va subito tagliato; non lo si può ammazzare a mitragliate o a colpi di pistola: significa sprecarlo; è appunto in questo che consisteva lo spregio fatto alla gente. Lo dice bene Vincenzo Salierno, un testimone di Buonalbergo: “C’era stato un periodo prima, che erano passati dei tedeschi e andavano girando per le case ammazzando i maiali. Ammazzando i maiali nelle case, proprio nelle case, qui, qui, qui a Buonalbergo. Ma poi li prendevano? No, li ammazzavano e li lasciavano... Il maiale se lo uccidi in un modo... Ecco, se viene sparato, l’animale non può essere più recuperato”. E poi Arturo Cavuoto di Ripabianca-Ceppaloni: “A Ripabianca facevane strage i tedeschi... se pigliavene e caprette, se pigliavene o puorche, se pigliavene i sasiccie, lardo... Tutto, tutto... ievene a mbaz’ì po’ puorche, baste che truvavene o porche subite l’accerevene e o mettevene”.

I militari tedeschi presenti in questa zona appartenevano a corpi speciali? Come si spiega una tale ferocia?

Qui c’era la divisione Hermann Goring, la responsabile dei maggiori massacri in Italia: ha compiuto sicuramente la strage di Civitella Val di Chiana e mi pare anche quella di Marzabotto. Si trattava di una divisione della Wehrmacht e non delle SS, anche se la gente spesso dice che c’erano le SS perché pensano che dei militari normali non avrebbero potuto agire con tanta ferocia. La Goring era un corpo d’élite della Luftwaffe, costituita da paracadutisti di una divisione corrazzata e particolarmente ideologizzata, raccoglieva infatti i suoi adepti tra le fila della Hitler Jugend, la gioventù hitleriana. Furono presenti anche a Napoli nelle Quattro giornate, poi fecero il massacro di Acerra, dove c’era stata un’insurrezione simile a quella napoletana; la gente aveva fatto le barricate per non fare entrare i tedeschi, loro arrivarono con tre o quattro carrarmati, travolsero le barricate nella via principale del paese sparando contro le case e poi bruciandole. Non solo: man mano che la gente usciva fuori la uccidevano, anche donne e bambini. La conta sicura è di 100 morti, ma probabilmente il numero è superiore. Un dato importante è che la Hermann Goring veniva dal fronte orientale, quindi era abituata a un alto livello di violenza. In Italia infatti non si è mai arrivati ai tassi di violenza del fronte orientale, anche se il caso campano e del basso Lazio dimostra come i tedeschi usassero sistematicamente il massacro come strumento d’intimidazione della popolazione civile. Questo tra l’altro ben prima della primavera del ’44, anticipando quindi quella condotta di guerra che invece viene fatta comunemente risalire alle “misure antipartigiane” del maresciallo Kesserling. La posta in gioco del resto era altissima: in Campania si combatteva una battaglia decisiva per la continuazione della campagna d’Italia. Nonostante la superiorità dell’artiglieria e dell’aviazione alleate, bisognava rallentare l’avanzata nemica e attestarsi su una robusta linea difensiva. Inoltre il retroterra politico-ideologico del nazismo e il contesto normativo permissivista e protettivo che si era creato consentivano un livello di violenza talmente elevato da non tollerare nessuna disubbidienza da parte della popolazione, per cui si ricorreva facilmente al massacro. Ma ci sono stati anche dei casi classici di rappresaglie, cioè di ritorsioni contro atti ostili antecedenti, quindi di vendette. A Bellona, per esempio, dopo l’uccisione di un tedesco vennero ammazzati 54 civili smentendo quella proporzione di 1 a 10 che la gente cita generalmente, e che dalla documentazione in effetti non risulta. Le rappresaglie pigliavano un po’ a caso e in alcuni casi si riusciva addirittura a trovare un accordo. In un paese, ad esempio, fu un sacerdote, mi pare un salesiano, a incaricarsi della mediazione e in cambio della rinuncia alla rappresaglia i tedeschi accettarono una transazione commerciale, misero cioè dei camion in piazza perché la popolazione del paese li caricasse di alimenti. Nelle Quattro giornate invece ci furono molti massacri di civili, ma anche questo non si ricorda; l’insurrezione napoletana è ancora molto sottostimata per certi aspetti. La gente si era ribellata spontaneamente in un crescendo che ebbe il suo culmine quando i tedeschi iniziarono i rastrellamenti degli uomini. Come risposta, i nazisti entrarono in città e passarono nelle vie principali coi carrarmati. Alcuni testimoni ricordano che dopo aver avvertito uno sparo in un vicolo vicino a via Roma, nei pressi di piazza Dante, i tedeschi puntarono il cannone del carro in quella direzione uccidendo una famiglia intera e altre persone. La strategia dell’esercito occupante, di fronte all’insurrezione di una città, fu insomma quella di sparare nel mucchio. Poi però la storia dell’insurrezione napoletana è stata rielaborata solo come storia di combattenti, ignorando l’aspetto del massacro della gente. Il libro di Bocca per esempio parla di 50 o 60 morti, quando invece furono circa 160.

Questo perché si voleva appiattire tutto sul modello della resistenza nel nord Italia?

Di fatto è andata così. Quella in Campania e nel basso Lazio è una resistenza che avviene subito dopo l’8 settembre e io stessa prima di studiarla non pensavo che avesse questo spessore. Leggendo i libri di Meneghello o di Fenoglio si trovano descritte situazioni simili: subito dopo l’annuncio dell’armistizio la gente non sa che fare, i ragazzi si organizzano, cercano di difendersi. Soprattutto Piccoli maestri dà un quadro molto simile alla situazione che c’era qua, dove non c’è stato materialmente il tempo di creare un’organizzazione. Del resto anche al nord le organizzazioni partigiane si formarono mesi dopo; all’inizio tutti quanti si difesero come poterono oppure si nascosero. Da noi tutti gli episodi di resistenza, anche quella armata tipo Napoli o Acerra, non furono politici, bensì legati alla socialità di quartiere. Poi ovviamente se c’era l’antifascista del quartiere era lui a prendere in mano la situazione, ma più spesso era quello che magari aveva fatto il soldato e ne capiva di più. Si trattò quindi di una resistenza non organizzata e spesso molto popolare. Certo, al Vomero c’era tutto un gruppo di studenti che combatteva e che poi nel dopoguerra è stato individuato dalle sinistre come gruppo organizzato. Però la caratteristica principale resta che, nonostante ci fossero soldati sbandati (napoletani e non), quando i tedeschi cominciarono i rastrellamenti a tappeto fu la popolazione a reagire. Molti uomini infatti a quel punto invece di scappare presero le armi, ci furono infatti saccheggi alle caserme compiuti da italiani. Cominciò così un’insurrezione “defilata”, condotta un po’ come adesso gli scippi, per cui si stava nascosti nei quartieri dove i tedeschi non osavano inoltrarsi per paura di rimanerci invischiati, e poi si facevano delle incursioni nelle vie principali, si sparava, si gettavano le bombe contro i tedeschi che stavano passando, quindi ci si ritirava di nuovo nei vicoli. Vennero fatte anche barricate importanti, ma si trattava sempre di gruppi legati al territorio e ad esigenze di difesa. Del resto la resistenza comincia sempre così: è un non tollerare una violenza che sta toccando tutti e che tocca il tuo territorio. Questo la gente lo spiega bene. Magari è un’elaborazione successiva, però forse neanche tanto, perché è gente che non ha grosse ideologie. Ci furono sono anche dei fascisti che combatterono nelle Quattro giornate. Noi ne abbiamo intervistato uno che allora era giovane e che semplicemente reputò che i tedeschi stessero esagerando, quindi prese le armi per una sorta di amor patrio. Tant’è che quando tutto finì lui rimase fascista. I tedeschi del resto avevano compiuto azioni durissime in città; prima dell’insurrezione, il 12 settembre, avevano ucciso dei marinai e dei civili vicino all’università, a piazza Borsa, rastrellando tutta la popolazione presente per costringerla ad assistere, addirittura a battere le mani, mentre uccidevano un marinaio sulle scale dell’università. Ecco, il testimone da noi intervistato era in quella folla e per la rabbia poi combattè nelle Quattro giornate.

