INTERVISTA A BURGESS SETTEMBRE 2004
JB: Il nostro lavoro è basato sulla logica, sul lavoro e sulla calma. Non ci esaltiamo troppo quando si vince, non ci disperdiamo se si perde. Devo dire che sono stato fortunato perché ho sempre trovato piloti che hanno capito questa filosofia.
D: Compreso quello attuale...
JB: Lui è straordinario. L'ho già detto e voglio ripeterlo: è uno che, sempre che tu sia fortunato, incontri una sola volta nella tua carriera.
D:Come possiamo tradurre "logica" ed "ordine"?
JB:Tutti i componenti della squadra devono sapere esattamente che cosa stiamo facendo, cosa vogliamo ottenere, così tutti sanno che cosa devono fare. Non facciamo mai cose azzardate, procediamo per gradi, un passo alla volta, passiamo ad un problema solo se abbiamo già risolto quello precedente. Non proviamo mai troppe cose insieme, teniamo separati i problemi. Questo modo di lavorare è fondamentale soprattutto quando si parte con un nuovo progetto, come è accaduto con la Yamaha.
D: Il sistema è basato tutto su Valentino, ovviamente.
JB: Si, certo. Il nostro metodo è basato sul fatto che bisogna ascoltare quello che dice Valentino. E' quello che ho detto allo staff della Yamaha appena sono arrivato: ascoltatelo, fate quello che vi chiede, e vedrete che arriveranno i risultati.
D: Insomma avete subito imposto le vostre regole?
JB: Tutti devono ascoltare con attenzione le informazioni che passa Valentino e si deve lavorare su quelle: spesso ridiscutiamo più di una volta la stessa informazione, prima di prendere la decisione di cambiare qualcosa nella moto, perchè ridiscutendone magari troviamo qualcosa che all'inizio può sfuggire, ma quello che conta è confrontarci con le sue informazioni. Perché è lui che guida la moto, ed è lui che dobbiamo ascoltare.
D: Eri preoccupato prima di iniziare a lavorare con la Yamaha?
JB: Ero un po' in apprensione perché mi raccontavano che in Yamaha si tendeva a fare confusione: ascoltavano molti piloti, invece bisognerebbe selezionarne uno ed andare avanti con lui. In effetti devo dire che il problema era questo, il metodo; non era una questione di capacità di chi vi lavora.
D: Come viene diviso il lavoro, con Valentino?
JB: Valentino sa come funziona una moto e la sua sensibilità gli consente di individuare cosa funziona e cosa non va: dal motore alle sospensioni. Non solo, lui riesce a selezionare i problemi e sa dare una priorità. Quando rientra ai box è in grado di dire ai tecnici quale è il problema più importante, e in questo modo ogni tecnico sa in che direzione lavorare.
D: E' per questo che i tecnici sono rimasti subito stregati da lui?
JB: Valentino ha la capacità di capire se un problema è veramente serio oppure no, questo semplifica anche il loro lavoro.
Valentino sa cosa vuole, e sa quello che dice quando parla con i tecnici; sa essere chiaro, sa se un problema dipende dalla gomma, dalla sospensione o dal motore.
D: Tutto lo staff tecnico si è subito innamorato di Valentino. Tu sapevi che sarebbe successo...
JB: Perché anche io rimasi subito affascinato da lui. Valentino è una persona speciale, c'è qualcosa di magico attorno a lui. Lui si dedica al suo lavoro al 100%, ha una determinazione tremenda, è esigente, ma al tempo stesso ha una grande umanità: tratta tutti estremamente bene, è sempre molto gentile. E' chiaro che chi lavora con lui si innamora.
D: Avete dovuto imporlo il vostro metodo? Insomma come ha reagito lo staff tecnico di Iwata?
JB: Benissimo. Dal Project leader Nakajiima, al responsabile tecnico Yoda, tutti ci hanno lasciato fare quello che noi ritenevamo giusto fare; tutto lo staff ci ha assecondato, abbiamo subito instaurato un rapporto bello.
D: Da dove siete partiti, quando avete iniziato a lavorare sulla M1?
JB: Praticamente da zero. Il primo passo consisteva nel trovare una base sulla quale lavorare. E abbiamo usato i test invernali solo per questo: per individuare solo i problemi gravi. Fare una "base" significa togliere prima i problemi grossi, così quando arrivi in pista devi solo adattare la moto. Ma non è facile, infatti stiamo ancora inseguendo.
D: L'avete trovata questa M1 base?
JB: Tenendo presente che una base vera l'avremmo solo il prossimo anno, perché non abbiamo esperienza su questa moto e ad ogni gara impariamo qualcosa di nuovo, posso dire che adesso un minimo di base l'abbiamo. Ma abbiamo ancora tanta strada da fare., ecco perché spesso siamo costretti a fare dei tentativi persino nel warm up. So che per Valentino è difficile, perché non è il modo migliore per affrontare la gara con serenità, ma lui è molto bravo e non si tira mai indietro.
