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CORRIERE DELLA SERA
8 ottobre 2005

Il decalogo di un teologo saudita: «Vietate le regole di cristiani ed ebrei». I falli puniti con la Sharia
Fatwa sul calcio: mai dire gol e niente linee in campo
di GUIDO OLIMPIO

Un teologo saudita ha scritto le regole del calciatore musulmano sulla base di un principio dei testi sacri che impedisce agli islamici di imitare cristiani ed ebrei. Il codice di giustizia sportiva, secondo la «fatwa» dello sceicco, non prevede arbitri, vieta di urlare gol e di tracciare le linee sul campo. Vengono bandite anche parole come «fallo» e «rigore».


Dicono che Bin Laden, durante i suoi soggiorni londinesi, tifasse per la squadra di calcio dell'Arsenal. L'austero ayatollah Khomeini, in gioventù, aveva giocato come terzino. I capi operativi qaedisti, invece, hanno usato come segnale d'attacco per l'11 settembre la parola in codice «la partita di calcio». Nizar Trabelsi, un estremista tunisino arrestato prima che potesse farsi saltare per aria, aveva militato in una squadra della serie A tedesca. I palestinesi di Hamas hanno pescato le loro reclute migliori nei team calcistici della West Bank. Insomma calcio e politica vanno d’accordo. Eppure c'è chi, tra i seguaci di Osama, condanna senza pietà coloro che si fanno «tentare» dal pallone. Ed arriva ad emettere un decreto religioso che stravolge le regole del calcio introducendone di stravaganti. La polemica, di solito confinata nella quiete delle moschee, è esplosa in estate sulle pagine del quotidiano saudita Al Watan . Qualcuno ha scoperto che ideologi integralisti incitano i giocatori delle squadre più famose ad appendere gli scarpini al chiodo e a scegliere, con risolutezza, la via della jihad in Iraq arrivando fino al martirio. Almeno tre calciatori del team «Al Rashid» hanno abbandonato i compagni unendosi ai mujaheddin che si battono in terra irachena. Uno di loro, Majid Al Sawat, è stato catturato mentre era sul punto di lanciarsi in una missione suicida nella zona di Bagdad. Il suo capitano - precisa l'istituto di studi Memri che ha rilanciato il caso - ha sostenuto che i suoi giocatori sono stati influenzati da una fatwa che proibisce il gioco del calcio. Con una sola eccezione. Che l'attività sportiva venga usata per prepararsi alla guerra santa e alla lotta. Contro questa tesi si sono levate le voci e i pareri autorevoli di esponenti religiosi sauditi che hanno invocato l'applicazione della Sharia - la legge islamica - nei confronti degli oscurantisti. Il calcio, hanno deliberato, è permesso. Quanti sostengono il contrario e pretendono di abolire il regolamento usando il Corano come pretesto vanno perseguiti con severità.
Tra questi c'è, sicuramente, lo sceicco Abdallah Al Najdi, autore di una fatwa, emessa nel 2003, contenente un inedito codice di giustizia sportiva. Alla base c'è un principio tratto dai testi sacri dell'Islam che proibisce ai musulmani di imitare cristiani ed ebrei.
Dunque - ammonisce lo sheikh - vanno ignorate tutte le regole del calcio internazionale. L'intransigente Al Najdi parte dalla base, ossia dal campo. Non devono esserci le linee bianche che compongono il rettangolo, avverte il teologo, perché sono un'invenzione dei non-credenti. Per la stessa ragione guai a chi pronuncia le parole «fallo», «goal», «corner», «fuorigioco», «rigore». Se un giocatore si lascia sfuggire il termine proibito deve essere espulso e rimproverato in pubblico, ma non dall'arbitro la cui presenza è inopportuna e inutile.
Se invece il calciatore commette una scorrettezza non serve l'ammonizione con il cartellino giallo o l’espulsione, bensì una sanzione tratta dalla Sharia . Sempre con l'ossessione in testa di non copiare i cristiani, Al Najdi arriva a sostenere che le squadre non devono avere undici giocatori, ma un numero maggiore o inferiore. L’integralista ha una visione talmente rivoluzionaria del calcio che prescrive: si affrontino tre squadre insieme o una sola. E quando scendono in campo i giocatori indossino abiti normali o tradizionali (le lunghe vesti bianche), senza numeri sulla spalle. Banditi, manco a dirlo, i colori vivaci. Persino la porta va cambiata per «violare le dispotiche leggi internazionali». In che modo? Mettendo solo due pali senza traversa. Preciso e meticoloso Al Najdi si occupa della durata della sfida: i due tempi da 45 minuti non vanno rispettati. Se l'incontro dovesse finire in parità, lo sceicco ha la soluzione: lasciate perdere i supplementari e i rigori, ma andatevene a casa.
Quando un calciatore «infila la palla tra i due pali» (traduzione: goal) ed esulta cercando l'abbraccio dei compagni - «come capita in America o in Francia» - merita una punizione. Stessa sorte tocca a quanti, finita la gara, cincischiano con «io ho giocato così...Lui ha fatto quel passaggio...La nostra difesa ha sbagliato…». Tutto, per il teologo, passa in secondo piano: perché l'unico obiettivo delle squadre è quello di accrescere la propria forza in vista della Jihad . E i tifosi? Al Najdi afferma che non vi deve essere pubblico, non conta guardare bensì partecipare. Forse lo sceicco potrebbe cambiare idea se sentisse gridare dagli spalti lo sgangherati urlo degli ultras: «Devi morire». Quale incoraggiamento più appropriato per un kamikaze in partenza per il fronte di guerra?
Guido Olimpio