Quindi c’è stata una specificità dell’esercito tedesco rispetto alla violenza e all’umiliazione delle vittime.

Certo, la specificità della violenza lo differenzia dagli eserciti alleati che pure commisero violenze; i bombardamenti alleati qua furono terribili, ci furono morti a non finire. Nel caso napoletano è stato forte anche l’elemento razzista, che ha giocato moltissimo nell’Europa dell’Est e molto meno in quella occidentale, se si esclude la persecuzione antiebraica. I tedeschi nel Sud furono particolarmente violenti un po’ perché erano molto arrabbiati con gli italiani per il tradimento dell’alleanza, ma un po’ anche per disprezzo verso questa popolazione meridionale. Nei giorni immediatamente successivi all’8 settembre saccheggiarono moltissimo, andavano nei magazzini del regime, li aprivano e cominciavano a servirsi, poi aprivano le porte alla gente, spesso per provocare disordini; una volta che la gente era entrata (essendo affamatissima si buttava a pesce nel saccheggio), arrivavano loro e sparavano in aria, li irridevano e giravano dei filmati. Ho provato a cercarli, ma non ci sono, eppure tutti dicono che sono stati fatti. I tedeschi insomma si divertivano a filmare questa plebe lacera che si contendeva i resti dei loro saccheggi. Un testimone ci ha raccontato che da bambino era andato con altri a saccheggiare, c’erano dei bidoni di olio, a un certo punto i tedeschi li sorpresero e chiesero loro se volevano l’olio, i ragazzini pensarono di averla scampata, ma, racconta il testimone, il tedesco li obbligò a immergersi nei bidoni e quando uscirono tutti pieno di olio si divertirono a fotografarli. Ora, sarà vero o no, l’avrà visto o l’avrà vissuto, dà comunque l’idea di come la popolazione percepisse i soldati tedeschi. Moltissime testimonianze sottolineano proprio la volontà di umiliazione e la violenza gratuita degli occupanti che si presentavano col mitra, facevano paura. C’è insomma tutto il repertorio classico, come far scavare la fossa a quelli che stavano per fucilare, tutto per far capire che loro potevano dare la morte quando volevano. Questo la gente ce l’ha molto presente, molto più di quanto pensassi. E’ un mito che nel sud si ricordino il tedesco buono; io ho trovato tantissime testimonianze contrarie; probabilmente sono tutte storie che non avevano avuto voce. Resta il fatto che non c’è una memoria unica: chi ha vissuto le violenze dei tedeschi dice che erano terribili, chi non le ha viste dice che no, i tedeschi erano meglio degli alleati. Un piccolo paese che ho studiato, e che si trovava sulla linea Gustav, è stato bombardato nell’autunno del ’43, ha avuto più di cento morti, poi è stato liberato dalle truppe marocchine e gli stupri certi mi pare siano stati 120 o 130, quindi una grossa parte delle donne del paese; ho raccolto testimonianze agghiaccianti, bambine di 11 o 12 anni prese da 20 o 30 soldati; ovviamente per queste donne e questi uomini, alcuni dei quali costretti a vedere stuprare le loro mogli e figlie, la violenza è stata quella dei liberatori.

L’idea di patria è uno dei cardini sia della retorica resistenziale che di quella repubblichina; che idea di patria emerge invece da queste testimonianze?

Direi che qui siamo fuori da entrambe queste retoriche, perché ad esempio di Salò nessuno parla, molti non sanno proprio che cosa sia. Nei discorsi sulla patria emerge l’esigenza della difesa; a Napoli, più che altrove, è fortissima l’identità cittadina, quindi la necessità di difendere la città. C’è un brano di Meneghello in cui il protagonista incontra una banda partigiana di un paese e nasce una discussione sulla morale, alla quale questi pongono fine dicendo nel loro dialetto che a loro importava di difendere il loro paese, il resto erano solo parole. A quel punto anche l’autore conviene che la patria non è una cosa astratta, è la quotidianità, è la rete sociale in cui viviamo, e se qualcuno tenta di distruggercela la difendiamo istintivamente. A questo proposito noi usiamo la definizione di “resistenza ordinaria”. Si possono infatti distinguere diverse categorie di resistenza: c’è quella armata e qui c’è stata, anche se in una forma popolare che non è rientrata nei canoni interpretativi. Mentre infatti le insurrezioni delle città del Nord erano state organizzate dal Cln, qui la gente è insorta senza una direzione organizzata. Le Quattro giornate per esempio vengono giudicate un episodio onorevole per la città, ma di tipo populistico, al punto da assimilarlo alla rivolta di Masaniello e alle altre ribellioni susseguitesi nella storia di Napoli. Io non condivido questa valutazione, innanzitutto perché mi pare un fatto importante che la città, in assenza di qualsiasi direzione politica, abbia dimostrato di sapersi opporre con le proprie forze, e poi perché bisogna tener conto dello specifico momento storico: allora non c’era la possibilità di organizzarsi. La mitologia della resistenza è molto legata al Cln e alla costruzione fatta dai partiti nel dopoguerra, qui invece i partiti non c’erano. C’è poi un altro tipo di resistenza, che è stata chiamata resistenza civile ed è quella, ad esempio, delle donne che aiutano gli uomini che combattono o che comunque si rifiutano di collaborare con gli occupanti. Infine c’è la resistenza della gente che difende i propri modi di vedere il mondo, i propri codici morali e che non è disposta a cambiarli, per cui se si presenta uno che deve essere aiutato lo si aiuta senza pensarci troppo, obbedendo semplicemente a un codice assimilato. In quest’ultima categoria rientra anche la resistenza della gente che difende il proprio quotidiano, le proprie cose, il vicino. E’ gente che resiste nelle pieghe, per così dire, ma che lo fa onorevolmente. Ovviamente, siccome in questa zona tutto ha avuto tempi molto brevi, non possiamo sapere cosa sarebbe successo sul lungo periodo, quando cioè si sarebbero dovute operare delle scelte più definitive. Però vedere come queste persone si sono comportate nell’immediato può darci delle indicazioni. In effetti si tratta di una popolazione che è vittima della guerra e che ha poche vie d’uscita. Sono sempre i deboli che, di fronte a un potere molto più forte, non avendo molte alternative, cercano di attivare dei comportamenti minimi di resistenza.

Accennavi all’episodio di un paese del casertano che ha protetto una trentina di ebrei con le famiglie...