D: Come lavorate, quando provate?
JB: Valentino percorre dai 6 agli 8 giri di ogni volta in cui esce di pista; poi rientra e studiamo le sue indicazioni.
D: C'è un motivo per cui fate sempre questo numero di giri?
JB: Una moto da corsa con queste caratteristiche inizia a manifestare esattamente il suo comportamento solo dopo 5 giri: quando cioè le gomme sono davvero in temperatura. Ricordo che Valentino, quando iniziammo a lavorare insieme a fine 99, sulla NSR 500, faceva un paio di giri poi tornava ai box. Io lo rimandavo fuori, gli dicevo di girare di più.
D: Come reagiva?
JB: Gli sembrava strano. Con la 125 o la 250 puoi anche girare poco, ma con una moto che ha questa potenza devi fare delle sessioni più lunghe.
Siamo partiti con 5/6 giri, poi siamo passati a 7/8 perché in questo modo Valentino trascorre dai 10 ai 15 minuti in moto ed ha il tempo di individuare i problemi. E può essere preciso quando li spiega ai tecnici. A quel punto si decidono le priorità e iniziamo a sistemare quelle.
D: sembra di capire che andate avanti per gradi.
JB: E' fondamentale, perché su una moto da corsa ogni problema ne genera un altro e se non si segue un ordine si va in confusione. E con la confusione non si vincono le gare. A me piace vincere, come del resto Valentino.
D: Diciamo la verità, è stato più facile fare questo passo in Yamaha con lui.
JB: Si, è più facile affrontare certe sfide con lui che con qualsiasi altro pilota. Quando Valentino a iniziato a parlarmi della sua idea, ho ammirato subito la sua voglia di accettare una nuova sfida; mi ha colpito il suo desiderio di rimettersi in discussione.
D: Valentino riesce ancora a sorprenderti?
JB: Beh, aveva il materiale migliore, con la Honda, eppure ha voluto rimetteri in gioco. Questa cosa mi ha fatto capire che in realtà anche io stavo aspettando l'occasione per affrontare una sfida nuova. Allora mi sono detto: se potrò rendergli le cose un po' più facili , in questa sfida così difficile, sono orgoglioso di poterlo fare.
D: Del resto lui parla sempre della forza del suo gruppo, non potevi lasciarlo solo proprio adesso.
JB: Mi piace pensare che il mio gruppo, con i ragazzi che lavorano con me da tanti anni, ha contribuito a raggiungere più velocemente certi risultati; magari con un altro gruppo Valentino e la Yamaha avrebbero impiegato più tempo per capirsi.
D: Che cosa hai detto, ai tuoi ragazzi, per convincerli a lasciare la Honda?
JB: Li ho chiamati e ho detto: Valentino se ne va alla Yamaha e io vado con lui, voi cosa fate? Mi hanno detto subito:veniamo anche noi. Ecco tutto!
D: Che cosa farai quando Valentino lascerà il motociclismo?
JB: Magari andrò a vivere in riva al mare! Già quattro anni fa, quando si ritirò Doohan, volevo smettere; poi incontrai Valentino e ritrovai il morale. Chissà, forse troverò un altro giovane talento che mi faccia emozionare. E comunque il mio futuro dipenderà anche da quello che vorrà fare la Yamaha.
D: Dopo una vita in Honda riesci a sentirti un uomo Yamaha?
JB: Mi sono sentito subito, dall'inizio, un uomo Yamaha. Ho conservato degli amici nella Honda, ma devo dire che l'ambiente della Yamaha è un'altra cosa: la gente della Yamaha ha uno spirito diverso, tiene di più alle persone.
D: Del resto è anche per questo che Valentino ha lasciato la Honda.
JB: Forse in Honda sono così perché hanno vinto tanto, perché hanno vinto 9 titoli in 10 anni. E forse quelli dellas Yamaha sono così, più umani, perché per loro non è mai stato tutto così facile e stanno cercando di risollevarsi.
D: Hai conosciuto la forza dell'R&D Honda e della HRC, come ti sei trovato con il reparto corse di Iwata?
JB: E' in atto un cambio di mentalità derivante dall'arrivo di una nuova generazione di ingegneri. Hanno un'età compresa tra i 30 e i 40 anni e hanno tutti una gran voglia di far vincere le loro moto. Sono motivati, e hanno delle buone idee. Ho molto rispetto per la generazione passata, quella degli ingegneri che hanno contribuito a fare la storia della Yamaha, ma adesso c'è bisogno di ingegneri giovani più in sintonia con le nuovissime tecnologie applicate ai motori.
D: Ad esempio?