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Dura presa di posizione del cardinale al Sinodo. Nell’ora libera intervento a sorpresa del Papa
Famiglia, l’offensiva del Vaticano
Trujillo: niente comunione a chi fa leggi a favore di aborto, divorzio e coppie gay
Niente sacramento della Comunione a chi non difende la famiglia, ossia a quei politici e legislatori che promuovono leggi a favore del divorzio, dell’aborto e delle unioni libere o tra omosessuali. A meno che non si pentano e pongano «rimedio al male fatto e diffuso», poiché «non si può separare una cosiddetta opzione personale dal compito socio-politico» che quegli stessi uomini politici si sono assunti. E’ la tesi avanzata, al Sinodo dei vescovi in corso a Roma, dal cardinale Alfonso Lopez Trujillo, colombiano, presidente del Consiglio pontificio per la famiglia, particolarmente duro contro le unioni gay, definite «distruttive». Proteste degli omosessuali cattolici di «Nuova Proposta»: «Siamo umiliati e scandalizzati ma proviamo anche sconcerto e sofferenza».


«Niente comunione a chi non difende la famiglia»
Il Vaticano contro i politici che sostengono aborto, divorzio e coppie gay
CITTA’ DEL VATICANO - Parole dure al Sinodo del cardinale Alfonso Lopez Trujillo contro politici e legislatori che promuovono leggi a favore del divorzio, dell’aborto e delle unioni libere o fra omosessuali. Niente comunione per loro, ha chiesto, e ha citato San Paolo per ammonirli: «Chiunque mangia il pane o beve il calice del Signore indegnamente mangia e beve la sua condanna».

LA QUESTIONE CONIUGALE - «Come per tutti, anche per politici e legislatori vale questa parola di Dio», ha affermato il cardinale colombiano, presidente del Consiglio pontificio per la famiglia, considerato il prelato curiale più intransigente sulle questioni coniugali, sessuali e bioetiche.
Gli uomini politici «colpevoli» di aver sostenuto o difeso non solo qualsiasi tipo di unione che non sia il matrimonio tradizionale ma anche il divorzio e di aver messo così in circolazione «denaro falso» attraverso «leggi inique», si sono assunti una «grave responsabilità» di fronte a Dio. Devono quindi pentirsi e «porre rimedio al male fatto e diffuso per poter accedere alla comunione».
Il porporato ha spiegato il rifiuto della comunione «a coloro che negano i principi e i valori umani e cristiani» con il fatto che «la responsabilità dei politici e dei legislatori è grande» e che «non si può separare una cosiddetta opzione personale dal compito socio-politico» che si sono assunti. «Non è un problema privato», ha sottolineato: «Occorre l’accettazione del Vangelo, del magistero e della retta ragione».


LE UNIONI OMOSESSUALI - Particolarmente duro è stato il passaggio dedicato alle unioni omosessuali e alle richieste di adozioni da parte di queste coppie: «Peggio ancora - ha detto - quando si tratta di coppie dello stesso sesso, cosa finora sconosciuta nella storia culturale dei popoli e nel diritto, anche se non sono presentate come matrimonio. E certamente ancora più distruttivo è presentare questa finzione giuridica come matrimonio e pretendere l’adozione dei bambini».
Secondo il cardinale Lopez Trujillo «è in gioco il futuro dell’uomo e della società», un futuro minacciato dalla «cosiddetta libera scelta politica che avrebbe il primato sui principi evangelici e anche sul riferimento a una retta ragione». Una minaccia che è divenuta «un problema scottante in non poche nazioni o parlamenti» dove «progetti di legge e scelte fatte o da fare mettono in grave pericolo la "stupenda notizia", cioè il vangelo della famiglia e della vita che formano un’unità inscindibile». Insomma, ha concluso, «il tessuto sociale è ferito in modo letale, in particolare dai diversi attentati contro la vita, a iniziare dal delitto abominevole dell’aborto».
Alle parole del cardinale protestano gli omosessuali cattolici riuniti in «Nuova Proposta»: «Siamo umiliati e scandalizzati, ma proviamo anche sconcerto e sofferenza» per l’intervento al sinodo.
Bruno Bartoloni
INES TABUSSO