Nel settembre del ’42 venne deciso il lavoro coatto degli ebrei; una parte degli ebrei napoletani in età da lavoro venne così precettata e inviata in questo paese dell’alto casertano che si chiama Tora e Piccilli. All’arrivo di questi 31 ebrei maschi venne istituita una locale stazione dei carabinieri con tre uomini e il podestà, che pare avesse proposto Tora come paese d’internamento. I torani raccontano che erano stati affissi dei manifesti per informare la popolazione che sarebbero arrivati questi ebrei e che andavano isolati: non si sarebbe potuto parlare con loro oltre a tutta una serie di misure di segregazione. All’inizio fu il caos: gli ebrei avrebbero dovuto fare dei lavori agricoli, invece vennero messi a fare lavori nelle strade. Questo fece sì che questi ebrei cominciassero ad avere contatti con la popolazione a vari livelli. Nel paese c’era il palazzo avito della baronessa Falco, che normalmente risiedeva a Napoli dove frequentava l’élite di cui facevano parte anche alcuni dei deportati. Ebbene, vedendoli arrivare a Tora in quelle condizioni la baronessa non si capacitò di quanto stava accadendo e fu così la prima ad aprire loro la propria casa; ci sono le fotografie di questi ebrei sul terrazzo con la baronessa e le sue figlie che conversano o fanno feste. La baronessa quindi non dette retta alle leggi razziali del regime, riconoscendo come codice identitario e morale la classe sociale. A un certo punto la censura trova addirittura una lettera delle sue figlie in cui c’era scritto che s’annoiavano tanto e che per fortuna erano arrivati gli ebrei, così ora si divertivano. Già questo è significativo, non so se in Germania sarebbe mai potuto accadere. A quel punto, allora, anche l’arciprete accettò i nuovi venuti, abbiamo delle foto del fratello dell’arciprete con gli ebrei. L’élite dunque si dimostrò aperta. Una famiglia antifascista poi si offrì di ospitarli. I coatti si trovarono talmente bene nel paese da farsi raggiungere dalle famiglie; per sfuggire ai bombardamenti si rifugiarono a Tora e Piccilli addirittura degli ebrei napoletani non coatti. Alla fine erano circa una settantina. Dopo l’8 settembre, quando i tedeschi diventarono nemici, gli ebrei furono impiegati nella costruzione di una serie di linee di fortificazione; in quella zona infatti c’era una linea molto importante, quella del Volturno, detta Viktor, dopo la quale c’era la Bernhard, per arrivare infine alla Gustav che è quella di Cassino. Gli ordini erano di resistere su queste varie linee per un certo numero di giorni e pian piano indietreggiare per poi attestarsi su Cassino. La zona quindi era piena di tedeschi, eppure nessuno degli ebrei di Tora fu preso, mai; i tedeschi tra l’altro rimasero lì due mesi, se ne andarono solo a novembre. Anche a Tora il 23 settembre vennero razziati gli uomini, ma non gli ebrei, già fuggiti, forse perché temevano di più i tedeschi; comunque nessuno dei torani fece la delazione su dove fossero nascosti gli ebrei, addirittura due donne ebree vennero indicate dal podestà per fare le interpreti perché sapevano il tedesco e nessuno le tradì. Probabilmente questo non fu un atto di particolare eroismo, semplicemente non ci pensarono, non pensarono che in quel momento i tedeschi volessero prendere gli ebrei, e forse davvero i tedeschi in quella situazione non erano particolarmente interessati alla deportazione di ebrei; resta il fatto che se l’avessero saputo li avrebbero presi. I torani invece protessero i loro ebrei, si nascosero con loro nelle grotte; un caso di resistenza ordinaria, di adesione spontanea a un codice morale che permane e in cui si crede, al di là della guerra e degli ordini del regime.

Questi atti di disubbidienza però poi sono stati interpretati dalla storiografia ufficiale alla luce dell’evoluzione dei fatti successiva al ’46, quindi del voto massiccio delle popolazioni meridionali per la monarchia e per le destre, che ha alimentato lo stereotipo di una popolazione meridionale conservatrice e subalterna.

Le interpretazioni in genere sono meccaniche. Intanto bisogna considerare che la zona fino a Cassino venne liberata nel ’44 e che si trattò di una liberazione tragica, con le truppe del corpo di spedizione francese, i cosiddetti marocchini, che imperversarono incontrollate. Questo ha segnato profondamente quella popolazione, che peraltro poi non ha ottenuto alcun riconoscimento delle proprie sofferenze. Inoltre stiamo parlando di persone completamente abbandonate, che avevano trovato nei maggiorenti locali e soprattutto nella chiesa l’unico riferimento identitario e protettivo. Questo soprattutto per quanto riguarda il frusinate e la provincia di Latina. La zona della Campania invece venne liberata prima, ma alla liberazione seguì immediatamente l’occupazione alleata, definita un’occupazione del nemico-amico, perché presentava tutte le caratteristiche di un’occupazione, pur essendo fatta da un esercito alleato. Il dato interessante infatti è che le violenze tedesche in questa zona spesso andarono di pari passo con grandi violenze da parte degli alleati; a Napoli innanzitutto, bombardata come nessun’altra città italiana. Ma poi ci furono molti altri casi: a Capua, per esempio, il 9 settembre ci fu un bombardamento alleato che si dice abbia fatto mille morti; mentre i tedeschi, pur con una violenza sicuramente brutale, ne avevano fatti 60 o 70; anche a Cancello Arnone, che è sul Volturno, il bombardamento del 9 settembre fece centinaia di vittime e il paese venne raso al suolo. Ovviamente questo creò nella popolazione l’idea, che poi non è troppo sbagliata, che la guerra è una fatalità terribile che travolge i deboli e che è una faccenda in cui tutti sono cattivi. La memoria contrastata di queste popolazioni in seguito, però, è stata anche strumentalizzata da parte di chi aveva interesse a mettere sullo stesso piano vincitori e vinti. Alludo soprattutto a certe élites politiche postfasciste, fortemente interessate alla rimozione delle stragi naziste e di tutta la violenza che caratterizzò la fase dell’occupazione tedesca; quelle stesse élites postfasciste che avevano avuto il tempo di riorganizzarsi nel marasma istituzionale e sociale che si era venuto a creare, riemerse con l’occupazione alleata. Mentre infatti nel Nord, subito dopo la fine dell’occupazione tedesca, la situazione passò in mano al Cln, quindi ai partiti antifascisti organizzati, che poterono rielaborare la memoria. In questa zona del Sud invece, fra il ’43 e il ’45, si dimenticò quello che era successo: la guerra continuava,la gente stava male, non aveva la casa, c’era il contrabbando. Comunque, oltre al negazionismo di destra ce n’è stato anche uno di sinistra, determinato dal mito nazionale della Resistenza, per cui si lasciava ai margini l’esperienza di quella parte d’Italia in cui non si era potuta sviluppare la lotta partigiana nei termini descritti dal modello ideale, cioè bande militarmente organizzate da un comando centralizzato e politico. E’ significativo, ad esempio, che i partiti di sinistra non abbiano saputo dare un riconoscimento alla mobilitazione popolare delle Quattro giornate di Napoli, e questo solo perché non vi avevano partecipato attivamente. Tornando però alla questione del comportamento delle popolazioni meridionali dopo il ’46, non istituirei un rapporto diretto di causa-effetto tra il fatto di essere democratici e il voto alle sinistre; anche i cuneesi, che pure furono combattenti della Resistenza, poi hanno votato per la Democrazia Cristiana e per la monarchia. Infine c’è il fatto che dopo il ’45 la storia d’Italia in qualche modo si è divaricata e le popolazioni del Sud non si sono riconosciute nella storia di questa Repubblica che si stava costruendo come “nata dalla Resistenza”, dove per resistenza s’intendeva appunto quella armata e politicamente organizzata dei gruppi che avrebbero dato vita ai partiti del cosiddetto “arco costituzionale”. In questo senso il voto alla monarchia rappresentava anche una ricerca di protezione.