JB: L'elettronica. Sta assumendo una tale importanza che serviva un gruppo di gente con la mente fresca, che sa usare questa tecnologia ormai fondamentale per questi motori. Il motociclismo da corsa, a questi livelli, sta entrando in una nuova dimensione.
D: E questo, in effetti, è un po' il limite della Yamaha e il grande vantaggio della Honda.
JB: Ormai si può ottenere molto di più nel campo dell'elettronica che non con lo sviluppo di altre aree. Il problema non è la ricerca dei cavalli, quanto la gestione della potenza. Bisogna gestire la moto in tutte le aree della pista; la prestazione è il frutto di questo lavoro.
D: Sembra che nulla possa mai scalfirti. Come hai reagito alla caduta di Valentino a Rio. Prima del via ti eri raccomandato di stare calmo...
JB: Sapevo che non aveva la moto giusta per fare certe cose, ma Valentino è un combattente, non puoi chiedergli di non provare a lottare. Dopo la caduta non mi sono preoccupato perché quando cade lui c'è sempre un perché. Insomma, Valentino non è mica barros!
D: Quanto c'è di Valentino nelle vittorie della Yamaha?
JB: Tantissimo. dobbiamo essere onesti, Valentino sta facendo un lavoro eccezionale. E' stato talmente bravo da riuscire a vincere già alla prima gara, dopo soli 3 mesi di lavoro.
D:Era così determinante?
JB: E' stata una mossa importantissima, perché ha prodotto nel team e nella Yamaha una eccitazione che ha dato una grande motivazione a tutti quelli che lavorano a questo progetto. Era esattamente quello che volevo.
D: Più passa il tempo e più emerge che non è vero che vi eravate preparati a subire gli avversari!
JB: Diciamo che questo è l'anno di avviamento di un progetto nuovo , ma restare coi piedi per terra non significa che non doevamo provarci. Io certi discorsi non li ho mai condivisi.
D: Quali discorsi?
JB: Ho sempre detto che avremmo dovuto cercare di vincere subito. E Valentino era d'accordo con me. Basta guardare come sta guidando per capire che cosa abbia intesta: vuole solo vincere!
D: In effetti il vostro piano è poi stato smascherato già nei test IRTA
JB: Io e Valentino abbiamo sempre ragionato in questo modo, dopo quello che è successo nel 2000.
D: Che cosa è successo nel 2000?
JB: Al debutto nella 500 dicevamo che era l'anno in cui bisognava imparare, così siamo partiti lentamente; a fine campionato ci siamo resi conto che se ci avessimo creduto subito, attaccando dall'inizioavremmo lottato per il titolo. Mi sono detto che non avrei fatto più un errore simile!
D: Ecco perché avete attaccato subito.
JB: E' così che cocepiamo le corse io e Valentino. Intanto attacchi, poi, vada come vada, arrivi alla stagione successiva ad un livello più alto. Io non accettavo l'idea che il 2004 sarebbe stato solo l'anno di apprendimento; va bene apprendere, ma intanto è sempre meglio andare all'attacco...
D: Insomma non bisogna finire una stagione col rammarico, giusto?
JB: Io non ho mai cominciato un campionato senza pensare che non sarei stato in grado di vincerlo (Ndm: secondo me qui il traduttore si è incartato)
D: Per questo mettevi in guardia gli avversari già nei primi test di Sepang?
JB: So chi è Valentino, chi sono i miei ragazzi, che cosa ha voglia di fare la Yamaha: già nel primo test ho visto che i tecnici Yamaha ascoltavano Valentino, seguivano le sue indicazioni, e li ho capito che avevano voglia di impegnarsi; è per questo che ho detto che se fossi stato nei miei avversari mi sarei preoccupato più di quanto noi ci preoccupavamo di loro:
D: Magari era anche una questione psicologica.
JB: Io ho detto alla squadra: proviamo a vincere subito, abbiamo un'opportunità, de è questa; non pensiamo al 2005, pensiamo a questa stagione!
D: Ma la Honda non mollerà, ti aspettavi questa reazione della HRC?
JB: Speravo che si innervosissero e sono contento che sia successo. Volevo iniziare il campionato spingendo forte in modo da indurre la Honda a tirar fuori tutto il materiale migliore, così almeno avremmo capito quale è il loro livello. Adesso entriamo nella fase in cui lo sviluppo si rallenta: saremo sempre lontani dall'europa e dopo ogni gara bisognerà preparare le casse da spedire nella pista successiva . Era importante fare molto lavoro prima, insomma. E lo abbiamo fatto. Adesso anche la Honda deve rallentare lo sviluppo, e per noi è un vantaggio.
D: Avete fatto anche una strategia?
JB: E' sempre la stessa: correre gara per gara, cercare gara per gara, cercando di vincere il più possibile.
Sappiamo tutti perfettamente che se corriamo in questo modo, poi arriverà anche...il resto.
[Modificato da -Mate- 22/09/2004 15.44]