In quest’interpretazione ha certamente avuto un peso anche il prevalere della corrente idealista nella storiografia, che si concentrava sul ruolo delle élites, élites che nel Sud avevano fatto una pessima figura.

Le responsabilità della storiografia idealista, nel misconoscimento della resistenza civile e autonoma, sono evidenti e, anche se il problema è comune a tutta l’Europa, in Italia venne acuito dal ruolo cruciale assunto dai partiti nell’arena politica e sociale del dopoguerra e dalla loro influenza sulla sfera culturale. Il risultato è che non esiste ancora una storia sociale della guerra: o è o guerra di militari, e quindi si studiano gli eserciti, le tattiche militari, le strategie, oppure è guerra di resistenza, ma comunque sempre guerra di uomini armati; e questo anche in Europa. Prima che si cominci a parlare di popolazione civile ce ne vuole; anche di quello che è successo agli ebrei per lungo tempo non si è parlato: gli ebrei deportati non erano neppure stati messi nel pantheon delle vittime nazionali della guerra. E qui arriviamo al discorso sul revisionismo e l’ortodossia, perché nel conflitto tra revisionisti e ortodossi si ripropone in fondo un’ideologia di questo genere; gli ortodossi infatti difendono a spada tratta un’idea della formazione della Repubblica legata alla Resistenza armata. Gli altri a loro volta, sostenendo la legittimità e la buona fede di entrambi gli schieramenti, si muovono comunque dentro un orizzonte che considera solo i combattenti in armi. E’ esemplare a questo proposito l’atteggiamento di chi si scaglia contro la zona grigia, cioè contro coloro che non avevano scelto né una parte né l’altra, difendendo chi ha combattuto con uno schieramento preciso. Il ragionamento è di nuovo quello per cui a contare sono gli uomini armati, sono loro che fanno l’identità della patria. Questa è un’idea vecchissima che si ripropone continuamente e risale al nazionalismo risorgimentale, per cui la nazione si definiva come “nazione in armi”. Quindi l’identità della nazione era costituita dal suo esercito; di qui la consuetudine di fine ‘800 di fare delle sfilate di uomini armati che si chiamavano proprio “la nazione in armi”. La nazione invece sono anche le donne che resistono, sono le famiglie, il vivere sociale, le reti di paese. E questa nazione tanto vituperata in quell’occasione ha funzionato, mentre non hanno funzionato le istituzioni dello Stato, come non ha funzionato l’esercito che se l’era data a gambe. Purtroppo di questa resistenza manca un racconto collettivo, oppure, quando c’è, è quello di piccoli gruppi, privo di mediazioni istituzionali, espresso coi linguaggi locali, degli affetti. La mancanza di un linguaggio collettivo per esprimere la sofferenza, di nuovo, è un dato comune all’Europa della Seconda Guerra Mondiale, perché in questo evento vittime e carnefici si sovrappongono, un territorio prima viene occupato da uno e poi da un altro, c’è chi è collaborazionista e chi no, e poi la maggior parte delle vittime è morta sotto le bombe, non combattendo. Per questo non si trova un linguaggio comune per descrivere la vittima. Dopo la Grande Guerra il linguaggio è quello del soldato morto per la patria e quello del reduce. Questo linguaggio viene riutilizzato nel secondo dopoguerra per esprimere la sofferenza e il lutto, pur essendo assolutamente dissonante con quanto successo, specie in Italia, dove quasi tutti i nostri soldati erano stati fatti prigionieri, erano cioè delle vittime più che dei combattenti. Ancora adesso, se si va a una manifestazione commemorativa nella nostra zona capita di sentir suonare Il Piave mormorava e di vedere il presentatarm ai caduti. Questi caduti però sono per lo più dei civili morti sotto le bombe o nelle rappresaglie; insomma non c’entrano niente col presentatarm
(bolormaa80)
00domenica 24 febbraio 2008 23:15
Rispondo qui per non disturbare il clima da tarallucci e vino che si è creato nell’altro topic.
Premetto che i riferimenti alla spazzatura dell’Emilia rossa mi sembrano se non altro per niente pertinenti con l’argomento.
Premetto che credo che il problema di fondo di questa, come di altre discussioni, sia che c’è qualcuno che prende tutto quello che viene scritto qui sopra come qualcosa di personale, qualunque cosa venga scritta. Mi ricordo la levata di scudi quando ho scritto “lollipop quarantenni”; mi ricordo le reazioni a quello che aveva scritto Edorian tempo fa: altrettanto puerile che contare i morti, come hai scritto tu Annarella, è considerarsi il centro del mondo, fosse il mondo anche solo questo stagno informatico, da parte di persone che nemmeno si sono mai viste in faccia. E con questo che ognuno qui sopra faccia e scriva quel che vuole, nessuna intenzione di censura nei confronti di quel rincorrersi da un topic all’altro di lui, lei e l’altra che ultimamente il forum si è ridotto ad essere (fino a che Ferretti non ha pensato bene di aderire alla crociata indetta da Ferrara).
Infine, peccherò di superbia, ma non credo che la patente di raziocinio sia tu Annarella a dovermela concedere, come credo che non dovresti limitarti a guardare i film neorealisti.
Fine delle premesse, torno all’argomento.

Sarà un problema mio, ma che una storica di professione scriva “mi pare”, mi fa sorgere qualche perplessità (“Qui c’era la divisione Hermann Goring, la responsabile dei maggiori massacri in Italia: ha compiuto sicuramente la strage di Civitella Val di Chiana e mi pare anche quella di Marzabotto”). Per completezza di informazioni, la strage di Marzabotto è stata compiuta dalla 16° Divisione SS, non dalla Wehrmacht divisione Goring.
Ah, altra premessa che sopra mi sono scordata: qui non “giochiamo” a chi ha più morti di altri. Ognuno ha i suoi di morti e li piange, come deve essere, me compresa che “non sono abbastanza vecchia da aver conosciuto chi la guerra l’ha vissuta davvero”. Qui si parla alla testa, non al ventre: a parlare solo al ventre, c’è il rischio di arrivare a compiangere perfino la povera Claretta Petacci appesa a testa in giù a Piazzale Loreto (a costo di passare per insensibile, vorrei ricordare che lei almeno ci è stata appesa che già era morta). Qui si tratta di onestà intellettuale e di evitare mistificazioni che poi a ben altri livelli prestano il fianco alle sensazionali “scoperte storiche” di Pansa.
Credo che nell’articolo postato qui si sia un po’ perso il senso delle proporzioni. Non so, dall’articolo sembra quasi che sia stata una colpa la conservazione della memoria al nord e che ciò sia avvenuto solo attraverso la “retorica del 25 aprile”, per fini politici. A costo di contraddire quello che ho appena scritto, sì è stato così e ora chi vuole fare seria ricerca storica deve scontrarsi con gli ottuagenari ex partigiani che vivono ancora nel proprio mito, che dicono “la resistenza sono io” e che i documenti non li tirano fuori nemmeno dopo la morte. Ma la retorica del 25 aprile ha potuto attecchire perché quella era una memoria condivisa, non da tutti, ma da buona parte della popolazione, perché quei fatti erano stati prima vissuti, poi ricordati, prima nella sfera privata e dopo nella sfera pubblica. La Gribaudi dice: “La mitologia della resistenza è molto legata al Cln e alla costruzione fatta dai partiti nel dopoguerra, qui invece i partiti non c’erano”. E poi “E’ significativo, ad esempio, che i partiti di sinistra non abbiano saputo dare un riconoscimento alla mobilitazione popolare delle Quattro giornate di Napoli, e questo solo perché non vi avevano partecipato attivamente”. Ma non si chiede perché al sud i partiti non c’erano, e al nord invece sì. Per quale motivo, nonostante vent’anni di fascismo, i partiti comunista socialista ecc. abbiano saputo riemergere dalla clandestinità e impegnarsi nella lotta armata. Da questa ricostruzione sembra quasi che sia il nord “l’isola felice”, come se al nord il fascismo fosse stato un po’ meno fascismo che altrove, permettendo ai partiti di continuare tranquillamente la propria attività. No: i partiti c’erano, perché c’erano persone (e lo ripeto: PERSONE) che continuavano in clandestinità a tenere le fila dei rapporti: il partito, entità così astratta, erano le persone, che si esponevano in prima persona. I vertici del partito stavano in genere in esilio in Francia.
A proposito di visioni parziali: la Gribaudo spiega la resistenza al sud come una immediata reazione al bisogno di difendere la propria casa e le proprie cose, che non si è potuta evolvere in una forma organizzata per la mancanza di tempo, per la sopravvenuta liberazione. E che sì, al nord non è che all’inizio si siano poi comportati tanto diversamente: “Del resto anche al nord le organizzazioni partigiane si formarono mesi dopo; all’inizio tutti quanti si difesero come poterono oppure si nascosero“. Senza entrare nello specifico delle singole situazioni, le prime bande, ad esempio sulle montagne bolognesi, si formano tra la fine di ottobre e novembre 1943, quindi nel giro di meno di due mesi dall’armistizio. E chi entrava in queste bande, doveva sì sfuggire ai bandi di arruolamento della RSI, ma pensava di lottare, in prospettiva, non per difendere “la roba”, ma in una visione di più ampio respiro, perché la guerra finisse prima, perché dopo si potesse creare una società diversa da quella che avevano conosciuto nei vent’anni precedenti, compresa la possibilità, il sabato, di andare a morosa e non per forza alle adunate del sabato fascista. E in questo mi sembra che di retorica ce ne sia davvero poca.
Per il resto, tutti gli episodi che la Gribaudo cita, non mi pare si discostino molto da quanto avvenuto in tutta Italia: i rastrellamenti di civili (mica sono avvenuti solo al sud, come dice la Gribaudo), le deportazioni, i bombardamenti (i morti a non finire mica ci sono stati solo al sud, come dice la Gribaudo), le violenze contro la popolazione civile, le razzie di animali ecc. Del resto quella è la guerra: nessuno ha mai processato un pilota americano per avere bombardato le città italiane, come nessuno ha mai processato un tedesco per avere ucciso un soldato americano in combattimento. Chi è stato processato (quelle poche volte in cui lo è stato), lo è stato per essere andato oltre la guerra, per avere commesso atti di crudeltà fini a se stessi. “La strage di Marzabotto deborda dagli stessi limiti della rappresaglia mostrando che non esiste alcun freno alla spaventosa orgia di morte che viene messa in atto. E’ lo stesso ufficiale nazista Walter Reder, al comando del battaglione che eseguì il massacro, a dichiarare al processo che lo vide imputato che l’azione contro la Stella Rossa “non era una spedizione punitiva né un’azione di rappresaglia” – Marzabotto: la Stella Rossa, la strage, la memoria, di Mirco Dondi, in La Montagna e la guerra. L’Appennino bolognese fra Savena e Reno 1940-1945.
E’ sintomatica una frase della Gribaudo: “ad esempio di Salò nessuno parla, molti non sanno proprio che cosa sia”. Per quale motivo? Perché al sud la Repubblica di Salò non è mai esistita, al sud era la monarchia a governare, seppure formalmente. Guardate che questo dettaglio “insignificante” cambia di molto le cose. Quando vi scandalizzavate perché dicevo che la parte peggiore della guerra era quella del 1943-1945, e non gli anni precedenti, non consideravate questo dettaglio per voi forse insignificante: se tutti gli episodi raccontati dalla Gribaudo hanno per soggetto i tedeschi (o al limite americani e marocchini per quanto riguarda le violenze e gli stupri), quello che avviene sopra la linea Gustav, e poi la linea gotica, vede la maggior parte delle volte protagonisti i repubblichini di Salò e la brigata nera. Italiani che combattono contro altri italiani, contro i quali commettono i peggiori atti criminali. E non veniamo a raccontarci la storiella che i tedeschi erano cattivi e che i fascisti erano buoni, e beh insomma, che potevano fare loro, che in fondo anche loro hanno difeso la patria e ne hanno salvato l’onore, che mica si poteva abbandonare così, di punto in bianco, l’alleato tedesco. I peggiori torturatori erano i repubblichini, a Bologna se capitavi da Tartarotti difficilmente uscivi vivo, mica i tedeschi, che il lavoro sporco lo lasciavano fare agli altri, loro facevano le cose in grande stile. Nelle testimonianze dei sopravvissuti della strage di Marzabotto ricorre il ricordo di un italiano, che parlava il dialetto del luogo, che accompagnava i tedeschi e diceva: “il figlio di questi è partigiano, il marito di questa è partigiano”. Di episodi simili ce ne sono a volontà, spesso un fratello si arruolava nei repubblichini e l’altro stampava l’Unità clandestinamente. Quello che forse vi riesce difficile comprendere, è che qui, a differenza del sud, dopo l’armistizio la guerra è stata anche una guerra civile (sebbene non tutti gli storici concordino con questa interpretazione. Ma del resto non saprei come altro chiamarla una guerra che contrappone persone appartenenti alla stessa nazione), con quel di più di violenza gratuita che ne consegue. Il nemico non era immediatamente riconoscibile, dalla divisa o dalla lingua, con tutte le conseguenze anche psicologiche che ciò comporta. Ma ci credete che ancora adesso ad oltre sessant’anni ci si trova a combattere contro quella diffidenza che all’epoca in molti casi ha permesso loro di salvarsi la vita?
“I tedeschi nel Sud furono particolarmente violenti perché erano molto arrabbiati con gli italiani per il tradimento dell’alleanza”: perché, quando in seguito all’assestamento del fronte lungo la linea gotica, quando ormai i tedeschi erano ben consapevoli che avevano perso la guerra, che era solo questione di tempo, hanno forse tenuto un comportamento meno violento? A me pare tutto il contrario. Altrimenti Marzabotto non sarebbe stato il massacro più grave compiuto dai tedeschi in Italia e il secondo in Europa. E questo non tanto per il numero di morti (per completezza di informazioni: 770 non 1830 come creduto fino a tempi recenti), ma per le modalità in cui sono stati uccisi. Mi ricordo ancora, 21 giugno 2001, il signor Ferretti (uno a caso) dal palco di Monte Sole dire: “ho dovuto interrompere la lettura di un libro sulla strage di Monte Sole perché è troppo impressionante quello che è successo”. Che sia rimasto sconvolto dalla donna incinta sventrata, il feto buttato per aria come bersaglio? O dalla ragazza prima violentata e poi impalata e lasciata a morire lungo la strada? Credo che avrebbero preferito morire “semplicemente” fucilate, ma qualcuno forse lo troverà un discorso inaccettabile. Andate a raccontarlo a chi ha preferito uccidersi piuttosto che capitare in mano tedesca, che questo è un discorso inaccettabile. E’ abbastanza, questo, per spiegare cosa intendo con “il di più di violenza gratuita che ne consegue”?
La mia frase che ha suscitato tanto scalpore, la seconda guerra mondiale non è stata la stessa guerra per tutti, è comprensibile ora? Nel caso non lo fosse, dopo tutto quel che ho scritto, mi ritengo libera di pensare che i pregiudizi (e i complessi di vittimismo di nativi del sud) siano negli occhi di chi ha letto quella frase e se ne è scandalizzato.

Siccome poi non mi piace lasciare le domande senza risposta.

“E' come discutere se sia peggio aver subito una violenza sessuale o un tentativo di omicidio”.
Qui non si tratta di discutere di questo, si tratta di distinguere tra omicidio e omicidio con l’aggravante della crudeltà. Mi pare che ancora oggi sia fatta questa distinzione, in sede processuale.

“Secondo il tuo ragionamento, allora, la I guerra mondiale è un dolore di esclusiva pertinenza del Nordest”.
Guarda Annarella che non me lo sono inventato io, che la seconda guerra mondiale, a differenza delle precedenti guerre, è stata una guerra totale, che è arrivata a sconvolgere la vita quotidiana della popolazione civile. Prima, la guerra si manifestava con gli uomini che partivano e andavano al fronte, la vita proseguiva più o meno normalmente, le popolazioni civili ne erano coinvolte solo marginalmente. Dopo, la guerra era in casa propria, il fronte era in casa propria. Sai cosa è successo, a molte famigile della pianura emiliana? Che in casa avevano i tedeschi e nel fienile, tra le balle di fieno, erano nascosti i partigiani. Questa situazione spesso è andata avanti per mesi.

“Mi rendo conto che al nord c'era il fronte”
No, forse non ti rendi perfettamente conto che cosa ha significato il fronte fermo per tanti mesi a 20 km da Bologna. Innanzitutto per quello che ho appena scritto, qui sopra. Poi per quelli che sono stati i veri motivi che hanno tenuto il fronte fermo sei mesi lungo la linea gotica. Hanno inventato la scusa della brutta stagione, del maltempo che impediva l’avanzata. In realtà, americani e inglesi non riuscivano a mettersi d’accordo se dovevano puntare direttamente sulla Germania oppure “prenderla larga” e avanzare verso est, per impedire che l’Armata Rossa arrivasse a Berlino. Il fronte si è mosso verso il 10 aprile 1945, il 25 aprile è stata liberata Milano. In quindici giorni hanno liberato tutto il nord Italia. Lo sai quante migliaia di morti si sarebbero potute evitare, se il fronte non si fosse fermato a settembre 1944, per motivi esclusivamente politici, che anticipavano la guerra fredda? Nei giorni della strage di Monte Sole, gli americani erano a due chilometri in linea d’aria.

“Forse non c'erano partigiani provenienti dal sud?”
Ho mai scritto questo?

“Per me l'Italia è una sola, ma non sono stata io a metterlo in dubbio”.
Nemmeno io, infatti l’ha messo in dubbio la storia, fino al 1861, e di nuovo quando l’Italia si è trovata divisa in due dal fronte, per ben due anni. Infine l’ha messo in dubbio la Gribaudo, “Infine c’è il fatto che dopo il ’45 la storia d’Italia in qualche modo si è divaricata e le popolazioni del Sud non si sono riconosciute nella storia di questa Repubblica che si stava costruendo come “nata dalla Resistenza”, dove per resistenza s’intendeva appunto quella armata e politicamente organizzata dei gruppi che avrebbero dato vita ai partiti del cosiddetto “arco costituzionale”. Che avrebbe forse dovuto leggere quello che ha scritto Bulow, Arrigo Boldrini, medaglia d’oro, costituente e senatore, scomparso meno di un mese fa. Cito a memoria, potrei anche sbagliare qualche virgola: “Abbiamo combattuto non solo per noi, ma anche per chi non c’era e anche per chi era contro di noi”.

Infine:
“La differenza fondamentale è stata che l'Italia del sud fu liberata soprattutto dall'esercito anglo americano e l'Italia del centro nord soprattutto dai partigiani”.
I partigiani non hanno liberato un bel niente (a parte alcuni rari casi, esempio a Genova, in cui un’intera divisione tedesca si è arresa ai partigiani, con tanto di foglio di resa incondizionata del generale Von qualchecosa nelle mani dei portuali di Genova. Anche dove le città sono state liberate dai partigiani, nella maggior parte dei casi è avvenuto perché i tedeschi avevano già iniziato a smobilitare). Questo sì che è un frutto della retorica del dopoguerra, della successiva rielaborazione della memoria. Mi spiego meglio. Dal punto di vista esclusivamente militare, il contributo delle formazioni partigiane non ha spostato di un millimetro il fronte, gli episodi straordinari delle repubbliche partigiane sono rimasti, purtroppo, solo episodi di breve durata. Il contributo dei partigiani, riconosciuto anche dagli alleati (seppure controvoglia, in fin dei conti la maggioranza delle formazioni partigiane era di ispirazione comunista e socialista), è stato soprattutto un contributo morale. Di riscatto rispetto ai vent’anni precedenti di fascismo, di cui ha beneficiato anche chi nei vent’anni precedenti la faceva da padrone. Il diverso trattamento subito in sede di trattati di pace e di risarcimenti di guerra, rispetto alla Germania, è dovuto proprio alla presenza di un movimento di resistenza organizzato, che se non è stato fondamentale per la vittoria, ha comunque contribuito a disturbare le operazioni tedesche nell’ultima fase del conflitto. Puntualizzo questo solo perché non voglio rischiare di essere tacciata da qualcuno di retorica resistenziale.
bradiporosso
00lunedì 25 febbraio 2008 02:24
non è questo l'uso che se ne dovrebbe fare della memoria
lemiemanisudite2.
00lunedì 25 febbraio 2008 12:00
Re:
(bolormaa80), 24/02/2008 23.15:

Rispondo qui per non disturbare il clima da tarallucci e vino che si è creato nell’altro topic.
Premetto che i riferimenti alla spazzatura dell’Emilia rossa mi sembrano se non altro per niente pertinenti con l’argomento.
Premetto che credo che il problema di fondo di questa, come di altre discussioni, sia che c’è qualcuno che prende tutto quello che viene scritto qui sopra come qualcosa di personale, qualunque cosa venga scritta. Mi ricordo la levata di scudi quando ho scritto “lollipop quarantenni”; mi ricordo le reazioni a quello che aveva scritto Edorian tempo fa: altrettanto puerile che contare i morti, come hai scritto tu Annarella, è considerarsi il centro del mondo, fosse il mondo anche solo questo stagno informatico, da parte di persone che nemmeno si sono mai viste in faccia. E con questo che ognuno qui sopra faccia e scriva quel che vuole, nessuna intenzione di censura nei confronti di quel rincorrersi da un topic all’altro di lui, lei e l’altra che ultimamente il forum si è ridotto ad essere (fino a che Ferretti non ha pensato bene di aderire alla crociata indetta da Ferrara).
Infine, peccherò di superbia, ma non credo che la patente di raziocinio sia tu Annarella a dovermela concedere, come credo che non dovresti limitarti a guardare i film neorealisti.
Fine delle premesse, torno all’argomento.




Non ho tagliato tutto il resto della risposta perchè non la ritengo interessante, anzi è perfetta e non ha bisogno di commenti.
E' esaustiva e mi ha chiarito il tuo pensiero e delle mie lacune e ignoranze.

"E con questo che ognuno qui sopra faccia e scriva quel che vuole, nessuna intenzione di censura nei confronti di quel rincorrersi da un topic all’altro di lui, lei e l’altra che ultimamente il forum si è ridotto ad essere (fino a che Ferretti non ha pensato bene di aderire alla crociata indetta da Ferrara)."

Che bisogno c'è di scrivere questo? Lo dico con molta tranquillità e senza sentirmi chiamata in causa o ,meglio,senza avere minimamente il problema di essere parte in causa.
Se il forum si è ridotto ad essere questo è solo colpa di lui, lei e l'altra? Perchè, se così fosse credo che lui, lei e l'altra non avrebbero nessun problema a dire adieu e a far tornare gli uni e gli altri.










IoAnnarella
00lunedì 25 febbraio 2008 12:16
Re:
(bolormaa80), 24/02/2008 23.15:

Rispondo qui per non disturbare il clima da tarallucci e vino che si è creato nell’altro topic.
Premetto che i riferimenti alla spazzatura dell’Emilia rossa mi sembrano se non altro per niente pertinenti con l’argomento.
Premetto che credo che il problema di fondo di questa, come di altre discussioni, sia che c’è qualcuno che prende tutto quello che viene scritto qui sopra come qualcosa di personale, qualunque cosa venga scritta. Mi ricordo la levata di scudi quando ho scritto “lollipop quarantenni”; mi ricordo le reazioni a quello che aveva scritto Edorian tempo fa: altrettanto puerile che contare i morti, come hai scritto tu Annarella, è considerarsi il centro del mondo, fosse il mondo anche solo questo stagno informatico, da parte di persone che nemmeno si sono mai viste in faccia. E con questo che ognuno qui sopra faccia e scriva quel che vuole, nessuna intenzione di censura nei confronti di quel rincorrersi da un topic all’altro di lui, lei e l’altra che ultimamente il forum si è ridotto ad essere (fino a che Ferretti non ha pensato bene di aderire alla crociata indetta da Ferrara).
Infine, peccherò di superbia, ma non credo che la patente di raziocinio sia tu Annarella a dovermela concedere, come credo che non dovresti limitarti a guardare i film neorealisti.

Fine delle premesse, torno all’argomento.





Cara Bolormaa,

Hai scritto un pezzo di qualità molto alta, ben scritto, ottimamente argomentato.
E' così che si dovrebbe scrivere sempre, se si avesse il tempo di farlo.
Mi piacerebbe dissertare ancora sulla questione ma non lo faccio semplicemente perché mi rendo conto della tua "superiorità" e, se ti rispondessi, inevitabilmente il tono scenderebbe.
Scrivo questo in tutta sincerità e non per piaggeria, perché io penso di essere, almeno dal punto di vista culturale, una "prenditrice netta".
Intendo dire che ho più da imparare che da insegnare e, quando mi rendo conto di non essere all'altezza dell'interlocutore, mi siedo a gambe incrociate e ascolto, proprio per evitare di far funzionare il ventre piuttosto che la testa, svilendo, così, gli argomenti. Proprio come hai detto tu.
Ciò non toglie che avrei alcune cose da aggiungere o puntualizzare e che le discussioni, anche le più accese, non necessariamente presuppongono barricate, battaglie tra nemici e conclusioni drastiche, con conseguenti divisioni in torti e ragioni.

La mia premessa serve a dire che io da questo forum ho imparato.
Ci sono persone (potrei nominarle) che scrivono bene e con arguzia, altre che mostrano di essere particolarmente colte e intelligenti, altre che postano "dischi del momento", "i migliori video" ecc., che io non ho mai neanche sentito nominare. Mi incuriosiscono, vado a cercarli, li ascolto, me li procuro.
E questo è in sé un buon motivo per farmi frequentare questo spazio, nonostante mi renda conto di non piacere a tutti, nonostante non ci siamo mai visti in faccia, nonostante le definizioni che dai di me (lollipop quarantenne, vestale di..., ecc. ecc.).

Raramente ho da insegnare qualcosa. Più spesso mi piace imparare.

Se partecipo ad un forum (penso di averlo anche già scritto) è fondamentalmente perché sono più interessata allo scambio che alla centralità del mio essere. Se così non fosse, avrei un blog oppure non mi sarei ritirata da quello del mio ex uomo, che continua a scrivere e continua a essere letto anche da qualcuno che frequenta questo forum.

Contro la tua boutade sulle Lollipop quarantenni non ci fu nessuna levata di scudi. Solo la reazione delle due uniche quarantenni (una delle quali neanche lontanamente lollipop, come ebbe a dire) che, se non ricordo male, fu decisamente spiritosa e autoironica.

Sulla mia reazione puerile a proposito dell'intervento di Edorian, mi sono già chiarita via email sia con lei che con lemiemani. Non penso di dover aggiungere altro, se non "intelligenti pauca" oppure, nella mia lingua madre, "ccà nisciun' è fess'" - cosa che dico a te, non a loro.

Penso anch'io che questo forum dovrebbe essere più aperto alle discussioni che non alle schermaglie di lui, lei e l'altra attraverso i post.

Ma sai qual è il fatto? Il fatto è che lui e lei sono tra i pochissimi che interagiscono. Sono tra i pochissimi che prendono in considerazione quasi tutto ciò che scrivono gli altri e che, se non lo condividono o lo disprezzano intimamente, si "abbassano" a rispondere e sempre con il massimo rispetto, spesso con ironia.

Scrivo questo senza piaggeria verso di loro ma solo perché condivido con loro un certo spirito.

Se condividessi con lui e/o lei qualcos'altro oltre a questo, sarebbero esclusivamente fatti nostri. Del resto, io non mi sono mai permessa di ironizzare su che cosa condivida tu con gli altri, compreso lui.

Non capisco per quale motivo io non possa avere con te un normale e sereno scambio di post, senza per questo essere tacciata di autoreferenzialità (e altro).


zaren1
00lunedì 25 febbraio 2008 18:51
(bolormaa80) e' mia amica! [SM=g27828]
IoAnnarella
00lunedì 25 febbraio 2008 18:56
La parola io - Giorgio Gaber

TubeCodes.com


Se non è evidente l'ironia, evidenziatela.
CorContritumQuasiCinis
00lunedì 25 febbraio 2008 19:09
Re:
zaren1, 25/02/2008 18.51:

(bolormaa80) e' mia amica! [SM=g27828]



Lo so!

E' per questo che non ho nessuna intenzione di censura nei confronti di quel rincorrersi da un topic all’altro di "te, lei e le altre" che ultimamente non ponete più in essere ma che, nel tempo "giovane e forte" del forum, eravatate magistralmete avvezze a fare ...

[SM=g27828]

Carmen, un po' tutti, gruppi nei gruppi, abbiamo provato l'ebbrezza del rincorrerci quotandoci e straquotandoci a rotta de collo in posizioni e acrobazie kamasutriche da sfinimento.

Quindi, cavra dal ph a fasi alterne, non venirci a fare la morale.

Ti lascio i tarallucci, ma dammi il vino (e i capponi, a Natale prossimo).

(Nessun intento polemico, ché siccome io t'ho sì visto in faccia, posso dirtelo francamente).
lemiemanisudite2.
00mercoledì 27 febbraio 2008 14:15
Re:
zaren1, 25/02/2008 18.51:

(bolormaa80) e' mia amica! [SM=g27828]



Ed infatti le tue schermaglie d'amore (reali), anche nella versione lui lei l'altra(o l'ex), non hanno mai provocato reazioni di fuga, anzi persino una certa approvazione.

Avere amici è importante.










IoAnnarella
00mercoledì 27 febbraio 2008 14:44
Re: Re:
lemiemanisudite2., 27/02/2008 14.15:



Ed infatti le tue schermaglie d'amore (reali), anche nella versione lui lei l'altra(o l'ex), non hanno mai provocato reazioni di fuga, anzi persino una certa approvazione.

Avere amici è importante.




Lemiemani, vuoi essere amica mia?

Sei un mito!

Non ti conosco di persona ma sei già il mio ideale di donna.

Scherzo ovviamente. Io non conosco i fatti del forum e di natura sono poco curiosa.

Chiariamo una cosa, però. Le nostre eventuali schermaglie forumistiche dipendono soprattutto dal fatto che alcune persone partecipano e parlano con chiunque e altre no.

E dire che Bolormaa mi piace. Ma il mio karma (che provvedo subito a modificare) è quello delle infatuazioni platoniche unilaterali...
lemiemanisudite2.
00mercoledì 27 febbraio 2008 15:01
Re: Re: Re:
IoAnnarella, 27/02/2008 14.44:



Lemiemani, vuoi essere amica mia?

Sei un mito!

Non ti conosco di persona ma sei già il mio ideale di donna.

Scherzo ovviamente. Io non conosco i fatti del forum e di natura sono poco curiosa.

Chiariamo una cosa, però. Le nostre eventuali schermaglie forumistiche dipendono soprattutto dal fatto che alcune persone partecipano e parlano con chiunque e altre no.

E dire che Bolormaa mi piace. Ma il mio karma (che provvedo subito a modificare) è quello delle infatuazioni platoniche unilaterali...



Ma certo, anzi se vuoi possiamo pure fidanzarci, così apriamo un nuovo capitolo...lei, lei e l'altro [SM=g27828]





mant(r)a
00mercoledì 27 febbraio 2008 15:54
il mio ideale di donna è un uomo, visto che bella donna sono già io.
quindi il mio ideale di donna sono io? mmmmh, na, solo una volta ogni mille.
qualcosa non torna o torna troppo.
la belladonna contiene atropina.

CorContritumQuasiCinis
00mercoledì 27 febbraio 2008 19:45
Che tristezza!
zaren1
00mercoledì 27 febbraio 2008 19:45
Re: Re:
lemiemanisudite2., 2/27/2008 2:15 PM:



Ed infatti le tue schermaglie d'amore (reali), anche nella versione lui lei l'altra(o l'ex), non hanno mai provocato reazioni di fuga, anzi persino una certa approvazione.

Avere amici è importante.













o boia, siccome io non ho mai puntualizzato nulla, UNA PALATA DI AFFARACCI NOSTRI CE LA VOGLIAMO FARE?

anche perche'io non ti ho mai conosciuto. Mi sembra assolutamente scorretto venirmi a dire una cosa del genere.

che signora.


zaren1
00mercoledì 27 febbraio 2008 19:49
Re: Re: Re:
IoAnnarella, 2/27/2008 2:44 PM:



Lemiemani, vuoi essere amica mia?

Sei un mito!

Non ti conosco di persona ma sei già il mio ideale di donna.

Scherzo ovviamente. Io non conosco i fatti del forum e di natura sono poco curiosa.

Chiariamo una cosa, però. Le nostre eventuali schermaglie forumistiche dipendono soprattutto dal fatto che alcune persone partecipano e parlano con chiunque e altre no.

E dire che Bolormaa mi piace. Ma il mio karma (che provvedo subito a modificare) è quello delle infatuazioni platoniche unilaterali...



accontentati pure di avere come mito qualcuno che parla di cio' che non sa.

sai, il panettiere mi ha detto che la fiorista e' andata dalla parrucchiera che le ha detto che la vicina di quella che sta al terzo piano della cugina di terzo grado dell'amica.......

ma andate un po' in mona, va.

parlate degli affari vostri e comunque, parlate con parsimonia.

militanza
00mercoledì 27 febbraio 2008 19:55


a questo punto ci vedrei bene un bel video!
IoAnnarella
00mercoledì 27 febbraio 2008 20:10
Re: Re: Re: Re:
zaren1, 27/02/2008 19.49:



accontentati pure di avere come mito qualcuno che parla di cio' che non sa.

sai, il panettiere mi ha detto che la fiorista e' andata dalla parrucchiera che le ha detto che la vicina di quella che sta al terzo piano della cugina di terzo grado dell'amica.......

ma andate un po' in mona, va.

parlate degli affari vostri e comunque, parlate con parsimonia.





Zaren, scusa.

Ti chiedo scusa davvero.

Io non posso parlare delle cose altrui perché non le conosco. Non conosco neanche quelle che, a quanto pare, sono state rese più o meno pubbliche.
Abbiamo fatto con te ciò che abbiamo deprecato in Bolorma: delle brutte illazioni subdole. Per di più "usandoti".

Io non conosco nessuno qua dentro. Sarò pure egocentrica ma mi sembra (e forse proprio perché non conosco nessuno) di essere sempre abbastanza discreta.
Forse "egocentrica". Ma mai aggressiva verso gli altri.

Perciò l'atteggiamento di Bolorma, già manifestato in altre circostanze, mi è sinceramente dispiaciuto.

Dato che Bolorma ha osservato un decadimento degli argomenti del forum, a causa delle schermaglie di qualcuno (pensi che io sia egocentrica se affermo che uno di questi personaggi affossatori del forum sono io?), Lemiemani ha a sua volta osservato che questo era accaduto in passato e che nessuno se ne è lamentato.
Ammesso che io metta in atto schermaglie con chicchessia.
E considerato che Lemiemani era stata trascinata anche lei , in quanto meridionale intervenuta nella discussione sulla II guerra mondiale, nel torbido stagno delle illazioni di Bolorma.

Io non pretendo di piacere. Ma dato che questa è una comunità nata per COMUNICARE mi dispiace non poterlo fare serenamente.

La mia vita reale è già stata ed è tuttora abbastanza dura. Mi piaceva pensare che nel virtuale le cose andassero un pochino meglio.

Tutto qua.

Mi dispiace averti coinvolta e ti chiedo scusa sinceramente.

Mi sarebbe piaciuto avere questo confronto con Bolorma, piuttosto che con te. Ho seminato provocazioni dappertutto. E giuro che il mio intento non è polemico.

Ora vado in mona (anche se preferirei piuttosto, come dite qua dentro, farmi fottere. La mona non è esattamente di mio gradimento)





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